Recensioni — 21/10/2016 at 22:29

“Ellepi”: siamo tutti personaggi irrealizzati

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“Ci hanno vietato di vivere. Vivete, poi morirete. Noi no, siamo personaggi irrealizzati”.

FIRENZE – L’inizio dello spettacolo Ellepi coincide con la sua fine. L’ingresso non è quello che facciamo in un teatro nel senso stretto del termine. Quando entriamo nella Palazzina ex Fabbri, prima della biglietteria, lo spettacolo è già iniziato e noi che siamo lì per assistere da spettatori non ne resteremo del tutto estranei. Il titolo Ellepi suggerisce immediatamente un tributo all’autore Luigi Pirandello e alla sua opera, ma lo spettacolo è molto altro: crea infatti un ponte tra la filosofia pirandelliana e l’attualità del nostro vivere. “La drammaturgia è il risultato di un primo studio, da perfezionare, sul testo teatrale di Sei personaggi in cerca di autore ed è stata scritta un anno e mezzo fa da me e da mia moglie Flavia Pezzo con la collaborazione di Luigi Pirandello”,  racconta Fulvio Cauteruccio, regista, attore e fondatore dell’associazione culturale Impresa Fulvio Cauteruccio che dal 2015 realizza spettacoli, laboratori e tirocini formativi per giovani attori.

foto di
foto di Anna Cerrato

Si sale così al primo piano della Palazzina e ci si dispone intorno ad un rettangolo disegnato a terra, che costringe ad osservare la scena da diversi punti di vista e ad incontrare, per fortuna o per sfortuna (non è dato sapere), gli sguardi di altri sconosciuti, controllori e controllati allo stesso tempo. Gli attori si siedono insieme al pubblico, per metà se stessi e per metà personaggi. E così tutto, la vita che scorre (ma non per loro personaggi) ha inizio.

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La forma del rettangolo intorno al quale si sta seduti è un parallelo rispetto alla “forma” alla quale fa riferimento anche Pirandello nella sua opera letteraria come limite che rende l’uomo “uno” mentre in realtà potrebbe essere “centomila” secondo il fluire della vita.  All’interno del rettangolo, che nel corso dello spettacolo sarà lo spazio vitale, non si è liberi di muoversi e neppure di distrarsi. Gli attori-personaggi, fanno notare che si è lì, vivi e presenti, fortunati rispetto a loro perché si ha la possibilità di provare emozioni reali. Perfect day di Lou Reed apre lo spettacolo con una provocazione: sarà tutto infatti tranne un giorno perfetto. Fulvio Cauteruccio attraversa il rettangolo e si mette sulla porta ad aspettare qualcuno che presumibilmente dovrà arrivare. Flavia Pezzo ed Annibale Pavone restano seduti nel pubblico e mettono in scena il loro dramma, quello per cui sono nati dalla fantasia di un autore che poi non ha voluto effettivamente dare loro seguito. Nella prima scena la protagonista femminile interpreta per pochi minuti la figliastra, misera e incapace di ribellarsi dalla condizione che la costringe a prostituirsi nel retrobottega di Madama Pace per consentire alla madre e ai fratelli di vivere decentemente.

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L’illusione dura poco e viene rotta dall’incursione di Fulvio Cauteruccio che interpreta il padre. Tutti e tre gli attori interpretano a turno vari personaggi, suggerendo note registiche. A Flavia Pezzo compete l’onere di dare voce oltre che alla figliastra anche alla madre e a Madama Pace. Il vero dramma per questi personaggi è l’impossibilità di dare luogo al dramma per il quale sono nati e di viverlo. “Siamo personaggi irrealizzati e pazzi” diranno ad un certo punto guardandoci negli occhi ed implorando aiuto. Essere personaggi infatti non serve. Servono una compagnia teatrale con macchinisti, costumisti e capocomico (ruolo di cui viene investito Cauteruccio). Ma soprattutto serve l’autore, colui senza il quale loro non possono essere liberi.
La ricerca esasperata dell’autore da parte dei sei personaggi nel testo originale diventa qui attesa disperata di attori-personaggi, che aspettano Lui, l’innominato ed innominabile che al pari del Godot beckettiano sappiamo tutti (anche gli spettatori) che non arriverà mai. Neppure l’ultima speranza di avere identificato l’autore Pirandello, con uno spettatore, si rivela infine vana per portare ad una conseguenza estrema. Il pubblico che fino a quel momento è rimasto in parte passivo viene scelto per fare le veci dell’autore, muniti ognuno di carta e di matita. “Perché non scrivete voi di noi?”.

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Il teatro nel teatro su cui Pirandello compone una trilogia, comprendente anche Sei personaggi in cerca d’autore, viene portato quindi alle estreme conseguenze. Nel testo originale il drammaturgo svela attraverso la messa in scena la funzione teatrale; mentre qui gli attori si rivolgono agli spettatori, per la stesura di un canovaccio che possa permettere ai personaggi di vivere il loro dramma. L’entusiasmo diventa rabbia e i fogli vengono lanciati al vento. Gli spettatori non sono più in grado di emozionarsi e di scrivere con la fantasia, anestetizzati dalle nuove tecnologie che li costringono a trincerarsi dietro un rettangolo a forma di computer e di telefono, a parlare secondo un linguaggio privo di significato, che entra nella drammaturgia con scopo di denuncia (“mi piace-condivido-cuoricino”).
La provocazione degli attori diventa così riflessione sulla morte. La morte non è possibile per i personaggi che non sono mai stati realizzati, neppure per liberarsi dalla forma del rettangolo.

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È una condizione per altri, ad esempio per noi che siamo lì a guardare. La prigione non è soltanto per i personaggi che non hanno trovato il loro autore ma è anche la condizione attuale del teatro. “L’attore oggi non è più libero – conclude Fulvio Cauteruccio – in scena viene messo ciò che è bello perché crea attrazione, in questo modo il teatro si allontana dalle persone perché manca di calore. Solo quando il teatro riuscirà ad essere bello, potrà essere un giorno perfetto“.

Visto il 30 settembre 2016 alla Palazzina Ex Fabbri (Parco delle Cascine, Firenze).
Ellepi

regia di Fulvio Cauteruccio

drammaturgia di Fulvio Cauteruccio e Flavia Pezzo

con Fulvio Cauteruccio, Annibale Pavone, Flavia Pezzo

(crediti fotografici di Anna Cerrato)

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