Danza — 22/07/2022 at 11:34

Lo spazio della vita

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RUMOR(S)CENA – GENOVA NERVI – Per alcuni, ricordiamo al riguardo Susanne K. Langer, è la prima espressione della creatività artistica dell’umanità, prima e primigenea, legata come è al corpo che si espone e si qualifica nello spazio dell’esistenza e nel tempo della Storia. Ha scritto infatti la filosofa americana: <<il simbolo del mondo, la sfera delle forze nella danza è il mondo, e la danza è la partecipazione ad esso dello spirito umano>>.

La danza, infatti, ha la qualità intima e intrinseca di aprire, come un mulinello di vento in uno stagno, spazi di vitalità e anche di gioia nella limacciosa superficie delle consuetudini. Ma non sono occasionali soluzioni di continuità in una contingenza che le supera, piuttosto sono una sorta di necessaria propulsione che spinge la mente, e anche l’anima se si vuole, comunque l’essenzialità umana oltre le sabbie mobili di una modernità stanca e poco luminosa.

Al Festival del Balletto di Genova Nervi, uno dei più importanti appuntamenti internazionali da qualche anno fortunatamente ritrovato, credo che molti ne abbiano avuto percezione e conferma nella bellissima esibizione del Bejart Ballet Lausanne, in solitaria replica. È un trittico che si apre con una sorta di omaggio alla danza che recupera la grande forza di comunicazione di questa arte, talvolta ingessata nella ripetitività di una tradizione che nell’automatismo man mano perde il senso del suo stesso fare. Al contrario danzare è soprattutto porre domande e attendere risposte, è dunque l’essenza del comunicare tra umani. Può essere in questo il vocabolario più essenziale dell’amore, cui consegue, come scrive lo stesso coreografo, “la necessità interiore della danza”. Il tutto in una efficace integrazione con la musica dal vivo di genuina matrice rock.

Bolero crediti foto Marc Ducrest

La seconda e la terza tavola di questa figuratività in e del movimento corporeo, sono, entrambe seppur in modalità diverse, un omaggio al fondatore della Compagnia, il grande coreografo Maurice Béjart. Innanzitutto attraverso un breve mosaico, un estratto ovvero una suite che rivisita le principali innovazioni che il genio di Bejart ha, per così dire, generato nel suo manipolare la tradizione, mai imponendo dall’alto di una preconcetta o intellettualistica impostazione, ma al contrario lasciando che la spontaneità, che essenziale e ineludibile si accompagna sempre alla coreusi, definisse e formasse ritmi e melodie che la sua sensibilità, in quella stessa tradizione aveva seminato, come un rosa dal colore inattuale in un giardino ben coltivato.

L’alro e forse più evidente omaggio è stato ovviamente la riproposizione, che ha chiuso questa felice serata nei parchi di Nervi, del suo travestimeno, e uso questo termine non a caso poiché ogni coreografia è, come ogni traduzione che si rispetti, un travestimento, dell’universalmente conosciuto Bolero di Ravel. In questa partitura il coreografo ha visto soprattutto, io credo, il rapporto contrapposto, apparentemente conflittuale, e insieme l’inspiegabile alleanza tra melodia e ritmo, nel crescendo di un assedio che il secondo stringe intorno alla prima, che però non soccombe ma si amalgama quasi nascondendosi nel travolgente avanzare delle percussioni.

Una traduzione/interpretazione che sfronda ogni nota di colore, talora addirittura del pittoresco di alcuni, per cercare l’essenziale della musica, così da esprimerne, nella danza, la relazione e la affettività, il sentimento cioè più profondo. Un trittico fatto da un insieme di suggestioni caleidoscopiche che Gil Roman, successore di Béjart a capo della Compagnia, ricompone con coerenza e con quella fedeltà capace di innovare, come ogni genuina fedeltà al proprio maestro.

In questo viene alla mente Jerzy Grotowski e il suo Workcenter di Pontedera, quando il maestro polacco, interrogato sulla continuità e la tradizione (nel senso di trasferimento) del suo insegnamento, rispose che per lui era importante lasciare non un patrimonio di idee ma un modo della creazione che a partire dal suo lascito sapesse innovare in continuazione. Del resto nelle coreografie di Béjart, e anche in quelle di Roman, si legge con chiarezza la forza di una tradizione classica, ormai decantata a sorta di vocabolario coreutico fatto di grammatica e di sintassi consolidate, e insieme l’evidenza dell’innovazione che sa adattare e ricostruire, recuperare e inventare, andare oltre dunque. Edoardo Sanguineti parlò spesso di avanguardia che inevitabilmente si trasforma in museo. Ecco, parafrasandolo, intuiamo che nella grande danza di Béjart, e anche di altri, c’è la forza di entrare e poi uscire, di rientrare e poi di nuovo di uscire da questo museo per percorrere, anzi per creare, strade che possano condurre al futuro.

Un discorso complesso e articolato che precipita in coreografie di grande impatto visivo, basti pensare alla danzatrice di Bolero circondata da sedie rosse e assediata da danzatori, che prima a due a due, poi a quattro a quattro e via crescendo, la circondano esaltandone la raffinatezza dei passi e la estrema coerenza della postura e della mimica. Addirittura inutile sottolineare la bravura di tutti e di ogni singolo danzatore di questa Compagnia, e la loro capacità di trasfigurare una tecnica raffinata in trascinante richiamo al sentimento e alla relazione condivisa. Come per la stagione appena conclusa al Teatro Carlo Felice, anche per il rinnovato festival di Nervi il sovraintendente Claudio Orazi ha saputo dunque comporre un percorso di grande varietà, tra balletti, concerti, musica pop e anche prosa, di elevata qualità e infine di respiro europeo, di cui lo spettacolo andato in scena non è un solitario esempio.

Visto al Festival di danza di Genova Nervi il 19 luglio 2022

Béjart Ballet Lausanne.

t ‘M et variations Coreografia Gil Roman. Musica Citypercussion –Thierry Hochstätter & jB Meier (live). Colonna sonora Nick Cave e Warren Ellis. Costumi Henri Davila. Luci Dominique Roman.

Con jB Meier, Thierry Hochstätter (Citypercussion); Carme Andres, Jasmine Cammarota, Mari Ohashi, Jiayong Sun, Federico Matetich, Solène Burel, Antoine Le Moal, Javier Casado Suárez, Chiara Posca, Denovane Victoire, Masayoshi Onuki, Min Kyung Lee, Hideo Kishimoto, Kwinten Guilliams, Leroy Mokgatle, Angelo Perfido, Bianca Stoicheciu, Clara Boitet, , Floriane Bigeon, Emma Foucher, Oana Cojocaru, Manoela Gonçalves, Elisabet Ros, Paolo Randon, Kathleen Thielhelm.
Béjart fête Maurice Coreografia Maurice Béjart. Scene Gil Roman. Costumi Henri Davila. Luci Dominique Roman. Con: Symphony n°1 Chiara Posca, Javier Casado Suárez, Solène Burel,
Hideo Kishimoto, Kwinten Guilliams; Heliogabale: Carme Andres, Antoine Le Moal, Chiara Posca, Cyprien Bouvier; Im chambre séparée: Elisabet Ros, Paolo Randon: Und so weiter: Leroy Mokgatle Patrice Chéreau (now dancer) settles the meeting of Mishima and Eva Perón Min Kyung Lee, Jiayong Sun, Dibouk Jasmine Cammarota, Javier Casado Suárez; Bhakti III: Mari Ohashi, Alessandro Cavallo, Manoula Mou, Kathleen Thielhelm

Boléro Coreografia Maurice Béjart. Musica Maurice Ravel. Scene e costumi Maurice Béjart.
Luci Dominique Roman. Con: The Melody Elisabet Ros; The Rythm Jiayong Sun, Angelo Perfido,
Fabrice Gallarrague, Paolo Randon, Cyprien Bouvier, Mattia Galiotto, Kwinten Guilliams, Masayoshi Onuki, Daniel Aguado Ramsay, Antoine Le Moal, Javier Casado Suárez, Federico Matetich, Dorian Browne, Denovane Victoire, Andrea Luzi, Hideo Kishimoto, Leroy Mokgatle, Alessandro Cavallo.

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