Teatro, Teatrorecensione — 05/05/2013 at 12:55

“Insanamente” il Riccardo III di Roberta Torre

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Scatoloni con la scritta “fragile” campeggiano sulla scena di “Insanamente Riccardo III” performance teatrale della regista Roberta Torre, allestita ai Cantieri Culturali della Zisa a Palermo. Mario Bajardi esegue dal vivo le musiche con il suo violino, usato seguendo i suoni elettronici di un’eredità introiettata da sonorità alla John Cage. Il musicista intrattiene il pubblico mentre il tempo e il ritmo sulla scena, nascono da un dialogo tra attori e suoni e rumori , carte da gioco che vengono mescolate con attenzione e noia, metaforico gioco del potere, sembrano suggerire sia meglio far questo piuttosto che lasciarsi ricoprire dagli stracci, che sovrastano ogni cosa. Le corde del violino graffiate con stridore trascinano l’entrata di un estraneo alla corte, una figura androgina che nervosamente cerca qualcosa nella sua borsetta distrattamente ma con fare isterico, ritmato dalla musica in dialogo contrappuntistico.

Antonio Gregorio Maria NuccioFester è un artista figurativo che di recente ha presentato la sua mostra “Sancte da culto a cult”, che ritrae i volti di cento sante e che di recente è stata ospitata nello spazio dei Cantieri della Zisa. Nel Riccardo III diretto da Roberta Torre, Nuccio rappresenta un elemento disturbante, che s’introduce nella corte di abitanti celati da spesse stoffe che sembra dormano, gesticolando e lamentandosi coperti da un impianto scenico d’eccezione, per uno studio laboratoriale che include tra gli attori anche pazienti psichiatrici. Marcello Alessandra, psichiatra e scrittore è il presidente di Stupenda Mente, associazione che ha sostenuto la produzione dello spettacolo e dichiara con entusiasmo come questo tentativo artistico contenga in sé “un trattato di psichiatria attraverso un crescendo che ha la volontà di sdoganare la psichiatria dai luoghi comuni. Questa è terapia, i pazienti si sentono curati, possono uscire dagli spazi di un ex vecchio manicomio e non essere più ghettizzati, occupano uno spazio nel punto in cui la sedia li fissa sul pavimento del palcoscenico.”

Alla domanda su quale sia il bilancio di questa sperimentazione lo psichiatra risponde: “Questo è il punto di partenza per un contesto di normalità, avere finalmente un lavoro attraverso l’occupazione nel gioco della recitazione”. La donna interpretata da Nuccio siede furtivamente sul trono di Riccardo e indossa un rossetto, topos della regista, dopo avere frugato istericamente nella sua borsetta, trascinandosi al suono di un’ambulanza perfino, che Bajardi riproduce con le sue corde graffianti. Si assiste alla deformità, di cui è intriso il testo di Shakespeare, attraverso un approccio linguistico, perfino nell’incipit della primissima battuta di questo inedito personaggio. Arti scomposti come di cadaveri smembrati e sepolti da macerie di vestiti sono quelli che appaiono dalla folla di corpi adagiati sulla scena, ritratti con costumi fatti di passamaneria e materiale di riciclo. Qualcuno porta su un camice disfatto la propria foto o quella di un altro in questa tragedia sull’identità negata che riguarda tutti, normali e presunti matti.

Foto di Desideria Burgio

 

Il trono viene depauperato del suo valore e lo si usa per puntare il dito sul diverso, su chi fa paura e pertanto si teme; ma successivamente quelle stesse mani che sono state puntate, quasi fossero un’arma servono per cercare, per ascoltare o soltanto per mimare delle ali spezzate di uccellini che arrancano al suolo e riportano il pensiero ad una possibile auto-citazione della regista all’allestimento della sua commedia di Aristofane, debuttata lo scorso anno alla stagione dell’INDA. Le mani sono anche un richiamo al pubblico, sanciscono il tocco che apre alla possibilità di uscire fuori dallo spazio che separa e allontana, ma irrimediabile diviene infine la chiusura in una marea umana contaminata dalla normalità.

Imploranti preghiere si elevano attraverso un’eco di mani che creano una verticalità oltre alla modalità orizzontale della consuetudine della scena. Il momento più intenso e commovente è quello in cui braccia di tessuto vengono srotolate in danze liriche, che vedono come protagonista un’interprete molto raffinata e sensuale al centro della scena, dalle fattezze della Saraghina felliniana.

La torre di Londra di Shakespeare  diventa a Palermo una torre di stracci trascinata da un nume mitologico che ha per volto quello dell’attore Rocco Castrocielo in occasione di un Riccardo III che parla in palermitano e invoca la delinquenza. Aumenta lo stridore del violino allo s-velamento dei volti e un carrello della spesa diviene comodo dispositivo trasportabile e contenitore ovvero armadio in cui contenere gli abiti a brandelli. Ma ricorda anche il carretto di morte trascinato dai Giganti di Pirandello, in uno spasmodico processo di riconoscimento identitario che non si riesce a compiere. E’ questo il tema fondamentale dell’ultima opera di Roberta Torre supportato da vari stereotipi come quello della “pillola della felicità” ovvero della droga che i potenti somministrano per mantenere uno stato di presunta stabilità.

Vi è anche uno specchio in scena che viene mosso da Nuccio e mostrato al pubblico perché si ritragga, ed esemplificativo diviene infine il momento in cui tutti indossano degli occhiali con lenti che riproducono mandala che ricordano candy cane, anche il duca di Clarence, denominato in questo caso “Clarenza”. L’interprete di Riccardo III si stacca dal gruppo e scruta da vicino il pubblico, deriso dai cortigiani poco tempo prima, con reazioni tra loro molto diverse, dalla paura alla curiosità al divertimento, perché non è chiaro chi siano gli attori professionisti e chi tra loro ci sia che invece abbia una mente da curare con dei farmaci. “Ora che vi ho visto bene uno per uno da vicino, posso dire che qui nessuno è normale” celebra Riccardo III, lasciandosi alle spalle una lingua di tessuto sospesa e ambiguamente adagiata sul palcoscenico che riproduce ossessivamente a caratteri giganteschi la frase “own risk is your risk”.

INSANAMENTE RICCARDO III

Produzione Associazione Stupendamente e Marcello Alessandra

Regia di Roberta Torre

Musiche dal vivo di Mario Bjm Baiardi
Coreografia Giuseppe Muscarello
Costumi di Dora Argento
Scene di Massimiliano Carollo
Disegno Luci Gigi Spedale

Fotografie di Desideria Burgio
Trucco & Hair Stylist Franz & Stefania per Gli Aguglia e Cetty Lo Cascio
E con: Rocco Castrocielo, Maria Grazia Maltese,Bruno di Chiara,Alberto Lanzafame, Antonio Fester Nuccio,Ada Nisticò,Giulia Santoro.

Aiuto regia Gianni Cannizzo
Assistente ai costumi Luisa Mulè Cascio
Assistente alla Regia Daniela Mangiacavallo


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