Costume e Società — 27/10/2016 at 21:43

“Sister Hope”: Suor Rosemary Nyirumbe a Bolzano per “Sewing Hope. Cucire la speranza”

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BOLZANO – Speranza la parola che Suor Rosemary pronuncia più spesso, insieme a perdono, amore, cura, accoglienza e comprensione; parole che non vengono solo pronunciate, ma che concretizzano una missione di vita e sono esempio di umanità quotidiana e di Vangelo sperimentato, trasfigurato da un sorriso esplosivo e trascinante. A portare la religiosa della congregazione del “Sacro Cuore di Gesù” in visita a Bolzano il 25 ottobre 2016 scorso, il Centro della Pace, non solo e non tanto per presentare la novità editoriale del libro “Cucire la speranza” di Nancy Henderson e Reggie Whitten, uscito a settembre 2016 nell’edizione italiana per i tipi di Emi con la prefazione di Toni Capuozzo, quanto per far conoscere il progetto “Sewing Hope”. “Cucire la speranza” è il motto di questa donna coraggiosa che non si sente coraggiosa, una donna che nel 2014 è stata una delle “100 Most influential People in the World”, che nel 2007 è stata designata dalla CNN “eroe dell’anno”, e alla quale, da pochi giorni, è stato conferito in Polonia il prestigioso riconoscimento “Veritatis Splendor”.

 

Sister Rosemary Nyirumbe “Sewing hope” ( © www.offices.depaul.edu)
Sister Rosemary Nyirumbe “Sewing hope” ( © www.offices.depaul.edu)

Nata in Uganda, paese segnato dalla dittatura crudele e cannibale di Idi Amin Dada e dalle politiche intrise di teorie sincretistiche pseudocristiane di Alice Auma Lakwena e di Joseph Kony, propugnatori di una teocrazia venata di spiritismo medianico e di crudeltà che hanno portato al genocidio di interi villaggi, Rosemary sceglie di restare, e, restando, di prendersi cura di un’atrocità tra le atrocità: le bambine e ragazze che la LRA “Lord’s Resistence Army”, l’Esercito della Resistenza del Signore, rapiva e riduceva in schiavitù con una doppia terribile funzione, militare e sessuale. Addestrate come soldatesse, costrette a uccidere perfino i propri familiari, violentate e spesso uccise, queste ragazze erano destinate alla schiavitù sessuale delle gerarchie militari, e, se sopravvivevano, spesso a partorire i frutti non amati di gravidanze non volute, per finire poi, traumatizzate e senza alcuna speranza, emarginate dalla società e allontanate da tutti.

Didascalia: Gulu, St. Monica Tailor School (© www.eadu.news)
Didascalia: Gulu, St. Monica Tailor School (© www.eadu.news)

Rosemary, che giovanissima aveva avvicinato la congregazione dei padri comboniani originari di Trento, sente “la chiamata”, studia, assiste in sala operatoria il chirurgo italiano Ambrosoli, del quale diventa il braccio destro, ricuce ferite, fa la baby sitter negli orfanatrofi della missione, cresce e apre gli occhi e il cuore agli ultimi degli ultimi: bambini innocenti non voluti con le loro giovani madri brutalizzate ed annientate nella loro umanità. Una vocazione che la porta a dirigere, tra molte difficoltà e perplessità iniziali anche all’interno della sua congregazione, la scuola “Santa Monica” dove queste ragazze, con i loro bambini senza padri, possono trovare la serenità necessaria per ricostruirsi, per ricominciare a vivere senza pensare sempre al passato. Qui a Gulu, dove l’aveva portata il voto di obbedienza ai suoi superiori, ago, uncinetto e macchina da cucire diventano riabilitazione, cambiamento, indipendenza, riscatto sociale, sicurezza, rispetto di sé e dignità. Qui nasce un brand che oltre ad essere aiuto concreto diventa moda, con borsellini e borse e altri oggetti di design realizzati dalle ragazze di “Sewing Hope” utilizzando le linguette in alluminio delle lattine delle bibite. Qui un materiale di scarto e di nessun valore diviene bello, utile e prezioso, proprio come le vite di queste ragazze che riescono a superare i sensi di colpa e la mostruosità del loro vissuto per ritrovare il senso del vivere.

Una delle creazioni di "Sewing Hope” (© www.3bp.blogspot.com)
Una delle creazioni di “Sewing Hope” (© www.3bp.blogspot.com)

 

Sister Rosemary rivela con semplicità che l’idea originaria non è sua, ma di una donna filippina che le aveva fatto dono di una borsa simile, prototipo della sua linea creativa; racconta di averla smontata e rimontata diversamente, e di come queste linguette riciclate dall’immondizia siano metafora pregnante del grande lavoro fatto con “Love and Care”, amore e cura, per decostruire l’orrore e ricostruire positività nelle anime delle oltre 2.500 ragazze che dal 2012 sono state coinvolte nel suo progetto.

 

Con Reggie Whitten alla cerimonia del TIME (© www.aceshowbiz.com)
Con Reggie Whitten alla cerimonia del TIME (© www.aceshowbiz.com)

Al di là delle appartenenze religiose e del credo di ciascuno, a cinquecento anni anniversario dall’Utopia di Tommaso Moro, l’esempio di questa Sorella genera speranza, Hope. Eppure Sister Rosemary sente sinceramente di non aver fatto nulla di speciale, si presenta timorosa, giovane che amava dormire e faceva fatica a svegliarsi presto secondo le regole del convento, mentre ora si alza prestissimo e va a letto tardissimo, diventata senza protagonismi voce di chi non ha voce, capace di fare suo, abbracciandolo, il dolore e l’orrore della “Banalità del Male”, di custodire le testimonianze di giovani costrette a leccare il sangue delle loro amiche giustiziate, vittime di orribili violenze fisiche e psicologiche, obbligate all’omicidio. La guerra in Uganda ha portato 30.000 morti, 100.000 minori schiavizzati, 2.000.000 di profughi, ma i germi della crudeltà e della guerra non sono problemi lontani, e in tutte le interviste, e sono molte quelle che si trovano su “You Tube”, Suor Rosemary Nyirumbe lo sottolinea con pragmatismo.

Interrogata alla fine della conferenza sulla realtà dei migranti si esprime con parole sagge e concrete: “Non potete salvare tutta l’Africa, ma bisogna ricordare che quello che sta accadendo potrebbe capitare a tutti. La situazione è difficile, io non sono una specialista e non ho ricette né soluzioni. Ci sono però piccole cose che si possono fare, o tentare di fare. Che almeno ciascuno tenti qualcosa per ridare dignità almeno a una persona che si trova in questa situazione difficile.” Una persona per una persona, dunque, senza voltare il viso dall’altra parte e scappare, senza rinnegare. In poche parole esserci per fare piccole cose che possono diventare importanti con un impegno che non ha nulla dell’utopia.

Avere tra le mani una di queste creazioni di alluminio argentato, che non ricorda per nulla la materia primadi scarto delle umili linguette con cui è stata intessuta, sapientemente trasformate con fantasia in un pezzo unico, fa bene al cuore. Acquistare uno di questi piccoli capolavori non è beneficenza: non si possono pagare amore e speranza, ma sul sito http://www.sewinghope speranza e amore si possono condividere e sostenere. Un modo semplice e concreto per alimentare sogni, sogni che Sister Rosemary, che si dice sognatrice, vuole grandi e generosi, condivisi e non tenuti per sé, per essere restituiti a chi li ha perduti, e soprattutto perché, come qualche volta accade, possano concretizzarsi in realtà. Bisogna essere ancora capaci di danzare, oltre l’orrore, e “Sister Hope”, tanto severa nel pretendere perfezione in ogni lavoro delle sue ragazze, danza con loro e sorride, e sorridendo insegna e cura; curando anche noi, che possiamo tenere tra le mani e custodire un pezzo della dignità ritrovata di queste ragazze rinate. Un valore davvero inestimabile.

 

(© www.pinterest.com)
(© www.pinterest.com)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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