Recensioni — 30/04/2022 at 12:14

Sono due Farfalle condannate a vivere

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RUMOR(S)CENA – REGGIO EMILIA – Bello lo spazio del Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia, dove ho raggiunto “Farfalle” di Emanuele Aldrovandi, colpevolmente inseguito e trascurato nel suo percorso sui palcoscenici italiani. Ed ho fatto bene, uscendone turbato per la gran quantità di tessere distribuite allo spettatore come pezzi di un puzzle da ricomporre seguendo l’umore dell’autore che si è fatto regista, e forse in questo lavoro non facile, che necessita una presa di distanza da se stesso e dai motivi fondanti di una drammaturgia molto premiata, e complessa in registri che s’intersecano per non sciogliere mai del tutto i percorsi e gli enigmi che legano insieme sentimenti d’amore e rancori profondi, giochi bugiardi e verità necessarie. Perché questo “Farfalle” ha tempo lungo di gestazione, scritto com’è nel 2015, premiato da Hystrio che è riconoscimento attento a scandagliare sommovimenti per possibili scoperte a venire, e poi messo in scena quest’anno, affidato com’è al talento di Bruna Rossi e Giorgia Senesi.

In partita complessa nell’andare a ritroso nel tempo, nel vagare tra sentimenti e rancori, nel costruire un amore profondo ed una sfida impossibile che duri una vita e vada oltre il proprio tempo, tracciando qualcosa da passare a chi non muore, eredità faticosa che da una madre trafigge i suoi figli e trascina l’amore lontano. Ché la famiglia delle due sorelle, la Bruna e la Bionda, è peso indicibile con cui si nasconde tempo diverso di ognuna e l’angoscia di vivere di entrambe. Sorelle ben salde nel loro rapporto e diverse in pensieri, umori e comportamenti, legate nel gioco che dura per tutta la vita, a scambiarsi l’oggetto amato di una contesa che nessuna può interrompere pena una sconfitta che sarà cataclisma.

Ecco che gli spazi dell’architettura di Emanuele Aldrovandi si moltiplicano nella sua messa in scena, ecco il gioco che diventa necessaria condanna in un “per sempre” impossibile, ecco l’amore che forse è dolore per chi non vuol riconoscere verità necessarie, ecco l’ostinata volontà d’ignorare una morte che è ferita profonda che ha segnato l’infanzia, ecco le scelte d’egoismo crudelissimo di un padre orrendissimo e decisioni impossibili ad essere condivise eppure accettate, ecco la solitudine che avanza e la maternità che vi si oppone. E via di questo passo per minuti sussulti giocosi che fanno male al cuore. Indietro ed avanti a balzi, accettando salti logici e necessità di comportamenti. Nel cerchio rosso che le costringe, vestali vestite di rosso in uno spazio che sembra la condanna a un inferno che conviene accettare con il sorriso sulle labbra e forse le lagrime nel cuore, le due sorelle si scambiano affetto e promesse, tradimenti e sfide. Vita e morte, e si resta impietriti alla fine per malinconia dolorosa che non consola, per la condanna a vivere oltre la vita a cui Aldrovandi incatena queste due donne.

Fantasmi a se stesse sorridono liete anche quando dovrebbero gemere. E che il pubblico applauda convinto è premio certo per il suo lavoro, ma si moltiplica poi, a ben riflettere, per il gioco di Bruna Rossi e Giorgia Senesi velocissime nei mutamenti e nei balzi d’umore, nella tenerezza e nella fantasia sconfortata da dare alle storie e alle vite. E le applaude ringraziandole per il loro lavoro. Premiandole così in unico lungo applauso.

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