Teatro, Va in scena a — 05/11/2014 at 22:55

Sanguinare inchiostro. Prima nazionale al Teatro Sociale di Trento, regia di Carmelo Rifici

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TRENTO – La Stagione di Prosa 2014/2015 si apre nel segno della collaborazione fra Centro Servizi Culturali S. Chiara e Teatro Stabile di Bolzano con “Sanguinare inchiostro- Cronache della Grande Guerra” di Andrea Castelli e la regia di Carmelo Rifici. Giovedì 6 novembre al Teatro Sociale di Trento va in scena, per la regia di Carmelo Rifici, la Compagnia del Teatro Stabile di Bolzano con, fra gli interpreti, lo stesso Andrea Castelli,Tindaro Granata, Christian La Rosa, Lucia Marinsalta, Emiliano Masala, Enrico Pittaluga e Francesca Porrini. Scene di Guido Buganza, costumi di Margherita Baldoni; musiche di Daniele D’Angelo, luci di Lorenzo Carlucci.
Repliche venerdì 7 (ore 20,30), sabato 8 (ore 21,00) e domenica 9 novembre (ore 16,00).

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Da anni Andrea Castelli desiderava riflettere con il linguaggio del teatro su questo tema: «Il testo di “Sanguinare inchiostro” – spiega – ha avuto una lunga gestazione, sviluppatasi in tempi non sospetti, cioè quando ancora non pensavo al centenario della Grande Guerra. Sono sempre stato appassionato del drammatico periodo storico che ha toccato da vicino la nostra terra per due motivi: per rimorso e per vendetta. Rimorso perché da ragazzino quando i nonni raccontavano della guerra, se potevo, tagliavo la corda (ora, se ci fossero, sarei io a fare tante domande e loro a scappare); e per vendetta perché la scuola ai miei tempi ci portava alla maturità col programma che terminava rigorosamente ai “prodromi della prima guerra mondiale”. Così nel tempo ho cominciato una serie di letture dedicate all’argomento le quali via via mi hanno sempre più appassionato. Il primo autore a venirmi incontro, ed al quale sono molto affezionato, fu Paolo Monelli, in seguito giornalista ma, all’epoca, tenente degli alpini del Battaglione Val Cismon in Valsugana.

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Con il suo “Le scarpe al sole” mi ha dato più di un motivo di ispirazione per una storia della Grande Guerra un po’ fuori dal coro. Intanto ero sempre alla caccia di diari, testimonianze, lettere, ricostruzioni storiche dell’una e dell’altra parte che mi dicessero della grande follia che spazzò l’Europa e il mondo. Più che l’eroismo mi ha sempre attirato la rassegnazione, il fatalismo, la paura e la forza di quei ragazzi. Quindi, solo per citarne alcuni, incontrai Musil, Weber, Remarque, e tantissimi altri, anche sconosciuti. Questa materia, letta, meditata e digerita mi ha fatto cominciare a scrivere per immaginare una rappresentazione teatrale. Per la parte riguardante i trentini arruolati dalla Austria Ungheria si sono rivelati fondamentali le letture di alcuni diari di soldati trentini e, in modo particolare, il libro di quinto Antonelli “I dimenticati della grande guerra” dove i documenti e le lettere originali sfatano molti luoghi comuni duri a morire e solitamente frutto di una generale ignoranza storica, gettando nuova luce sulla realtà del dramma trentino.»

Centrale nell’azione scenica è la Guida, personaggio femminile che rappresenta la Scrittura «la madre protettrice di chi scrive in condizioni disperate. Una sorta di Erinni dallo sguardo sognante e folle». A lei è affidato il compito di collegare e coordinare i vari momenti. A firmare la regia del nuovo spettacolo è Carmelo Rifici, da sempre molto interessato a portare sulle tavole del palcoscenico le riflessioni sulla Storia, grande o piccola che sia, e le tematiche del rapporto fra generazioni. «Questo spettacolo – scrive Rifici nelle note di regia – non vuole essere un’esaustiva e completa analisi della prima guerra mondiale, sulla quale molto è stato scritto e dai migliori storici, quanto un emotivo viaggio all’interno della coscienza di quei soldati che al fronte utilizzavano la scrittura come unica arma contro l’impazzimento, contro la solitudine. La scrittura come arma per sconfiggere la paura. Lo spettacolo segue la scrittura di Castelli, nel suo susseguirsi di lettere dal fronte, generi teatrali, spunti di riflessione sulle identità frantumate dei giovani e dei trentini che non sapevano per quale motivo e per chi stavano combattendo. E’ uno spettacolo sull’allucinazione, sul paradosso di chi combatte senza conoscere il nemico.

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E’ uno spettacolo sui giovani, che hanno perso fiducia nella generazione dei grandi, dei padri e dei superiori, e che si trovano da soli a prendere decisioni, a trovare un’identità e a una via d’uscita alla mancanza di speranza che ogni crisi porta. Il tema che pervade tutto il testo e che la regia cerca di comunicare al pubblico di oggi è proprio questo: giovani che si lasciano andare alla follia della guerra e che si perdono dentro essa e altri che si salvano attraverso l’uso terapeutico della scrittura, capace di lasciare testimonianza di sé e di creare identità e relazione. In mezzo a loro un universo di personaggi grotteschi: i grandi, i gerarchi, i detentori della filosofia della guerra, portati in scena attraverso la sottile ironia degli attori in tutta la loro inutile protervia

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