“Niente, nessuna storia per quanto grande resiste alla sincerità” recita più volte “La Donna Perfetta” interpretata dalla generosa comicità di Mariella Lo Sardo, diretta dalla regia di Vincenzo Tripodo. Il regista e l’attrice si sono anche occupati della scrittura scenica di questo allestimento che racchiude “La voix humaine” di Jean Cocteau e “A telephone call” di Dorothy Parker, entrambi scritti nel 1930; e lo hanno fatto anche attraverso un processo ermeneutico di traduzione dei testi originali. “Noi abbiamo scelto di investigare le sinapsi di una bimbo, ossia quel tipo di donna che non arriva mai a completa maturazione. Per intenderci, quelle che ancora prediligono il rosa, collezionano bambole, parlano con le vocine e si fanno di botulino – rivela Tripodo – donne bambine in cerca di un padre, più che di un compagno. Questo è stato il punto di partenza per riscrivere l’opera, intrecciando le conversazioni di Cocteau con quelle della Parker in un continuo spostamento temporale quantistico, dove passato e presente coesistono nello stesso spazio in un serrato montaggio incrociato.”
L’alternanza tra luci fredde, che connotano l’assenza della voce dell’amato di cui la protagonista è ossessionata e definiscono le parti tratte da Cocteau; e luci calde quasi di un giallastro colore mortuario, che invece definiscono l’esperienza iterata della telefonata; rivelano un’attesa che non è una vera e propria attesa ma un eterno rinnovarsi del darsi in scena attraverso una coraggiosa metafora che ritrae il dialogo con il pubblico in ascolto. Il consumo del tempo è decisiva rottura della stabilità data dalla dimensione finzionale e diviene estremo e deciso consumo del tempo reale, spesso diluito dalle azioni dell’interprete che ancora una volta insiste sulla frase che più volte viene sentenziosamente affermata, perfino dal suo alter ego, ovvero dal simulacro che prende vita e diviene però anche funerea maschera pirandelliana, in scena reso da una bambola realizzata da Chiara Lucà Trombetta. Un’attenzione particolare va data alla scenografia di Cristina Ipsaro Passione, che arricchisce di significato le azioni della protagonista e diviene personaggio e luogo di scoperta e cela, con surreale disordine voluto e simmetricamente estremo, la situazione liminare dell’episodio narrato.
È la dimensione della soglia, metateatrale riflessione sul sipario, che la finestra che campeggia sul palcoscenico intende evocare ed è abitata con sospensione dai passi della protagonista che vi passeggia sul davanzale e che gioca con questo dispositivo, simbolo pericolosissimo di un veicolo di morte. Altro elemento tipicamente tripodiano è il cappello, che già in altri lavori del regista aveva connotato il mistero e la crisi identitaria di una figura maschile assente sulla scena ma presente nelle piaghe emotive delle protagoniste femminili, anche esplicitamente evocate con riferimenti a precedenti lavori. Ancora una volta pertanto Tripodo riesce a far convogliare nel suo lavoro la metafisica di un teatro che genera domande nel ritratto ironico di un disagio postmoderno, attraverso un linguaggio che attinge dalla fiction televisiva e dal cult movie. Il telefono e la chiamata in senso erotico distanzia l’elemento del sacro, qui esibito come feticcio che s’incarna in una candela accesa, simbolo fallico dal grottesco significato. Non c’è salvezza per questa donna che mostruosamente viene ritratta dalle sapienti coreografie di Antonio Gullo, mentre canticchia sulle note di Ralph Towner e ferisce una cravatta e poi però non riesce a separarsene ed uno svago sensuale che si rigenera all’infinito viene claustrofobicamente riprodotto in un inferno peggiore di quello divino.
Visto per “Paradosso sull’Autore 2013” alla Sala Laudamo di Messina
La Donna Perfetta
con Mariella Lo Sardo
regia Vincenzo Tripodo
aiuto regia Cecilia Foti
musiche di Ralph Towner
scene Cristina Ipsaro Passione
costumi Maison Studio by Letteria Pispisa
bambola Chiara Lucà Trombetta
produzione Gigi Spedale per “Querelle”.
Venerdì 1 e sabato 2 marzo – ore 21:00
Domenica 3 marzo – ore 17:30 presso EAR Messina
Roma 8, 9 e 10 marzo al Teatro Argot