Recensioni — 25/03/2022 at 11:43

Jouer al grande attore

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RUMOR(S)CENA – GENOVA – Che il recitare sia un gioco è scoperta suggestione che i termini inglese e francese, che lo definiscono, apertamente svelano. Anche il teatro dunque è luogo in cui questo gioco, mi si perdoni il calambour, si gioca, appunto, ma non solo e non tanto in quanto “divertimento”, pur portando in sé questa analogia estetica e metaforica, ovvero benjaminamente allegorica, piuttosto quale agire umano svincolato da ogni immediato ritorno di utilità pratica, in quanto ricerca fine a sé stessa di una verità che questa utilità umana rimanda al dopo della consapevolezza dell’esserci.

Dunque, il teatro come prassi, è ‘anche’ divertimento e gioco, ed è questa la chiave o il sentiero tentato da Lady Macbeth – Suite per Adelaide Ristori, drammaturgia curata da Andrea Porcheddu e andata in scena per la regia di Davide Livermore e l’interpretazione di Elisabetta Pozzi. La chiave cioè, o il sentiero, per arrivare ad aprire lo scrigno dell’arte scenica di Adelaide Ristori, forse la più grande attrice italiana dell’ottocento, custode del transito tra il tardo Romanticismo, di cui la musica di Giuseppe Verdi è per l’Italia nume indiscusso, e il moderno naturalismo di inizio novecento, con le sfumature e la figuratività psicologica e le sottili controscene di Eleonora Duse, la quale ultima, più che allieva, appare oggi quasi una sorta di reagente a contrasto di quel precedente modo di essere in scena, quello della Ristori come degli altri ‘risorgimentali’ Gustavo Modena e Tommaso Salvini.

Lady Macbeth crediti foto Donato Aquaro

Come sappiamo Genova, e il suo rimarchevole ma non ancora adeguatamente valorizzato “Museo Biblioteca dell’Attore”, è custode oltre che del vastissimo lascito che la famiglia Capranica del Grillo ha voluto concederle, della memoria di Adelaide Ristori e quindi della sua riscoperta. Questa drammaturgia, che ovviamente non può che essere, tra l’altro, anche un omaggio tra il documentaristico e il divulgativo, costruisce dunque intorno a quella memoria un apparato scenico che si vuole accattivante, ancora prima che dissacrante, nella trascrizione sintattica televisiva e un po’, concedetemelo, nazional-popolare, quasi a voler riportare, forzandolo, all’oggi un linguaggio che si vorrebbe percepito antico e lontano.

Al suo interno un nucleo significativo, che si espone intatto, costituito dalla famosissima, e di gran successo, innovativa interpretazione ristoriana di Lady Macbeth, nella traduzione ottocentesca della tragedia shakespeariana curata da Giulio Carcano, arricchita nella scena del sonnambulismo dalla sottolineatura verista (che ispirò anche Verdi) dell’interprete. Mi riferisco ovviamente all’aneddotico russamento citato da Eleonora Duse e al ronflement dell’allora critico di Nouvelle-Orleans L.Placide Canonge, ovvero al “respiro lungo ed affannato” descritto dalla stessa Ristori, un rantolo che accennava a un “delirio”, e qui mi rifaccio al testo di studio fondamentale di Teresa Viziano per il Museo Biblioteca dell’Attore Il palcoscenico di Adelaide Ristori, edito nell’anno 2000 dall’editore Bulzoni.

Lady Macbeth crediti foto Donato Aquaro

Attorno le cosiddette “Luci del varietà”, tra scherzi scenici, video e effetti speciali antichi e moderni, mentre virtualmente sullo schermo Alberto Mattioli, giornalista, critico e scrittore di libretti d’opera (un po’ un doppio dell’odierno drammaturgo), dà, con il suo volto, voce a testimoni e protagonisti del tempo in cui la Ristori calcava le scene, richiamando celebri spettatori da ogni dove. Inevitabile a mio avviso qualche contraddizione e qualche sfasatura e il rischio di non sfondare la piacevole superficie di un puro divertissement celebrativo, e in questo anche efficace, in cui però la Ristori continua a rimanere lontana e un po’ nascosta.

Così la intensa scena del sonnambulismo e le citate innovazioni che rimasero nella storia del personaggio, ovvero il celeberrimo monologo di Macbeth, che Elisabetta Pozzi recita in inglese e en travesti (ribaltando in questo le convinzioni della stessa Ristori), hanno rischiato di perdersi sciogliendosi nella pioggia che copiosa ha cominciato, evocata dalle streghe, a scendere per un pò sul proscenio. Comunque, per concludere, resta di interesse, pur con qualche limite citato, l’idea di articolare la celebrazione della grande attrice dell’ottocento come in una sorta di immagine a contrasto tra passato e presente, tra l’ieri della grande Ristori delle “Regine” e l’oggi della brava Elisabetta Pozzi, non tralasciando le differenze ma cercando anche di recuperare alla contemporaneità la reciprocamente coerente modernità di entrambe.

Lady Macbeth crediti foto Donato Aquaro

Produzione TEATRO NAZIONALE DI GENOVA. Liberamente tratto da Macbetto di Giulio Carcano. Drammaturgia Andrea Porcheddu in collaborazione con Sara Urban. Regia Davide Livermore. Interprete Elisabetta Pozzi. Con la partecipazione in video di Alberto Mattioli. Scene Davide Livermore e Lorenzo Russo Rainaldi. Costumi a cura di Maria Angela Cerruti. Musiche Mario Conte. Video D-Wok. Effetti speciali Edoardo Pecar. Disegno luci Aldo Mantovani. Aiuto regista Carlo Sciaccaluga.

Ineludibilmente nell’ottocentesco teatro Gustavo Modena di Genova Sampierdarena, dal 22 marzo al 3 aprile. Alla prima una sala piena ha applaudito.

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