RUMOR(S)CENA – CREMONA – Si presenta quasi come un’offerta rituale, un tesoro musicale rarissimo e prezioso Ercole amante, tragedia in musica in un prologo e cinque atti di Francesco Cavalli su libretto di Francesco Buti, presentata in un nuovo allestimento firmato da Andrea Bernard per il Monteverdi Festival, al Teatro Ponchielli di Cremona, affidato alla direzione musicale di Antonio Greco. E’ un’opera monumentale, composta per le nozze di Luigi XIV, che oggi, spogliata del suo apparato cortigiano e di tutte le danze aggiunte da Lully, risplende nella sua dimensione più teatrale e fragile, dove la mitologia si piega alle inquietudini umane. Una riscoperta che sorprende.
La drammaturgia dell’opera si sviluppa lungo una trama mitologica che non nasconde le sue implicazioni emotive profondamente umane: Ercole, sopraffatto dall’amore per la giovane Iole, viene lacerato da passioni che lo allontanano dalla misura dell’eroe per renderlo personaggio tragico. Intorno a lui, le divinità intervengono a complicare il quadro: Venere, Giunone, Mercurio, Nettuno, ogni figura agisce secondo leggi che sembrano presiedere al disordine più che all’armonia. Il mito non si risolve in allegoria, ma diventa specchio deformante di desideri e colpe.

Musicalmente, la serata è una rivelazione. Antonio Greco, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Monteverdi Festival – Cremona Antiqua, raggiunge una coerenza esemplare e restituisce con rara vitalità la scrittura di Cavalli nella sua esuberanza e nella sua finezza, facendo emergere i giochi di eco, i chiaroscuri armonici, la sensualità del recitativo, ma evitando ogni eccesso manierista. Greco dimostra una profonda affinità con la materia barocca, dosando tempi, silenzi e dinamiche. Il tessuto musicale diventa materia scolpita nei dettagli ma mai irrigidita. I recitativi scorrono con naturalezza teatrale, e le arie, spesso brevi, emergono come respiri emotivi, più che come brani chiusi. L’equilibrio tra voci e strumenti è calibrato con estrema attenzione: il continuo dialoga con i cantanti suggerendo umori e transizioni, mentre le sezioni d’insieme raggiungono momenti di vera intensità emotiva.
Il cast vocale è sorprendente, compatto e variegato. Renato Dolcini dà corpo a un Ercole complesso, mai monolitico, vocalmente generoso, intenso nei recitativi, incisivo nelle colorature, mai tronfio ma sempre attraversato da un’inquietudine tragica. Non c’è eroismo vuoto, ma un progressivo cedimento all’inquietudine, alla fragilità. La sua voce, salda e flessibile, attraversa i vari registri emotivi del personaggio con sicurezza. Paola Valentina Molinari, impegnata nei tre ruoli di Venere, Bellezza e Cinzia, si distingue per brillantezza timbrica e padronanza scenica: ogni incarnazione è coerente e distinta, grazie a un uso consapevole del fraseggio e della presenza. Hilary Aeschliman è una Iole dolente, lirica ma non languida, vibrante, delicata ma non fragile mentre Theodora Raftis dà corpo a una Giunone in cui furia e rassegnazione si alternano, e tratteggia un ritratto incisivo, alternando ironia e collera con una vocalità sicura e piena. Shaked Bar è una Deianira che convince per intensità drammatica e vocalità profonda, riuscendo a commuovere, e Jorge Navarro Colorado dà vita ad un Hyllo vocalmente raffinato e drammaticamente centrato.


Anche nei ruoli secondari si percepisce una direzione attenta alla coerenza interpretativa, che valorizza ogni figura come parte necessaria di un disegno più grande. Nessuna voce è marginale, e ciascun intervento, per quanto breve, concorre a nutrire la tessitura teatrale con autenticità e misura. Spicca tra gli interpreti secondari la prova brillante di Danilo Pastore nel ruolo di Licco, servo scaltro e comico che incarna la leggerezza del registro buffo senza mai scadere nella caricatura. Pastore padroneggia con disinvoltura il fraseggio e si muove con una naturalezza scenica che sa sostenere il ritmo nei passaggi più leggeri, essenziali per bilanciare la tensione tragica della trama.
Matteo Straffi è un Mercurio che si distingue per chiarezza vocale e precisione nel declamato, offrendo un dio messaggero ironico ma controllato, che accompagna gli sviluppi della vicenda. Il suo timbro luminoso si sposa bene con l’eleganza del disegno registico. Federico Domenico Eraldo Sacchi, nel doppio ruolo di Nettuno e dell’Ombra di Eutyro, mostra una vocalità autorevole e ben proiettata, particolarmente efficace nel dar corpo a figure meno centrali ma evocative, capaci di amplificare la dimensione oracolare e notturna dell’opera.
Delicata e ben calibrata la prova di Chiara Nicastro come Pasithea, che pur in una parte breve lascia il segno della sua purezza timbrica e presenza scenica; mentre Maximiliano Danta nei panni del Paggio si muove con freschezza e un bel controllo vocale, ben integrato nei meccanismi dell’azione. Il trio delle Grazie, Benedetta Zanotto, Giorgia Sorichetti e Isabella Di Pietro, convince per intesa vocale e raffinatezza nel canto d’assieme: le loro voci, ben amalgamate, conferiscono ai momenti corali un tono sospeso e incantato.
Il coro, preparato con cura, si inserisce con efficacia nelle dinamiche drammatiche, e le coreografie di Giulia Tornarolli, che non indulgono mai nell’ornamento fine a sé stesso, si integrano in un linguaggio scenico coerente, che amplifica il senso del mito come specchio delle emozioni umane. In particolare l’apporto del coro e dell’ensemble strumentale Monteverdi Festival – Cremona Antiqua è stato fondamentale: la coesione tra voci e strumenti, la flessibilità del suono, la capacità di restituire la varietà retorica della partitura barocca fanno di questa produzione qualcosa di più di un’occasione di riscoperta.

Ercole amante si conferma non solo come un documento storico-musicale di straordinaria rilevanza, ma come un’opera che scioglie la distanza temporale nella tensione emotiva, il mito nel linguaggio comune. È un viaggio nella contraddizione umana, nella necessità di amare anche quando l’amore si confonde con la colpa. In questa restituzione cremonese Ercole amante è, prima di tutto, un’opera sul desiderio che divora e sull’impossibilità di conciliare il potere con l’amore. Ma è anche un grande affresco teatrale che, grazie alla sinergia tra musica, regia e interpretazione, torna a parlarci con una voce viva, attuale, capace di commuovere.
La regia di Bernard opera con intelligenza scenica e misura estetica. Il suo Ercole è sì l’eroe, il semidio, ma soprattutto l’uomo: smarrito, consumato dal desiderio, attraversato da un’umanissima tensione tra gloria e rovina. L’idea registica lavora sui contrasti e coglie appieno questa natura ambigua. L’azione si sviluppa in spazi in cui personaggi si muovono come pedine di un conflitto che raramente trova risoluzione. Il suo Ercole amante è un’opera visualmente composta, la scena si basa su geometrie pulite, mentre i costumi di Elena Beccaro, pensati per accentuare la differenza tra le sfere mortali e divine, giocano la stratificazione mitica tra contemporaneità e classicismo.
Un Cavalli pulsante, che non resta prigioniero del tempo, non è né ancella della pompa, né reliquia da museo, ma un’occasione preziosa per riscoprire la meraviglia del teatro barocco.
Visto il 27/06/2025, Monteverdi Festival, Teatro A. Ponchielli, Cremona