Teatro, Teatrorecensione — 02/03/2014 at 11:38

Il Woyzeck di Tamàs Ascher: uno spettacolo sincero e potente

di
Share

Woyzeck_IMG_6578v

L’operazione di rifare il classico di un classico – come in pittura Monet che rifà Giorgione, a sua volta rivisitato ad esempio da un Wilfred Lam – è vertigine post-post-modern. O è un d’apres semplicemente geniale, se riesce. Il regista Tamàs Ascher ha giocato a suo modo lo strepitoso luna park ideato da Robert Wilson e Tom Waits per quel Woyzeck di Buchner che è forse l’ultima “storia” inventata dal teatro occidentale. E anche a Torino ha stravinto. Non è una nuova regia la sua, ma un’iniezione di ‘dirt and energy’ degli eccezionali attori del Katona di Budapest dentro le note già sporche e i movimenti già violenti del super musical americano (che venne presentato per la prima volta nel 2000 a Copenaghen), lyrics di Kathleen Brennan, testo dello spettacolo Ann-Christin Rommen. 

L’assalto in scena da ladri (alla Koltès) dei cinque uomini e delle due donne marca subito la differenza con la matrice; la distanza che Ferenc Elek prende dalla citazione quasi perfetta della voce dark di Waits, ricorda e fa dimenticare l’originale, così come le canzoni in inglese rinfrescano appena l’aria incandescente dell’est europeo. E’ la febbre di Buchner a dare la temperatura al Franz bello e spiritato di Tamàs Keresztes, più che tragico, in perenne emergenza, con l’odore della morte appiccicato come sudore, il viaggio continuo tra le miserie del corpo e gli slanci nel vuoto della mente. Lungo una muraglia di ferro e lamiere la brutalità (non la violenza) medievale in canottiera alla Brando si alterna alla vezzosità della scienza in camice.

E tutto fluisce, una scena dentro l’altra, i personaggi spostano veloci l’attenzione su di sé, sul proprio “numero” come l’esilarante Tambur maggiore di Ervin Nagy, mentre Woyzeck pallido corre dall’uno all’altro, dall’amico che lo calma alla bella donna che lo tradisce (Orazio e Ofelia caricati di secoli di periferie), ai superiori, Capitani e Doktora (com’è dolce, nostalgica la lingua ungherese), che lo sfruttano. Wilsoniano, quello sì, ma “povero” come nelle comiche, il dialogo con la musica suonata dal vivo, sotto le luci di piccole e grandi lampade da capannone industriale. Uno spettacolo sincero e potente.

Woyzeck di Buchner

musiche Tom Waits, lyrics Kathleen Brennan, progetto registico originale Robert Wilson

Nella versione di Tamàs Ascher col Katona di Budapest ospite dello Stabile di Torino, alle Fonderie Limone il 27 e 28/2/2014

 

Share

Comments are closed.