Recensioni — 11/07/2016 at 14:08

La trasmigrazione di mondi musicali e teatrali

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SPOLETO – L’eccezionale “dialogo” tra Robert Wilson e John Cage attraverso il testo del compositore “Lecture on Nothing” è trasmigrazione di mondi: quello della musica fatta di suoni-non suoni-silenzi; quello del teatro fatto di gesti-non gesti-silenzi, tramite la parola che sprigiona energia. La compenetrazione tra i due artisti, geni del secondo Novecento, è tale che, nella sua regia, Wilson cede la scena più volte all’immagine parlante di Cage – così distinto e soave in confronto alla propria “omerica” potenza – con passaggi di gioco e di grande ironia: “originally”, all’inizio, egli resta immobile a lungo, completamente truccato e vestito di bianco, mentre lo avvolgono esperimenti sonori e frasi spezzate trascritte su pannelli (come quelle lavagne del Club anni ’60 dove chi passava trascriveva pensieri); si concede con eleganza un pisolo su un lettino candido dopo aver invitato il pubblico eventualmente annoiato a fare lo stesso, “go to sleep”.

 foto ML Antonelli/AGF
foto ML Antonelli/AGF

Tutto quello che so sul metodo – scrive Cage alla fine della sua “Lecture on Nothing” – è che quando non sto lavorando a volte penso di sapere delle cose, ma quando lavoro è del tutto evidente che non so nulla”. E una delle affermazioni di poetica di Wilson è che l’arte, e il teatro in particolare, servono “per fare domande, non risposte”. L’intero discorso concettuale del testo ha rimandi continui tra la “filosofia” dell’uno e dell’altro dei due artisti statunitensi: il privilegio della forma sul contenuto, della struttura sul metodo, del vuoto sulle idee, che nascono dal nulla, come punti di illuminazione simili alle sette magiche lampadine wilsoniane che scendono dall’alto senza che lo spettatore neppure se ne accorga. Dall’alto, in un angolo vigila anche una figura col binocolo, l’attore Tilman Hecker, una sorta di ponte dal nulla al nulla, come appunto viene definita la struttura da Cage e applicata da Wilson. Quello che forse è o può sembrare questo spettacolo, e cioè un raffinato esercizio intellettuale, diventa nella pasta fisica dei suoni e dei gesti un godimento prima di tutto sensoriale. E’ meraviglia di gioco, sublime immersione nella forza degli intervalli (“amavo i suoni ancora prima di andare a lezione di musica, amo la V, la VIII, non la III per questo non amo Brahms”, afferma Cage), delle pause, dei silenzi, passaggio attraverso il rumore, fino ai suoni sempre più pacati che “portano amicizia, solitudine, amore”. Ma “Niente non è un piacere se siamo irritati”, ripete più volte fino all’ossessione l’attore Robert Wilson, recitando le cinque parti e innumeri sezioni di “Lecture”, variando ogni volta impercettibilmente i gesti o l’intonazione, fino alla rabbia o ad un passo di danza. E il pubblico non è più spaventato dalla profondità, ma conquistato dalla leggerezza.

Visto il 7 Luglio 2016  al Teatro Caio Melisso Spazio Fendi  59 esimo Spoleto Festival

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