Recensioni — 04/12/2019 at 18:50

Il pellegrinaggio di morte di Madre Courage rivive nelle gesta di Maria Paiato

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RUMOR(S)CENA – MADRE COURAGE – TEATRO METASTASIO – PRATO – Su un campo di battaglia senza vinti e vincitori si aggira la rapace Anna Fierling interpretata da Maria Paiato nella regia di Paolo Coletta. La donna, avvolta nella sua pelliccia rossa dall’inizio alla fine dello spettacolo, è alla guida di un carro sbilenco con cui ha costruito, proprio grazie alla guerra, la sua “fortuna”. Nel dramma di Bertold Brecht la Fierling è nota con il nome di “Madre Courage”, per aver avuto il coraggio
di attraversare il campo di battaglia sotto le bombe. Il testo, scritto tra il 1938 e il 1939 con l’obiettivo di denunciare qualsiasi guerra passata o futura, intesa come causa di sfruttamento, distruzione e caos fu profetico perché uscì agli albori del secondo conflitto mondiale. Tuttavia, la storia è ambientata volutamente alcuni secoli prima durante la guerra dei Trent’Anni dal 1624 al 1636 ed è suddivisa in dodici scene, introdotte da una didascalia per spiegare luogo e tempo degli eventi ed intervallate da canzoni e canzonette. La protagonista è un’anti-eroina, una vivandiera che si sposta da uno stato ad un altro, incurante delle bombe e mossa dall’unico scopo di fare soldi. Ad accompagnarla nel suo “pellegrinaggio di morte” sono i suoi figli – Eilif il coraggioso, Schweizerkas l’onesto e Kattrin la muta – creature sfortunate che andranno incontro alla morte proprio a causa della guerra.

 

La Courage è descritta sia dall’autore sia dal regista come una contraddizione in termini della figura di madre: da un lato, come madre, vorrebbe difendere a tutti i costi i propri figli dai soprusi della guerra, dall’altro, come matrigna, lascerà che muoiano uno dopo l’altro perché troppo occupata dal carro ricolmo di merce e di cianfrusaglie, che non appare mai in scena, e dai suoi affari commerciali che la faranno incontrare con vari personaggi tra cui il cuoco, il cappellano e la prostituta Yvette Pottier.
Attraverso il suo personaggio, interpretato impeccabilmente da Maria Paiato tiene testa alle attrici che in precedenza hanno avuto questo ruolo ( Mariangela Melato, Piera Degli Esposti e Lina Volonghi, per citarne alcune), fa propria la scena, rappresentando una donna che non ha nulla di femminile, accecata dalla guerra e dalle sue circostanze sia per istinto di sopravvivenza sia per l’esigenza tutta materialista di difendere i suoi beni ed il carro, e priva di qualsiasi emozione o sentimento che la rendano umana, come ad esempio la disperazione ed il dolore per la perdita dei tre figli. Sul palcoscenico una scenografia essenziale e nera, con sul fondale uno specchio che riflette le figure in maniera distorta e una luce rossa, che a livello iconografico potrebbe rappresentare il narratore. La voce di Maria Paiato registrata legge le didascalie precedenti alle dodici scene, oppure l’occhio giudicante di Dio o ancora il centro di un mirino. Un’unica cassapanca di legno svolge ruoli diversi, per diventare contenitore, sedia oppure tavolo intorno a cui interagiscono i personaggi.

Nella sua regia Paolo Coletta riesce ad indurre l’effetto di straniamento, voluto anche da Brecht, per cui il pubblico partecipa alle vicende dei personaggio, guardandole appunto in maniera straniata, attraverso le canzoni di cui ripropone una versione moderna e la scenografia semplice che conferisce maggiore potenza alle parole. Come nella chiusa, in cui mette in bocca all’attrice le parole dette all’inizio dal brigadiere nel ribadire, in forma capovolta, la concezione dell’autore sulla guerra come causa di distruzione e di materialismo esasperato: “La pace crea solo confusione…Non c’è che la guerra per metter ordine”.

Visto al Teatro Metastasio di Prato il 26 ottobre.

 

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