Chi fa teatro, Teatro — 26/08/2016 at 22:16

Le prove di “Padri e figli” dirette da Fausto Russo Alesi

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SANTACRISTINA (Gubbio) –Non buttate via le battute, prendetevi tempo”, suggerisce con calma Fausto Russo Alesi ai tredici attori, neodiplomati all’Accademia Silvio d’Amico di Roma, durante le prove di “Padri e Figli” di Turgenev come Corso di Alta Formazione al Centro Teatrale Santacristina, presso Gubbio. Nella poetica, efficiente oasi di lavoro della Scuola d’estate creata da Luca Ronconi nel 2002, ora diretta da Roberta Carlotto, non ci si è fermati dopo la scomparsa del grande regista. Il terremoto della notte del 23 agosto lì non ha distrutto, ma subirlo è stato tremendo. “Mi racconti meglio col corpo”, incalza l’attore siciliano qui regista, tracciando la “sua” differenza con il Maestro. L’incredibile penetrazione nelle parole, come se il testo fosse tutto, traccia sovrana di ogni possibile gesto, che costituiva il magistero di Ronconi, prende con Russo Alesi una nuova direzione: è la presenza fisica dell’attore che sostanzia le parole, non viceversa, ne aumenta le responsabilità, fa emergere la figura dal bassorilievo corale: “Entra ed esci”; “cambia ritmo, tono, volume”; “decidi come te ne vai”; “pòrtami al pubblico”; “il personaggio si giudica, il punto di vista c’è sempre”. Impresa affascinante quanto difficile, prendono forma teatrale alcuni capitoli del romanzo russo del 1862, in una sceneggiatura (non c’è altra parola in italiano) elaborata con Fausto Malcovati, tra i massimi esperti di letteratura russa; musiche al pianoforte dal vivo eseguite da Giovanni Vitaletti. In vista delle prove aperte del 27 e 28 agosto, si intuisce il perché della scelta di questo Turgenev che si interroga, senza risposte, sull’eredità dei padri, sul primo affiorare del nichilismo come una corrente elettrica vagante. Un secolo dopo, nodi come il rapporto tra generazioni, la voglia di distruggere tutto senza chiedersi cosa costruire, la difficile comunicazione tra uomo e donna, genereranno “il ’68”. Ma “nulla sembra essersi risolto, oggi. Il nichilismo è divenuto fondamento”, dice Russo Alesi. Vero. Non abbiamo risolto nulla, tutto si è allargato a livello globale, senza colmare la distanza tra Evgenij Bazarov il nichilista e il padre, né far cadere la cortina di ferro tra il giovane medico e la vedova Odincova. La cosa interessante in questo lavoro di Russo Alesi con i giovani attori – Giulia Bertolini, Maria Alberta Bajma Riva, Alfredo Calicchio, Luca Carbone, Gloria Carovana, Matteo Cecchi, Anna Chiara Colombo, Eletta Del Castillo, Cosimo Fascella, Stefano Guerrieri, Marina Occhionero, Luca Tanganelli, Zoe Solferino, assistente regista Lisa Capaccioli – è, oltre al rimpasto del romanzo di Turgenev (via ogni descrizione di natura), il gioco di far di ogni personaggio un narratore di se stesso, come se l’autore si moltiplicasse senza sapere già tutto come nell’epica. “L’Autore crea mentre scrive”, dice Russo Alesi con grande intelligenza, e ogni elemento si trasforma in dialogo, passa da un attore all’altro nel cerchio che fa da unica scena, le parole rivelano o nascondono un’esigenza. Gli attori italiani, si sa, da qualunque Scuola provengano, non sono educati a creare col corpo il dialogo verbale: lo fanno gli attori dell’Est Europa, l’esempio più recente sono stati i russi dell’Onegin a Spoleto Festival. Basta a volte però stimolare in loro la matrice fisica della Commedia dell’Arte magari anche dopo una notte di balli e karaoke nella vicina e splendida Villa Taticchi.

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foto di Christian Sinibaldi

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