Recensioni — 26/09/2018 at 12:25

La “Ri – Generazione” del Festival Opera Prima di Rovigo

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RUMOR(S)CENA – FESTIVAL OPERA PRIMA – ROVIGO – Si ripresenta rinnovandosi dopo nove anni, il Festival Opera Prima diretto da Massimo Munaro e il Teatro del Lemming nella bella città dal sapore veneziano di Rovigo. Un festival che si era interrotto e che aveva segnato una tappa importante di vetrina di Compagnie degli anni Novanta fra cui Motus, Accademia degli Artefatti, lo stesso Lemming, gruppi che abbiamo imparato a ben conoscere e che si sono fatti valere – con esiti diversi, a livello nazionale ed anche internazionale. Rinasce con una formula nuova: da un lato tre Compagnie come Lenz Fondazione, Fortebraccio Teatro e Accademia degli Artefatti che hanno segnalato per il rinnovato Festival e quindi promosso, giovani e giovanissimi, dall’altro un Bando pubblico con cui si sono reclutate altre realtà teatrali ritenute significative.

 

Artefatti Florian Anna Paola Vellaccio La Chiave dell’Ascensore

Nei quattro giorni di presentazione dei diversi lavori, a Mezzogiorno, nel parco sotto le Due Torri, gli Artisti si incontravano col pubblico. Ciascuno raccontava la genesi della propria ideazione artistica in un dialogo-sfida : la sfida era quella di mettere al confronto generazioni diverse di teatranti (non a caso il sottotitolo del Festival è Generazioni). Lo sforzo ideale della Direzione artistica è stata ammirevole: provare a far confrontare poetiche teatrali inter-generazionali anche molto distanti nel tempo. E si sa che le generazioni antropologiche in questi ultimi due decenni sono profondamente mutate nel segno della velocità legata alla mutazione del campo dei mezzi di informazione-quel che negli anni Settanta si declinava (e in cui oggi siamo dentro il perfetto paradosso), del quasi slogan il mezzo è il messaggio.

In realtà tutti i lavori che abbiamo visto nelle due giornate di full immersion rovigiane in spazi diversi della città dal Teatro sociale al Teatro Studio alle Chiese, all’open space delle deliziose piazzette, erano dentro una dimensione di teatro di matrice contemporanea, senza contaminazioni di video art o comunque di potenziale schock visivo-performativo. Ma anche senza il rischio del diventare teatro per famiglie. E forse non a caso in una delle presentazioni al pubblico del mezzodì, nella linea di confronto inter-generazionale, abbiamo avuto il piacere di ricevere il libro Ivrea Cinquanta. Mezzo secolo di nuovo teatro in Italia 1967-2017 edito da Akropolis Libri.

 

No frame portrait Alessandro Cavestro Dodicianni

Ci è piaciuto Between Me And P di e con Filippo M. Ceredi. Quanto bisogno c’è oggi, per le nuove generazioni, di conoscere assai prima di capire cosa sono stati gli anni Ottanta per i ventenni o poco più di allora (Ceredi classe 1982)? Quanto resta di quella strage di adolescenti fra P38, psichedelia, eroina e la voglia matta di cambiare il mondo, per esempio e invece, con lo studio, la cultura? la cultura di Umberto Eco, la lezione francese dei Nuovi Filosofi, insomma un pò di Europa in questa Italietta delle donne borghesucce costrette dentro dinamiche famigliari alla poetica della Alda Merini? ma rinnoveremo mai, per davvero certi stereotipi culturali dove, per esempio, un poeta di Mondadori scrive per tutta a vita lo stesso libro di Morte|Assenza genitoriale- assenza del Padre, Recalcati docet? un lavoro che cita le Brigate rosse, Ludwig Wittgenstein, i girasoli, i morti, in molteplici fronti di guerra mondiali? la ricerca della morte, negli adolescenti, è un must planetario. Ceredi l’ha trattato in un singolare e assai credibile lavoro per lo spazio teatrale, essenziale, dove il suo corpo in sottrazione parla di sé ed insieme di altro da sé- suo fratello maggiore scomparso. Forse, Fra Memoria e Storia in gioco di specchi in un godibilissimo e insieme terribile scavo sulle pulsioni di morte che sempre attraversano vite individuali e destini collettivi.

 

Filippo M. Ceredi Margherita Cenni

 

Lenz FAUST Memories © Maria Federica Maestri

Fra video micro testualità foto in bianco e nero. Incasellare un lavoro di questo genere, che tanti ne abbiamo visti, sul tema, sarebbe come sparare alle zanzare in Polesine.
Un altro lavoro interessante è quello della danzatrice Rima Pipoyan. Armena, in Hey, Kitty. La Pipoyan si è concentrata su Anna Franck. Con delicatezza. Sul suo corpo e anche con ausilio di video. E anche in Armenia sappiamo quanto è accesa la questione delle persecuzioni etniche.

Hey, Kitty! Pipoyan

A seguire un lavoro Accademia degli Artefatti- Florian Metateatro, La chiave dell’ascensore. Anche qui il tema è politico e sul corpo delle donne. Il monologo è di Agota Kristof attrice Anna Paola Vellaccio diretta da Fabrizio Arcuri. Si fa una gran fatica a capire il senso dell’operazione. I testo è molto datato. Apparentemente. Come la trattazione da parte dell’attrice: una moglie frustrata che fa la fine delle attuali mogli morte per femminicidio. Però, dopo un disorientamento complessivo fra nebbie sparate e donna oltre la siepe, oltre il suo Corpo, di cui discetta, alla fine abbiamo cosi tanto in odio tutti i maschi che la circondano, che amiamo Lei.

Abu sotto il mare

Poi Pietro Piva in ABU sotto il mare. Piva ha inventato una storia minimalista di delicatezza e stupore nei panni di un bambino africano, uno della Nave Diciotti, per dire, si è inventato un viaggio fantastico. Prima devoto al Padre-chè Pinocchio si ripresenta in tutta l’affabulazione drammaturgica, poi la Fatina- Mamma Drago che ben altro è da quel che appare, insomma un lavoro che Teatro Ragazzi non è. E’ Teatro. Punto e basta. Davvero intelligenti le suggestioni di oggetti di scena a documentare-commentare di quel bambino- un Bambino solo, dentro la valigia, alle prese con Mostri marini di sotto al mare – e soprattutto sopra il mare da cui è ricomparso. Vivo. Perchè il viaggio, per i profughi, non finisce. Mai.

Momec

E poi Roberto Latini. Una lettura, severa, irriducibile, un omaggio a Mariangela  Gualtieri e alla sua poesia creaturale. Lo spazio è quello urbano un Parco con tante famigliole e bambini il sabato sera. Latini prosegue poi col suo Cantico dei Cantici, dove la trasgressione è potenza tutta in atto. Nicciana ma con il melanconismo pasoliniano dove il dj lancia sulle parole del Cantico in assoluto loup, il suo solitario canto-dedica ad un amore che non c’è. Che mai risponderà al suo accorato canto da dj.

Visto a Rovigo il 14 e 15 Settembre 2018

Festival Opera Prima Generazioni

13-16 Settembre ROVIGO- Direzione artistica Massimo Munaro

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