Culture, Festival(s), Teatro — 28/09/2015 at 05:39

Festival Start-up Taranto, una buona pratica rischia di finire

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TARANTO – C’è una città che non muore. Nonostante spira vento di diossina e il mare, che l’avvolge e comanda (uomini e umori, stagioni e notti) ha il colore e l’oleosità del petrolio. Una città che resiste, meravigliosa, e si riversa nei vicoli stretti dove il sole s’affaccia timidamente, a malapena, e sembra di stare in un posto che non assomiglia a nessun altro. Una città che resiste, una comunità caparbia, spartana, orgogliosa, a specchiarsi su un palcoscenico, riconoscendosi nel proprio destino di uomini e donne. Grazie all’impegno, la volontà, il sacrificio (è il caso di dire viste le condizioni sempre più al limite) di un gruppo di artisti residenti, il Teatro Crest, e di una rete tra compagnie pugliesi.

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Teatro Crest, la rete delle compagnie residenti Una.net, quest’anno con il sostegno del Teatro Pubblico Pugliese, rendono possibile a Taranto la vivacità, la vitalità del Festival Start-Up destinato al ricordo, al rammarico dell’addio, durante il trascorrere lento dei giorni seguenti. Con il rischio che quella trascorsa sia l’ultima edizione. Perché il potere decide così. Perché la politica è cieca e vede bene solo quando si riflette nell’acqua…innamorandosi della propria distorta immagine. Perché si sceglie di accentrare nelle mani di pochi, ritenendola un’azione efficace a salvare politiche culturali e garantire mestiere non rendendosi conto in realtà di depauperare territori, risorse, creatività, professioni e professionalità (avviate e produttive) a vantaggio di nuovi e circostanziali baronati. L’arte muta società e fisionomie, interiori e esteriori. Destinarla all’esercizio di potere, è morte. La politica, la politica onesta, la politica pura, dovrebbe riconoscere e garantire, amministrando e distribuendo risorse umane e economiche, il lavoro concretamente fruttuoso per lo sviluppo sociale, commerciale, umano. Ma… la realtà effettiva appare purtroppo più paradossale di quella rappresentata sui palcoscenici, dove la finzione caratterizza significati e significanti, ma l’ipocrisia dell’esercizio del governo, l’ipocrisia del reale, supera e stupisce di gran lunga più del dramma. Accade quindi, che lo sforzo professionale di artisti residenti, realizzato in crescita culturale per un intero territorio senza limiti locali, si polverizzi in un futuro interrotto. Per rassegnarsi a un pensiero unico, dominante che non concede contraddittorio e diritto di replica. La voce del padrone…

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La struttura scenografica di “Paradiso – voi non sapete la sofferenza dei Santi” di Armando Punzo

L’edizione appena scorsa dello Start-Up, al di là di qualsiasi giudizio critico su qualità e spessore artistico, resterà unta della sacralità di un lavoro portato a termine, di un progetto che in stretta gittata (di tempo) ha germinato fiori in una terra destinata all’inaridimento. D’obbligo morale riconoscere agli artisti della rete Una.net e soprattutto al Crest, la grandezza e il prestigio di un’azione eccezionale, di un evento inciso nella memoria storica di Taranto, della Puglia, del paese intero e dell’Europa. Avendo mutato, nell’estemporaneo che penetra tracce eterne e indelebili, assetti e coscienze. Stimolando dialettiche convergenti, divergenti, produttive.

Pubblichiamo a seguire la lettera aperta degli operatori del festival letta pubblicamente prima del buio di sala dell’ultimo spettacolo dello Start-up.

<<Si chiude la quarta edizione di stArt up. La quarta e per noi ultima edizione di questo festival. Un festival che quest’anno si è potuto realizzare grazie al sostegno del Teatro Pubblico Pugliese, al suo intervento come Puglia Showcase che ha integrato gli spettacoli in cartellone con le proposte pugliesi. Un festival che è nato da sette compagnie che sono residenze teatrali. E che con uno sforzo, credeteci, smodato, ha allestito un cartellone di teatro contemporaneo che è più di una semplice programmazione. E’ un progetto artistico che raccoglie in pochi giorni artisti, operatori, critici e pubblico in un unico momento di condivisione. Condivisione di cosa?

Di visioni, di progetti, di problemi ma anche di sogni. Ma stArt up quest’anno ha richiesto molto alle nostre forze e alle nostre economie. Sette compagnie, di cui sei residenti, che hanno allestito un festival con soli 38 mila euro, di cui la metà messo dalle nostre tasche, dalle residenze teatrali. Un budget al quali sommare il contributo della regione per le ospitalità che non supera i 20 mila euro. Un festival, quindi, fatto con 57 mila euro. Quello che altrove è il budget di un solo direttore artistico, qui copre tutte le spese del festival. E se fino a qualche mese fa organizzare questa macchina per noi era orgoglio, dichiararsi disposti a sacrificare tempo ed energie per una visione che ci accomuna, oggi questo non basta più. Non dobbiamo più dimostrare di saper organizzare un festival con tanti operatori e tanti spettacoli: lo sappiamo già fare. Non dobbiamo più dimostrare di saper riempire i teatri anche in orari poco comodi: lo sappiamo già fare. Non dobbiamo più dimostrare di essere bravi a fare le cose in grande: lo sappiamo già fare. Non dobbiamo più dimostrare di saper fare rete: lo sappiamo già fare. Inoltre, non dobbiamo più dimostrare di saper fare anche gli spettacoli: li sappiamo fare e siamo felici di riscontrarlo negli occhi del nostro pubblico. Se non è questo il tempo della maturità, qual è allora? Se non è questo il momento in cui guardarsi negli occhi e dirsi “lavoriamo tutti insieme sennò muoriamo”, allora qual è il momento? Tre anni fa il Crest, padre di questo progetto, decise di donarlo e condividerlo alle residenze della rete una.net per farne patrimonio comune. Oggi diciamo: stArt up è patrimonio di tutti: del Teatro Pubblico Pugliese, della Regione Puglia, del nuovo TRIC, dei centri di produzione, delle residenze, delle compagnie. Tutti quindi abbiamo il dovere di farlo vivere e tutti avremo il rimpianto di averlo fatto morire.>>

La rete di residenze teatrali pugliesi una.net”

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dallo spettacolo “Capatosta”, del Teatro Crest foto di Lorenzo Palazzo

 

 

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