Danza, Interviste — 18/08/2018 at 12:53

Anna Cremonini direttrice di Torinodanzafestival: “Il cambiamento (anche nella danza) è vitale per un settore creativo”

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RUMOR(S)CENA – FESTIVALTORINODANZA- TORINO – ll Festival Torinodanza la cui direzione artistica è stata affidata ad Anna Cremonini (dal 10 09 al 01. 12.2018)  verrà inaugurato il 10 settembre prossimo al Teatro Regio dove si esibirà come protagonista assoluto il coreografo belga di origini marocchine Sidi Larbi Cherkaoui (artista associato del prossimo triennio del Festival) con il dittico in prima italiana Noetic e Icon, per poi terminare il 1 dicembre con il celebre artista Alain Platel, autore di Requiem pour L.

Teatro Astra, Lavanderia a Vapore di Collegno, Teatro Carignano, La Venaria Reale, Fonderie Limone Moncalieri sono le sedi in cui si svolgerà il Festival.

La prima novità di questa edizone è stata l’anteprima che si è svolta nel mese di maggio presso le Fonderie Limone a Moncalieri, realizzata insieme al Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale con la presentazione della produzione canadese Betroffenheit, scritta a quattro mani dalla coreografa canadese Crystal Pite e dall’attore drammaturgo Jonathon Young: una fusione tra teatro e danza contemporanea di forte impatto visivo ed emotivo. A settembre c’è molta attesa per l’opera di Dimitris Papaioannou, The Great Tamer (Il grande Domatore). L’artista, che viene dalla pratica pittorica, ha curato la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Atene nel 2004 diventando celebre al grande pubblico. Bach Project, in scena in prima assoluta al Teatro Carignano, è composto dal brano Domus Aurea di Diego Tortelli e dal riallestimento di Sarabande di Jiří Kylián del 1990. Alla pura potenza dei sentimenti si ispira la danza di Sharon Eyal, coreografa israeliana proveniente dalle file della Batsheva Dance Company. I temi dell’amore impossibile, dello spaesamento esistenziale sottendono alla creazione dei due spettacoli in scena a Torino, OCD Love e Love Chapter 2. Al viaggio e all’esilio si riferisce Salia Sanou, coreografo del Burkina Faso, nel suo Du Désir d’Horizon, un racconto sull’epopea delle migrazioni in cui l’orizzonte è il futuro, la speranza che non deve cedere di fronte a paura e avversità.

 

Anna Cremonini

Sono alcuni tra i tanti appuntamenti di questa edizione di Torinodanza diretto da Anna Cremonini al suo primo anno di direzione artistica:uno dei più titolati festival di danza contemporanea internazionali. Detiene 25 anni di esperienze multidisciplinari nel settore dello spettacolo dal vivo, dove ha potuto spaziare dalla musica alla danza e al teatro come curatrice per istituzioni di prestigio quali la Fondazione Musica per Roma per il Premio Equilibrio, la Biennale di Venezia ed il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro Due di Parma, il Teatro Stabile di Napoli. Dal 2014 è stata per quattro anni Presidente della Commissione consultiva della Danza presso la Direzione generale dello spettacolo dal vivo del MiBact. Le abbiamo chiesto di parlarci delle sue scelte artistiche e di come è stata influenzata dalle esperienze artistiche vissute in precedenza.

 

Quanto la sua cultura umanistica ha influito sul suo percorso professionale e quali passi sono stati fondamentali per giungere, dopo 25 anni da manager/oganizzatore nel settore delle performing arts, alla direzione artistica di un Festival importante comeTorino Danza?

«Non lo so di preciso. Diciamo che è stata una crescita costante e parallela di formazione e vita vissuta e che si sono alimentate a vicenda, aumentando sempre più la mia sensibilità verso le arti performative. No so dire se sono una manager, mi definirei per lo più un’esecutiva, ma sicuramente sento che la forza che mi ha consentito di arrivare dove ora mi trovo, è stato anche di avere avuto il coraggio e la possibilità del cambiamento continuo, di aver fatto esperienze diversificate attraverso i vari ambiti della musica, della danza e del teatro. La possibilità di usufruire dell’opportunità di cambiare per me è stato fondamentale e vitale. Mi considero anche molto fortunata in quanto ho avuto appoggi familiari ed affettivi molto importanti che mi hanno agevolata in questo cammino».

 

 

Pompea Santoro Focus@Mats Ek

La cultura della Danza è stata veicolata attraverso messaggi che giungevano più facilmente ad un pubblico femminile e/o di specialisti: non solo per quella accademica, ma anche per il teatro danza e quella moderna.  Da Lindsay Kemp e Maguy Marin, grandi precursori della contaminazioni di genere, la danza contemporanea ha subìto una grande evoluzione ed ha aperto le porte a nuovi linguaggi, ad altre discipline artistiche, con risultati di qualità anche se non sempre di interesse da parte del pubblico. Quale ritiene che sia attualmente l’attenzione dello spettatore italiano nei confronti di questa disciplina e come andrebbe migliorata la comunicazione al fine di invogliare un pubblico più eterogeneo e non di nicchia?

«Questa è una riflessione che sto facendo da diverso tempo. E quindi mi sono messa a viaggiare attraverso l’Europa per poter parlare e confrontarmi con artisti e colleghi a livello internazionale. In Europa la Danza è una discipina in fortissima crescita che sta vivendo un bel momento in quanto anche i teatri classici si stanno aprendo a nuovi e diversi orizzonti: eccezion fatta per le eccellenze come il Sadler’s Wells di Londra ed il Théatre de la Ville di Parigi, per esempio, due centri di produzione e spettacolo che da tempo interagiscono con i più grandi artisti a livello mondiale. In Italia siamo più indietro, ma a mio parere stiamo recuperando, anche se purtroppo rimane pur sempre una carenza di investimenti. Non si tratta di un problema di linguaggio e di comunicazione bensì di volontà di aprire più ampi spazi di programmazione. Dipende dai direttori dei teatri, dai programmatori riuscire ad aprire maggiormente alla Danza. C’è anche un altro grosso ostacolo: quello che riguarda le proposte. A Torino, in controtendenza con il resto del Paese, per esempio, è sempre stata più forte la domanda dell’offerta, ma sul territorio nazionale, se non si introducono proposte di programmazione al di fuori degli ambiti specifici è sempre difficile e faticoso trovare una collocazione. Vi è una sorta di rigidità in quanto ancora non fa parte di un immaginario collettivo, non vi è l’incontro tra artisti e pubblico. Non ha una sua forma di collocazione autonoma. I media ne parlano, ma credo che la strada da percorrere sia ancora molta, proprio dal punto di vista della programmazione all’interno dei teatri.

Love Chapter foto Andre Le Corre

L’edizione 2017 di TorinoDanza ha visto la partecipazione della londinese Candoco Dance Company, composta tra gli altri da danzatori disabili e definita anche danza di inclusione, come terapia, da praticare e da ammirare, ma anche per scoprire ed andare “OLTRE I LIMITI”. Il nuovo progetto “CORPO LINK CLUSTER/VERTIGINE # 1” (risultato di un anno di lavoro nei territori di montagna tra Torino e Chambéry), potrebbe essere considerato la seconda tappa di questa linea che va “OLTRE”?

«No. I due progetti non sono collegati. Vertigine ha l’obiettivo di cercare una possibile evoluzione culturale di alcuni territori attraverso lo sport, la metafisica, ed elementi di riflessione spirituale, l’equilibrio interiore per mezzo del lavoro di artisti. Un processo artistico puro, di qualità che non vuole esprimere o evidenziare un disagio. Ho lavorato per anni con la Compagnia della Fortezza e l’obiettivo era quello di fare uno spettacolo, indipendentemente dal fatto che fossero attori detenuti nel carcere di Volterra. Perciò il mio desiderio ed interesse, in generale per il Festival, è quello di portare al pubblico spettacoli belli ed esprimere con la Danza il massimo della qualità artistica possibile attraverso una programmazione articolata».

Inside Dimitris Papaioannou @Marilena Stafylidou

A fine luglio il Mibact ha assegnato le risorse previste dal Fus 2018/2020 ed il festival Torino Danza, per l’anno 2018, ha ottenuto il maggior punteggio di qualità,mantenendo lo scettro di primo Festival di Danza in Italia per contribuzione. Ma secondo lei la scelta di qualità è così strettamente legata alla capacità economica?

«Non necessariamente. La capacità economica non basta. Fornisce sì maggiori strumenti, ma la selezione di un progetto deve rappresentare la qualità pura. Un’opera coreografica che riesca a trasmettere un’emotività e sia uno specchio sulle riflessioni del mondo, ecco per me è qualità. Il mio gusto è incentrato su coreografi che sappiano costruire legami con il tempo presente. Traggo spunto dal programma di quest’anno a titolo esemplificativo. Dimitri Papaioanu, attraverso la sua opera “The great tamer” ci pone di fronte a tutta una serie di immagini che toccano la memoria ancestrale dell’individuo e lo esorta a pensare. Sidi Larbi Cherkaoui con “Icon” utilizza il suo astratto linguaggio coreografico ed un materiale evocativo come la creta per riportarci a rifettere circa il ripetersi della costruzione e distruzione degli idoli. Alain Platel con “Requiem pour L”. affronta il tema della morte in maniera violenta, senza mediazioni. Sharon Eyal in “OCD Love” riesce a rappresentare un vuoto assoluto. Una radice comune circa l’esistenzialismo dell’uomo.

Betroffheneit di Crystal Pyte e Jonathon Young, spettacolo in anteprima del Festival andato in scena a maggio, ha trasmesso qualcosa di immenso grazie a dei codici culturali che son andati al di là della forma culturale dell’opera stessa. Abbiamo il vizio di voler comprendere il significato di qualsiasi cosa, ma nella Danza, come anche in altre forme artistiche, non è così: l’importante, assistendo ad uno spettacolo o ammirando il lavoro di un artista, è ciò che ti provoca in sensazioni ed emozioni e che continui a portarti dentro.»

Dance me to the end of love (Danzami fino alla fine dell’amore) titolo del brano di Leonard Cohen, è il leit motiv ed anche il titolo del Festival: qual’è stata la sua intuizione?

«Veramente non è stata mia, bensì una proposta di una collega del Teatro Stabile di Torino la quale, conoscendomi assai bene, ha colto nel segno e la scelta del titolo del brano, che secondo me si annovera tra i più poetici della canzone del ‘900, veicola e combacia con la qualità della mia passione.»

 

Noetic coreografia di Sidi Larbi Cherkaoui

Il settore culturale in Italia è piuttosto sofferente ed insofferente da diverso tempo. Se Anna Cremonini possedesse una bacchetta magica …?

«Certamente la questione delle risorse è centrale per l’intero sistema dello Spettacolo dal vivo. Per la Danza in particolare: nonostante le potenzialità, è una disciplina molto al di sotto di un livello medio di finanziamento. Tuttavia mostra una vitalità creativa e dei modelli organizzativi dinamici che sono encomiabili, pur nella scarsità di mezzi. Oltre ad un aumento delle risorse sarebbe auspicabile, secondo me, una maggiore mobilità all’interno dell’intero settore: mobilità degli artisti ma anche degli operatori del settore stesso. Il nostro è ancora un mondo molto statico in cui il ricambio delle direzioni artistiche ed organizzative è raro. Il cambiamento è vitale per un settore creativo. Per quanto mi riguarda ogni proposta innovativa è stato un’occasione di crescita e lo consiglio a tutti, artisti ed organizzatori. Il cambiamento costituirebbe anche un motore naturale di formazione di nuove generazioni in tutti i settori strategici dello Spettacolo dal vivo. Il nostro è un Paese che fatica a modificare le proprie abitudini, ma qualcosa si deve muovere. Forse anche il mio arrivo a Torinodanza si inserisce in un possibile nuovo corso …»

 

www.torinodanzafestival.it

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