Recensioni — 12/01/2022 at 13:27

Per un sì o per un no finisce l’amicizia e forse anche una vita

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RUMOR(S)CENA – MODENA – Per un sì o per un no (Pour un oui ou pour un non) si può buttare all’aria un’amicizia, e chi lo sa, forse rompere un matrimonio, allontanare un fratello, destinarsi alla solitudine. Nell’ipotesi più tragica arrivare a uccidere. E se avevamo fatto i conti con la verità delle parole (ne uccide più la lingua che la spada) ci scappa di mano la verità della parola taciuta, sostituita semmai da una intonazione ambigua, un accento di troppo, una sospensione nella frase.

Da qui ha inizio la pièce di Pier Luigi Pizzi, tratta dal romanzo omonimo di Nathalie Sarraute. Storia breve e intensa della disfatta di un’ amicizia di lunga data (dai tempi della scuola) che a partire da una conversazione insignificante (“un nulla, credimi, veramente un nulla”) mette in scena, in un crescendo di emotività, ostilità e rinfacciamenti, un pezzetto di vita dalle conseguenze imprevedibili. Sul palco i due amici, Umberto Orsini e Franco Branciaroli entrambi in splendida forma, un divano rosso, libri dalle copertine bianche senza titoli né autore allineati su una libreria bianca, due sedie e cuscini neri (uno dei quali, attenzione, gran protagonista nel finale).

Pour un oui ou pour un non foto di Amati Bracciardi

Cos’era successo in passato è presto detto. Nel corso di una conversazione, diversi anni prima, l’uno aveva messo al corrente l’altro di un piccolo successo, gratificando la propria vanità. Alla notizia l’altro aveva esclamato un ”bene” non troppo convinto per la verità, trascinato, cantalenante, anzi a dirla tutta un “bene” che pareva infarcito di sfumature umilianti. L’umiliato non si era limitato a incassare il colpo ma nemmeno si era liberato del peso parlandone con il responsabile. Aveva piuttosto interpellato diversi conoscenti per raccogliere pareri e rincarando la dose di rancore. Nel corso degli anni la finta questione si era ingigantita arrivando a creare una spaccatura tra i due, riportandoli ora a tentare di chiarire.

Dunque questo era accaduto, tempo addietro, che aveva raffreddato questa antica relazione amicale, benedetta al tempo dell’infanzia anche dalla madre di uno di loro, citata en passant. Quelle sì erano state parole inequivocabili, rivolte al figlio: “Lui sì è un caro amico. Potrai sempre contare su di lui”. E non è infilato a caso il breve cenno all’infanzia. Cosa succede fuori dall’età dell’innocenza? Quando le parole adulte assumono le sfumature del sarcasmo e della competizione?

Pour un oui ou pour un non foto di Amati Bracciardi

Non serve insistere sul fatto che quella frase che apre una fessura insanabile, detta e non detta, fosse in verità un nulla ma proprio un nulla di cui nemmeno se ne sente veramente la necessità di metterla in chiaro (questo l’incipit della rappresentazione). E qui si fa interessante escogitare quel meccanismo della mente che trasforma il nulla in tutto, un nulla che mette in crisi tutto.

Quanti ruoli e funzioni possono avere le parole di un amico/nemico, in buona o mala fede. Svilire, sminuire, indebolire, mettere alla berlina. E cosa succede se le parole avvertite come umilianti diventano codici di una congrega? E’ così che l’amico più fragile (pare a noi l’Orsini, un poeta che poco pubblica) attacchi ora a parlare con l’interlocutore (pare a noi il più strutturato), dicendo “Voi” e dunque additandolo come un membro poco raccomandabile di una scuola di pensiero, di una confraternita di intellettuali di successo, intenti a gettare discredito sui poeti puri, sugli uomini liberi, “non classificati”.

Pour un oui ou pour un non foto di Amati Bracciardi

Nel tempo trascorso da quella sfumatura il rancore non sfuma e non si affievolisce nemmeno durante la discussione dell’oggi, al contrario rimbalza e ritorna a noi rinforzata dal piglio dell’amico, che non si lascia intimidire, così come tornano a noi raddoppiate le immagini dei due davanti al vetro specchiato della finestra in una soluzione registica interessante. E non c’è verso di placarli i contendenti nemmeno con un richiamo alla relatività (almeno ci pare questo l’invito del regista) ponendo la scena davanti a una moltiplicazione di libri senza identità. In fondo cosa sono le nostre piccole vanità nel mare magnum delle parole scritte. Nathalie Sarraute, una delle più importanti scrittrici francesi, mette al centro la difficoltà della comunicazione in una ragnatela di incomparabile abilità. I due attori regalano ironia sottile e una vaga inquietudine nel gioco al massacro che la commedia prevede.

Visto al Teatro Storchi di Modena il 2 gennaio 2021

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