Danza, Teatro, Teatrorecensione — 03/08/2015 at 16:40

A Cowie piace virtuale

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CASTELLO DI RIVOLI (Torino) – Nell’ultima giornata del festival Teatro a Corte, viene scelto una specie di ridottino della prestigiosa sede del GAM per presentare tre videoinstallazioni di Billy Cowie (in precedenza era stato annunciato solo il nuovo progetto Art of Movement). I tre lavori di danza, elaborati in periodi diversi, sono accomunati essenzialmente dalla ricerca di Cowie nel settore del 3D. Dopo Delitto perfetto di Hitchcock e Lo Squalo 3, dopo le centinaia di blockbuster che negli ultimi anni hanno saturato le sale, il 3D è arrivato anche nel mondo della danza con la D maiuscola, visto che Cowie è uno tra i coreografi più interessanti della sua generazione.
La prima proposta è Art of Movement: una videoinstallazione della durata di circa 30 minuti, datata 2013, che il GAM potrebbe ospitare nelle sue sale. Il risultato presentato al festival è, al contrario, la variante con video e danzatori dal vivo. Un mix di animazione tridimensionale, lettura drammatizzata, proiezione di disegni e opere figurative (come sempre firmate da Silke Mansholt) e passi di danza. In breve, si assiste a una serie di quadri dove, a spiegazioni di tecniche coreografiche, raccolte in un libro di Cowie (e condite da una buona dose di ironia), si alternano le esecuzioni di quegli stessi passi da parte di ballerine dal vivo e in video. Durante ogni esercitazione – perché di questo si tratta – un brano molto serioso, di sottofondo, rimette il pubblico sull’attenti; come se Cowie, dopo essersi preso un po’ in giro durante le spiegazioni, volesse dimostrare che siamo a lezione e sta facendo sul serio.

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Purtroppo, anche a causa della saletta angusta e della disposizione delle persone a caso, su cuscini e sedie di fortuna, le ombre in video e quelle dal vivo non corrispondono (probabilmente la posizione dei fari non è esattamente la stessa); mentre le pedane – dal vivo e nel video – hanno altezze differenti. Sono certamente piccole sbavature che non aiutano a raggiungere quella perfetta mimesi che Cowie afferma essere uno tra i fini dell’opera. Perfino i movimenti delle danzatrici (live e in video) non sono sempre sincronizzati,  mentre le immagini di Silke Mansholt (in sé poetiche e suggestive), proiettate sui corpi, alimentano la confusione a livello visivo. Si perde il filo del discorso e se non si è addentro nelle tecniche coreografiche, una volta capito il meccanismo, si rischia di provare noia.
Dopo Art of Movement si assiste a Tango de Soledad. La videoinstallazione, in questo caso senza alcuna presenza dal vivo, è un superbo a solo eseguito dalla talentuosa ed espressiva Amy Hollingsworth. Programmato a Teatro a Corte anche nel 2012 e datato 2010. Seducente e di una purezza rara, spezza però il filo del discorso. Se l’a solo durasse una ventina di minuti potrebbe risultare un pezzo magnifico.  Con una durata “umana” risulterebbe interessante proporlo dal vivo, invece di trasmetterlo in 3D. Certo si potrà rispondere che questo è il campo di ricerca di Cowie e noi rispettiamo la libertà dell’artista. Ma, a volte, pare che alla danza manchi il coraggio di tornare a essere semplicemente quello che è. Il corpo del danzatore, muto, che esprime attraverso il gesto proprio alla danza sensazioni, pensieri, racconti, un universo di senso o semplici figure astratte, in grado di travalicare i confini linguistici e culturali, emozionando il pubblico.

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In chiusura, Dark Rain, videoinstallazione di una decina di minuti, datata 2013, pensata come finalissimo di Art of Movement. Gli a solo vedono due danzatrici live e una virtuale seguire, ognuna rinchiusa nella propria teca – reale o in video – un ritmo in crescendo continuo. L’apice si raggiunge con il bombardamento sensoriale dello spettatore (a livello sia visivo sia sonoro). Cowie avverte il pubblico sul suo sito, che le luci stroboscopiche possono essere pericolose, per le persone epilettiche o affette da altre patologie (indicazione che non è stato fatta presente agli spettatori prima della sua esecuzione a Teatro a Corte).
Il progetto di Cowie, quindi, ha sicuramente aspetti interessanti che, però, ci sembrano più propri alla videoart e a una fruizione da galleria d’arte contemporanea, dove il visitatore può fermarsi a suo piacimento, assistere in parte o fermarsi fin alla fine. Inoltre, se la fruizione deve essere teatrale, conta molto, per apprezzare il 3D, avere una disposizione di poltrone che assicuri una visione ottimale, come accade al cinema. Infine, l’inserimento di Tango de Soledad – a solo lontano dalle ricerche più recenti – fa nascere ancora di più la nostalgia per la danza dal vivo.

Visto al Teatro a Corte, Castello di Rivoli (Torino)  sabato 1° agosto 2015

Billy Cowie 
Art of Movement
Tango de Soledad
Dark Rain

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