Teatro, Teatro recensione — 01/03/2017 at 23:18

Quei corpi “nudi” senza esserlo, capaci di svelare le loro fragilità. “Bestie di scena” di Emma Dante

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@Masiar Pasquali

 

MILANO – Invece degli eleganti faretti high tech come negli spettacoli torrenziali e iterativi di Ian Fabre, dalla graticcia piovono volgari spazzoloni; invece di corpi perfetti si prodigano e vengono colpite da oggetti quotidiani varie forme di anatomia, senza risparmio di energia ma anche senza crudeltà raffinata. Dura un quarto d’ora, mentre ancora gli spettatori prendono posto, il massacrante training davanti al pubblico dei quattordici attori sul palco del Piccolo Teatro Strehler di Milano  per “Bestie di scena” di Emma Dante, prodotto dal Piccolo , titolo che la regista palermitana ha spiegato come traduzione letterale del francese per “animali da palcoscenico” e che di fatto allude a un’animalità originaria, aurorale, muta. Il primo a denudarsi, almeno dell’indumento superiore è Carmine Maringola, seguito poco alla volta,  abbigliamento per abbigliamento fino al più intimo, dagli altri. Finché tutti rimangono completamente nudi, coprendosi le pudenda, direbbero gli antichi, cioè il sesso e, le donne, anche il seno. Un gesto che trasmette non pudore ma fragilità, fiducia mista a paura. Paura di che? Dalle quinte, attraversando un immenso spazio vuoto e nero, arrivano le minacce: stupidi fuochi d’artificio a raffica, acqua saponata, pioggia di materiali commestibili che i 14 si affrettano a ingoiare e poi sputano… brilla un duetto di danza che qualcuno del pubblico accoglie ridendo perché i danzatori riverberano la musica nella loro nudità assoluta, indifesa, tenerissima. Nel silenzio, nella corsa dei passi si staglia fuori campo la registrazione di “Only You” dei Platters, anni ’50, una musica fuori dal tempo che sembra consolare quel gruppo di performers in balìa di un potere estraneo che li incita a danzare, correre, a raggrupparsi, ad “accorparsi” come per proteggersi da una potenza nemica, ostile. La disponibilità di quei corpi rimanda per un momento al disorientamento, alla povertà dei guitti dei “Giganti della montagna” di Pirandello, ma la forza della nudità totale scommette sulla capacità di resistere, di smembrarsi per poi ricomporsi in un gruppo, forte della generosità e della compassione che porta a coprirsi vicendevolmente il sesso mentre un’azione semplice, prosaica come ripulire il pavimento insozzato, passa da uno all’altro. “Era bello, anche se erano nudi”, commenta Davide, un bimbo che forse ha appena iniziato le elementari e si trova, magari per parentela con qualcuno degli attori, tra il pubblico. Basta poco più di un’ora a Emma Dante per mostrare la fragilità, lo scandalo e la forza di abitare su un palco, per sfidare o per cercare la complicità di altri esseri umani che non saranno mai nudi, che forse non partiranno mai dalla loro nudità per capire veramente chi sono e portarsi a casa quella creativa fragilità.

 

 

©MasiarPasquali

Visto al Piccolo Teatro di Milano il 27 febbraio 2017

 

“Il percorso di un individuo alla ricerca di sé passa attraverso la perdita di tutto, della parola, del costume dietro al quale nascondersi, fino a raggiungere uno stadio in cui sia il corpo a pensare.”

 

Bestie da scena

regia Emma Dante
con Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Viola Carinci, Italia Carroccio, Davide Celona, Sabino Civilleri, Alessandra Fazzino, Roberto Galbo, Carmine Maringola, Ivano Picciallo, Leonarda Saffi, Daniele Savarino, Stephanie Taillandier, Emilia Verginelli
Daniela Macaluso, Gabriele Gugliara
elementi scenici e costumi Emma Dante
luci Cristian Zucaro

assistente di produzione Daniela Gusmano
coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Biondo di Palermo, Festival d’Avignon
coordinamento e distribuzione Aldo Miguel Grompone, Roma
In scena fino al 19 marzo 2017

Piccolo Teatro Strehler

Nello spettacolo sono presenti scene di nudo integrale: se ne consiglia la visione a un pubblico maggiore di 16 anni

 

Programma di sala BESTIE_DI_SCENA/BESTIE_DI_SCENA

 

©MasiarPasquali

 

Emma Dante nelle sue note di regia spiega che “Bestie di scena ha assunto il suo vero significato nel momento in cui ho rinunciato al tema che avrei voluto trattare. Volevo raccontare il lavoro dell’attore, la sua fatica, la sua necessità, il suo abbandono totale fino alla perdita della vergogna e alla fine mi sono ritrovata di fronte a una piccola comunità di esseri primitivi, spaesati, fragili, un gruppo di “imbecilli” che, come gesto estremo, consegnano agli spettatori i loro vestiti sudati, rinunciando a tutto. Da questa rinuncia è cominciato tutto, si è creata una strana atmosfera che non ci ha più lasciati e lo spettacolo si è generato da solo.
In
Bestie di scena c’è una comunità in fuga. Come Adamo ed Eva cacciati dal paradiso, le bestie finiscono su un palcoscenico pieno d’insidie e di tentazioni, il luogo del peccato, il mondo terreno. Lì c’è tutto ciò che serve: la casa, la stanza dei giochi, l’odio, l’amore, il sentiero, il rifugio dove trovar riparo, la paura, il mare, il naufragio, la trincea, la tomba dove piangere i morti, i resti di una catastrofe…

©MasiarPasquali

 

Le bestie di scena non fanno altro che immaginare. S’illudono di vivere, tenendo tra le mani oggetti in prestito, nutrendosi di poltiglie, farfugliando brandelli di storie. Come i bambini credono nei giochi e, alienati da tutto, se ne lasciano incantare fino agli eccessi della demenza. Ballano, cantano, urlano, litigano nei dialetti del sud, seducono, impazziscono, amano, ridono, combattono… In Bestie di scena c’è un meccanismo segreto che svela il processo con cui nasce e si forma un individuo. Al centro c’è lui con i suoi movimenti scoordinati e selvaggi, lui che traccia percorsi più importanti della meta, che cerca strade non ancora battute. È lui il cuore pulsante dell’esercizio, il pilastro della giostra, colui al quale rivolgere tutta l’attenzione per una possibile interpretazione di ciò che siamo. Senza storie da raccontare, né costumi da indossare, le bestie di scena si muovono maldestramente come al principio di tutto, obbligandoci a dare peso, volume e ingombro al nostro sguardo. Siamo noi a scegliere sin dall’inizio se accoglierli o rifiutarli. Gli “imbecilli” che ci stanno di fronte non fanno altro che partecipare istintivamente a movimenti scanditi dal ritmo in cui i muscoli e i riflessi sono sollecitati e tesi a raggiungere uno stadio in cui è il corpo a pensare.

Emma Dante ©MasiarPasquali

 


Sul palco vuoto, dentro una scatola nera delimitata da un fondale e sei quinte, il corpo di queste anime avvinghiate in una ronda silenziosa diventa il custode di un segreto. L’uscita è vietata, dalla quinta arrivano segnali di fuoco e da questo recinto le bestie non potranno più uscire. Dopo aver affrontato svariate prove, dalla quinta arriverà l’ennesimo comandamento, l’ultimo, il più terribile. Solo allora gli “imbecilli” disubbidiranno. Sceglieranno di restare nudi in schiera davanti a noi. La loro scoperta sarà di essere sempre stati nudi e di non essere stati altro che quello. Non avrà più senso raccogliere, coprirsi, compiere altre azioni ma semplicemente stare, e guardare.”

@Masiar Pasquali

 

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