Recensioni — 24/11/2021 at 13:24

Solaris: inquietanti connessioni con gli incubi del nostro tempo

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RUMOR(S)CENA – GENOVA – La ormai riconosciuta capacità di Andrea De Rosa di unire tecnologia a teatro senza intaccare l’anima antica di un rito plurisecolare, si afferma ancora una volta in Solaris, uno spettacolo dove il forte impatto scenografico non sovrasta né appiattisce la complessità del testo, ma gli aggiunge senso e suggestione. Alla base dell’allestimento c’è la versione teatrale – qui nella traduzione italiana di Monica Capuani – fatta da David Greig dell’omonimo romanzo di fantascienza scritto dal polacco Stanislaw Lem nel 1961. Dal libro trasse ispirazione, dieci anni dopo, Andrej Tarkovskij per la regia di un film rimasto negli annali della cinematografia.

La struttura della stazione spaziale che costituisce il fulcro della scena (ideata da Simone Mannino) dilaga nella platea del teatro fagocitando lo spettatore e proiettandolo nell’immensità di orizzonti cosmici che scorrono ammalianti sullo schermo di fondo (Video D-Wok) accompagnati dal Progetto sonoro di G.U.P. Alcaro. Da un portellone mobile, inondato dai raffinati effetti di luce di Pasquale Mari, arriva la dottoressa Kelvin e poi una presenza inattesa, che emerge dal passato.

crediti foto Federico Pitto

È il rapporto dell’uomo con l’universo e al tempo stesso con il proprio mondo interiore quello che innerva il racconto. Il viaggio esplorativo della psicoterapeuta Kelvin (nell’originale è un uomo) presso la stazione spaziale dove soggiornano da lungo tempo tre scienziati, dei quali non si hanno più notizie, si risolve in un viaggio nella memoria e nel rimpianto. Perché, al di là della difficile situazione psicologica in cui versano i due scienziati sopravvissuti (Sandra Toffolatti e Warner Waas), mentre il terzo si è suicidato (comparirà in video in un cameo di Umberto Orsini), presto la mente di Kelvin verrà sconvolta dal materializzarsi della donna amata, da tempo morta (Giulia Mazzarino). È l’oceano magmatico che ricopre il pianeta a produrre creature artificiali e invulnerabili, attingendo ai ricordi e ai sogni degli uomini: una reazione di quel pianeta sconosciuto, ma vivente, all’invasione “virale” dell’essere umano. La distopica preveggenza di un racconto fantascientifico di 60 anni fa trova, nella lettura di Andrea De Rosa, inquietanti connessioni con gli incubi del nostro tempo.

crediti foto di Federico Pitto

Produzione del Teatro Nazionale di Genova e del Teatro di Napoli

Visto il 9 novembre al teatro Gustavo Modena di Genova

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