Danza — 14/01/2015 at 23:08

Quelle estasi che non abbiamo più.

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CATANIA – C’è qualcuno a cui davvero ha cambiato la vita e non c’è dubbio che “Terra del rimorso” (1961) di Ernesto De Martino è un saggio antropologico di straordinaria fecondità, affascinante e che ha inciso profondamente nello sviluppo della cultura italiana del secondo novecento. Un libro che racconta l’esito di una spedizione di osservazione e studio sul campo nel Salento, racconta di come in questa terra, ancora fino agli ’60 del secolo scorso, fosse viva una antichissima pratica di terapia tradizionale relativa agli effetti depressivi (o supposti tali) del morso del ragno detto tarantola: una terapia tradizionale legata alla musica, al ritmo, alla danza, al rito in un contesto culturale profondamente arcaico e di cultura contadina. Ma non è qui il caso di dilungarsi ulteriormente sul saggio – ormai davvero un classico dell’antropologia culturale – di De Martino. Ne abbiamo accennato perché è proprio in margine ad esso che Gaetano Battezzato, coreografo italiano d origini siciliane ma ormai da diversi anni di stanza in Francia (a Lione), con la sua compagnia Teatri del vento ha costruito il suo ultimo lavoro “Exstases”. Lavoro che si è visto a Catania, a Scenario Pubblico, sabato 10 e domenica 11 gennaio: in scena: le due danzatrici Sarah Clauchi e Marie Elodie Vatteaux e l’attrice Laurence Claouè. MARIE-ELODIE 2Due danzatrici e un’attrice, due assoli di danza e, tra questi, un monologo scritto dallo stesso Battezzato.  Due assoli di danza che ripropongono i momenti delle estasi “mistiche” in cui le tarantolate salentine accompagnate anzitutto dal ritmo ossessivo del tamburello e poi dal suono degli altri strumenti tradizionali (il violino, la fisarmonica certo ma nello spettacolo il tappeto sonoro curato dallo stesso coreografo e da Olivier Mutschler, è assai più complesso, raffinatissimo e comprende anche frammenti sonori del documentario “Orizzonti” della video-maker Anna Marziano) cadevano per attraversare quindi in trans il percorso terapeutico e comunitario che la tradizione prevedeva per la loro guarigione. Nel concreto la danza sembra esser costruita destrutturando ciascun movimento tipico delle tarantolate (per averne un’idea esatta basta vedere su Youtube il documentario di Gian Franco Mingozzi girato durante la spedizione di studio di De Martino con l’assistenza del grande musicologo Diego Carpitella e i commenti scritti da Salvatore Quasimodo): nel primo assolo si tratta evidentemente della caduta nella situazione di disperazione e depressione che, secondo la tradizione, era successiva al morso della tarantola e quindi della lotta stessa contro il ragno velenoso; nel secondo assolo  appare chiaro il respiro più aperto di una fase di liberazione rituale che nel girare vorticoso e sempre più veloce della danzatrice/tarantolata giunge al traguardo della guarigione. La danza delle due interpreti si dispiega soltanto dentro il cerchio magico dell’estasi e soltanto a contatto diretto con il suolo (prima di danzare, ad esempio, la Vatteaux si toglie le scarpe coi tacchi di classica eleganza urbana e borghese), ripercorre quei movimenti, quei gesti, talvolta li abbandona per lo spavento dell’oscuro mistero da cui promanano e poi però ritorna ad inseguirli, li trova nel percorso determinato dalle due polarità del culturalmente codificato e del contingente della condizione estatica, li avvolge, se ne lascia avvolgere, ne estenua il contenuto interiore ed esteriore, ne sfiora la potenza rituale. MARIE-ELODIE 3Tuttavia, se la coreografia si fosse fermata a questo, l’esito sarebbe stato comunque povero dal punto di vista concettuale. Ma fortunatamente così non è: la voce rauca del canto tradizionale che accompagnava il rito delle tarantolate sfuma nella rauca potenza della voce di Janis Joplin (il balzo è sorprendente ma solo apparentemente spericolato se solo si pensa che il successo della grandissima cantante blues statunitense è appena di qualche anno posteriore allo studio di De Martino) e si entra nel segmento intermedio, ovvero nell’affondo teatrale: il testo, bello, molto intenso, interessante, tutto giocato su un registro di meta-teatralità, è dello stesso Battezzato e si interroga sulla violenza, spesso cinica, con cui la modernità ha ucciso e soppresso quelle estasi tradizionali e, con esse, la vitale grandezza della cultura contadina che le rendeva possibili. Un monologo che, con un notevolissimo scarto tematico e visivo, riporta il senso profondo della coreografia a ciò che, necessariamente, deve essere un’opera d’arte, ovvero un confronto e una lettura del presente dell’umanità, del nostro stesso presente, della nostra umanità. Una lettura che è spietata solo per essere vera: «c’è puzza di morte tra di noi… inutile cercare non ce ne sono più tarantolate… donne che si rivoltano come possono al potere, alla mancanza d’ amore, al vuoto… non ce ne sono più, vittime di uno stupro, uccise dal cinismo; l’umano è nella danza e non basta essere spettatori di immagini… la vita è solo nell’intensità…».

 

Exstases

Compagnia “Teatri del vento”

Catania Scenario Pubblico, 10 e 11 gennaio 2015.

Concezione, coreografia, messa in scena di Gaetano Battezzato

Creazione in collaborazione con gli artisti Juan-Manuel Vincente, Marie Elodie Vatteaux, Laurence Claoué

Assistente alla creazione: Marie-Zenobia Harlay

Luci: Gianfranco Lucchino

Testo: Gaetano Battezzato

Costumi: Isabelle Grenier

Colonna sonora: Gaetano Battezzato

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