Festival(s) — 30/06/2012 at 16:31

Dentro il boschetto selvaggio dei “Giardinieri e delle fatine” di Sieni ci sono i nostri sogni, anche quelli reali

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Ci sono momenti nella vita in cui ognuno di noi vorrebbe vivere una dimensione altra, che la psicologia definisce onirica, dove avvengono esperienze altrettanto “reali”, come quelli vissuti quotidianamente. Ma a differenza della vita reale, i sogni sono portatori di saggezza, di consigli preziosi per far si che la propria esistenza possa farne tesoro. E quando accade lo stupore ti rapisce e ti conduce nella “foresta incantata” di Virgilio Sieni, animata dai suoi “Giardinieri e le fatine”.

 


La scheda di presentazione della sua nuova creazione, racconta di un boschetto selvaggio, dove tre giardinieri sono intenti a sfoltire arbusti, rami e foglie, “alla ricerca di luoghi misteriosi”. Sono luoghi del nostro inconscio riemerso come se uno si chiede: sogno o son desto ?, e l’immaginifico che c’è in noi e nella poetica commovente di Sieni, fa si che non si riesca più a distinguere tra la realtà e la finzione, se pur artistica di altissimo livello. È ciò che accade dentro il parco del Castello Pasquini. L’occhio vive un’esperienza indimenticabile, in realtà tutti i sensi godono immersi in “luoghi che, osservati e vissuti, lasciano apparire un forte e intenso odore di gesti, che depositati nel nascosto, col tempo ritornano per riassaporare al mattino la temperatura della brina”.

A tali parole dettate da Sieni, viene subito in mente un passo tratto dagli atti di Giovanni, (il testo apocrifo è del Nuovo Testamento risalente al 150 dopo Cristo) che cita: “Io sono la Parola che mise in movimento di danza tutte le cose. La passione che, danzando, ho mostrato a te e agli altri, voglio sia chiamata un mistero. Ed ora, rispondi alla mia danza!”. La “Parola” per Sieni è la creazione di segni gestuali rarefatti quanto intensi ed evocativi. Sono parole disegnate nell’atmosfera di un piccolo bosco dove si nascondono esili fatine vestite di bianco, di piume di pavone lussureggianti, in mano hanno piccole bacchette magiche argentate. I giardinieri sono uomini (Dilvo Bertini, Daniele Lauretani, Roberto Marchi) di mestiere, acquisito nel corso di una vita, e uniscono la loro esperienza umana e professionale, a quella artistica, là dove il gesto di disboscare, tagliare, aprire dei varchi (aprono in realtà qualcosa di ben più profondo: il nostro inconscio) tra le foglie che sembrano tessuti verdeggianti come piccoli sipari (dietro i quali si celano in attesa di apparire le fatine), diventa come per incanto, un passo leggero di danza figurata, un gesto misurato della mano, l’ incedere del corpo si fa armonioso. Qualcosa di soave, leggero, perfino leggiadro, come se il corpo materico perdesse peso, annullasse ogni legge della fisica.

 

Sbucano dal verde popolato di merli canterini, cicale, le bambine Mia D’Ambra, Costanza Fenzi, Giorgia Niccolai, Melissa Piccolo, Penelope Pistoia. Due insieme, le altre da sole, tutte alla fine. Ognuna sembra uscita da un libro delle fiabe illustrato, l’unico in grado di competere con la nuova creazione di Sieni, capaci di dare vita a piccole miniature, seguite a distanza ravvicinata dallo stesso Virgilio, e da alcune donne intente ad annuire con il capo, segno evidente che le piccole fatine stavano riuscendo nel loro intento. Anche quello di incantare il pubblico. Poche persone per volta, sedute su lillipuziani sgabelli, in assoluto silenzio, rotto dall’abbaiare di un cane ignaro di quanto stava accadendo. Piccoli miracoli di magia scenica, artistica e drammaturgica. E come scrive Shakespeare (da La Tempesta): «…Siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra vita breve.» Nel tempo di pochi minuti tutto questo è accaduto.

 

Festival Inequilibrio Castiglioncello

Visto a Castello Pasquini il 29 giugno 2012

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