laboratori di teatro — 04/08/2013 at 16:12

Che ci faccio qui – Voci dei laboratoristi della Biennale di Venezia

di
Share

Anche quest’anno come per la trascorsa edizione, la Biennale di Venezia punta moltissimo sull’idea di formazione permanente. Per Biennale College sono arrivati a Venezia ben 350 laboratoristi, e la redazione de “La Tempesta”,  quotidiano cartaceo diretto da Andrea Porcheddu, ha pensato alla rubrica “Che ci faccio qui” per conoscerli meglio

 

 

 

Bianca Pugno Vanoni, 27 anni, attrice.

Dopo un anno trascorso negli Stati Uniti all’Actors Studio rientra in Italia e si laurea alla Link Academy di Roma, proseguendo, nel frattempo, il suo percorso di attrice. A  Venezia frequenta il laboratorio di Fausto Paradivino.

«Lavoro come attrice da tempo e, nonostante i tanti impegni, non riesco a mantenermi con questa professione. Ho preso parte a tournée molto lunghe, con spettacoli particolarmente attenti a un pubblico ampiamente popolare. Adesso sono qui perché sento l’esigenza di incontrare un tipo di teatro diverso da quello che ho conosciuto fino a ora. E per farlo ho scelto una prospettiva differente rispetto a quella dell’attrice, cioè quella drammaturgica. In particolare mi interessa riflettere sulla categoria di azione, sul limite tra il recitare un personaggio e l’agire se stessi: che si tratti di un aspetto della recitazione o di una qualità già dettata dal testo. Mi diletto nella scrittura da tempo e questo laboratorio mi offre la possibilità di confrontarmi con un artista che stimo e che si concentra proprio su questo tipo di indagine».

 

Rebecca Amparo, 47 anni, regista.

Dopo il diploma alla RESAD di Madrid lavora come attrice e ballerina. È in seguito all’incontro con il gruppo teatrale al femminile “Antigona” che diventa chiara la sua vocazione alla regia. Attualmente dirige “La Follia”, una compagnia da lei stessa fondata e composta da cinque persone. A Venezia frequenta il laboratorio di Wajdi Mouawad. 

«Dirigo una compagnia indipendente a Valencia, ma per mantenermi Iavoro come regista d’opera al Real Conservatorio Superior de Música. Ho frequentato un laboratorio con Mouawad in Spagna lo scorso anno e oggi sono qui perché credo sia uno dei pochi artisti che riescono a trasmettere davvero il senso del lavoro del regista. Non ti insegna nulla a priori, ma ti costringe a rimettere in discussione il tuo pensiero. Ogni convinzione o consapevolezza che credi di aver acquisito è bandita: si ricomincia da capo, si riparte da te, come in un continuo training della mente e della sensibilità.  Il mestiere di regista, in fondo, non consiste proprio nel rimettere in circolo le idee?»

Terza edizione de La Tempesta 4 agosto.pdf

Share

Comments are closed.