Recensioni — 11/11/2017 at 22:20

“Pinocchio è di tutti quelli che lo vogliono”

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Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l’etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente.

(D. Alighieri, Inferno, Canto III, 1-3)

 

 

MILANO – L’ultima produzione del Piccolo Teatro di Milano -Teatro d’Europa è firmata da Antonio Latella, . Un’imponente tronco di legno irrompe lo scenario e della segatura ricopre l’ambientazione rabbuiata della falegnameria. Mastro Ciliegio, dalle sembianze femminili, è sull’orlo di una crisi di nervi prima di incontrare Mastro Geppetto a cui affida un ceppo parlante. Circondati da un’atmosfera ancestrale, tra il biblico e l’esoterico, i due discutono sulla creazione di un burattino su cui riversare le proprie mancanze: l’una quella di un figlio, l’altro quella del vagabondo che non è stato a causa della povertà. Nasce Pinocchio, interpretato da Christian La Rosa, che assume le sembianze di un personaggio menomato, frenetico, voglioso di oltrepassare quella porta di metallo che separa l’ambiente domestico (la falegnameria) da un “là fuori” ove – nelle parole di Geppetto – “la gente non ci sente”. È il paese dei balocchi e dei barbagianni, del teatro dei burattini, di mangiafuoco, del gatto e della volpe. Un luogo molto vicino al nostro, dove si venderebbe volentieri la cultura per il divertimento. La finzione indossa calzamaglie e parrucche bianchi, voci caricaturali e facce patetiche simili ad automi. Gli attori sopravvivono al proprio ruolo quasi costretti a movimenti scomposti e repentini. Pinocchio è determinato, ha fame di conoscenza ma non la soddisfa.

 

Pinocchio Cristian Larosa foto Brunella Giolivo

Vorrebbe aiutare il padre al lastrico ma si perde. Il regista ha dipinto un Pinocchio schizofrenico – come si direbbe per il teatro del Novecento – che manca però di una reale malattia mentale. Il difetto, infatti, è una diversità non certificata ma intagliata nella società del bisogno per cui “Pinocchio è di tutti quelli che lo vogliono”, l’emblema del figlio preteso per completare il proprio ciclo di vita. Da questo sistema che impone cosa fare e cosa non fare Pinocchio si ribella con un realistico “Mi avete rotto i coglioni!”. È in questa battuta che il regista napoletano scolla Pinocchio dal libro. Il pubblico del Piccolo Teatro di Milano approva: un applauso irrompe la sala gelata del teatro frequentata da spettatori che hanno l’aria di sapere già come andrà a finire, ma il finale è all’Inferno. Siamo nello stomaco del pescecane, la genesi di Pinocchio che diventa uomo e conosce il male. Geppetto è ormai un padre rassegnato, disilluso, assente, e nell’ultima cena col figlio tanto atteso restituisce silenzi, rimproveri che uno riversa sull’altro. Colpe, infine, che solo l’effettiva morte è in grado di espiare, morte che è perdono e redenzione, rinnovamento. Il sipario si chiude lasciando il tronco di legno che squarcia il telo rosso, sospeso in platea.

 

foto Brunella Giolivo

 

 

Pinocchio

di Carlo Collodi

drammaturgia Antonio Latella, Federico Bellini e Linda Dalisi

regia Antonio Latella

scene Giuseppe Stellato, costumi Graziella Pepe, luci Simone De Angelis, musiche e suono Franco Visioli

con Christian La Rosa, Massimiliano Speziani, Anna Coppola, Fabio Pasquini, Matteo Pennese, Michele Andrei, Stefano Laguni, Marta Pizzigallo

foto Brunella Giolivo

produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

 

 

Visto al Teatro Strehler di Milano il 7 novembre 2017

 

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