Festival(s) — 03/06/2013 at 20:19

Il Festival delle Colline torinesi compie 18 anni e festeggia la sua maggiore età con le migliori compagnie teatrali

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Il Festival delle Colline Torinesi compie diciotto anni. Un numero di anni quanti sono per l’uomo quando raggiunge la maggiore età, e per questo la diciottesima edizione sarà l’occasione per applaudire nuovamente qualcuno dei grandi artisti che hanno fatto la fortuna del Festival delle Colline Torinesi. L’edizione 2013 da voce ad artisti che analizzano e rappresentano la crisi del mondo occidentale e dei suoi modelli, che denunciano pagine oscure della storia recente, che evocano, oltre ogni revisionismo, memorie scomode anche più antiche, che guardano alla primavera araba, che indagano l’identità dei nuovi italiani, emigrati dai loro paesi del Nord Africa o dell’Est Europa. Coscienza critica e memoria sono tesori degli artisti. Spettacoli che fanno i conti con la giovinezza dei cosiddetti “senza futuro” e con l’idea della morte, una morte individuale o la morte delle speranze. Socìetas Raffaello Sanzio e Teatro delle Albe, ricci/forte, Cuocolo/Bosetti IRAA Theatre, Proxima Rex Tindaro Granata, gli Anagoor, Le Fibre Parallele, Teatrul ACT, Rafael Spregelburd e Maniaci d’Amore, Città di Ebla, Fanny & Alexander, Progetto FMG, Chris Kondek & Christiane Kühl, i Motus, Diphtong Cie , sono in protagonisti di questa edizione nutrita di prime nazionali, progetti speciali. Il Festival delle Colline Torinesi è diretto da Sergio Ariotti e Isabella Lagattola, instancabili promotori di un teatro che sia terreno di incontro e discussione come impegno civile su temi che sono alla base della società attuale. Un festival tra i più qualificati e importanti non solo a livello nazionale che guarda con un occhio di riguardo anche cosa accade all’estero.

Martedì 4 e mercoledì 5 giugno alle 21 il Festival propone in prima nazionale al Teatro Gobetti in prima nazionale Invidiatemi come io ho invidiato voi di e con Tindaro Granata, con Mariangela  Granelli. Un crudele fatto di cronaca diventa un dramma didattico, volto a dimostrare come, nei rapporti sociali anche più normali, si possa occultare la devianza. Scrive Tindaro Granata di aver scritto la drammaturgia perché “quando sono sul tram o in metropolitana,  ascolto la gente. Per la strada,  guardo la gente. A volte, guardando e ascoltando attentamente, mi rivedo in ciò che guardo, e sento almeno 32 parole che utilizzerò, o che ho utilizzato, quel giorno. Mi blocco. Sono come loro! Quest’idea, mi blocca. In questa stasi, sto appeso tristemente ad un filo. Sgocciolo che siamo gente sola, che abbiamo lottato troppo, troppo per noi stessi e troppo poco per gli altri, uccidendo una parte di noi; quella che sta tra la valvola tricuspide e la valvola aortica. Stiamo morendo per far vivere i nostri desideri e non ci rendiamo conto come sia bello vivere per far vivere i desideri degli altri…

Dal 1 al 21 giugno sono di scena con il nuovo lavoro Cuocolo/Bosetti IRAA Theatre con Rooms for error. Tre studi dal racconto Voglia di dormire di Anton Cechov. Sulla falsariga di un racconto di Cechov una proposta teatrale che, in una casa (l’abitazione in cui vivono a Vercelli) mescola realtà e finzione, con la protagonista sempre in bilico tra l’essere personaggio e l’essere persona. Un’esplorazione dei percorsi creativi del teatro: dalla lettura del testo all’interpretazione, fino alla rappresentazione. Sempre lasciando aperta la possibilità di errore, di aporia. In bilico, come è caratteristica della loro proposta teatrale, tra realtà e finzione, con l’attore che diventa personaggio e torna ad essere persona. Il pubblico, immerso nell’azione, deve reinventarsi ad ogni momento una modalità di fruizione.

La compagnia Motus per la sua produzione 2013, Nella tempesta (animalepolitico project), il cui copione nasce da confronti cercati e testimonianze intercettate, da frammenti narrativi, saggistici, teatrali, da materiali i più svariati. “Cosa succederà adesso?” è la domanda che concludeva il precedente spettacolo della compagnia, Alexis. Basilare, nel nuovo, l’idea che per l’uomo contemporaneo le scelte politiche determinino o determineranno profondamente la stessa esistenza. Proprio oggi, in cui sembra più facile immaginare un mondo vicino alla catastrofe che un mondo migliore. Lo spettacolo Nella tempesta, che non manca di rimandi all’universo shakespeariano, a Prospero, Calibano, Miranda, sarà presentato in prima mondiale al Festival TransAmérique di Montréal e in prima europea al Festival delle Colline Torinesi.

A Rosa Luxemburg è dedicato lo spettacolo della Socìetas Raffaello Sanzio e del Teatro delle Albe di Ravenna che insieme propongono Poco lontano da qui, con Ermanna Montanari e Chiara Guidi. Un lavoro che cita le lettere della Luxemburg, in particolare quella che scrisse dal carcere a un’amica, raccontando lo smarrimento e il dolore di un bufalo picchiato dal guardiano. “Sanguinava, guardava davanti a sé – scrisse – e aveva nel viso nero, negli occhi scuri e mansueti, un’espressione simile a quella di un bambino che abbia pianto a lungo. Era davvero l’espressione di un bambino che è stato punito duramente e non sa per cosa né perché, non sa come sottrarsi al tormento e alla violenza bruta”. Una sorta di metafora della malvagità che regna nel mondo, dell’ottusità della violenza, della banalità del male, per dirlo con l’espressione usata da un’altra grande donna: Hannah Arendt.

Ancora con la brutalità del potere, seppure con un approccio più estetico che politico, si confrontano Licia Lanera e Riccardo Spagnulo delle Fibre Parallele nel loro nuovo spettacolo Lo splendore dei supplizi, coprodotto dal Festival delle Colline Torinesi e presentato in prima nazionale, dopo il successo riscosso al festival Primavera dei Teatri di Castrovillari (in anteprima nazionale). Gli autori/interpretano riflettono sui macabri trionfi del potere quando è succube della violenza, alla sua orribile vocazione per la tortura fisica e psicologica. Non si debbono chiamare in causa solo i crimini – ci raccontano – ma anche i giudizi sulle anomalie, le infermità, le pulsioni. Troppo spesso siamo conniventi con il boia, viviamo ignari sotto lo stesso tetto del condannato, scendiamo a facili compromessi. Lo spettacolo è diviso in quattro micro storie: La Coppia, Il Giocatore, La Badante e Il Vegano.

Il festival propone nel suo ricco programma anche lo spettacolo di Città di Ebla, The dead, che rimanda all’ultimo racconto di The Dubliners di James Joyce in cui è massima la presa di coscienza della propria morte interiore. Diretto da Claudio Angelini e interpretato da Valentina Bravetti, lo spettacolo riflette sullo scarto tra mondi contigui, tra la vita e le modalità di rappresentarla. Nel caso specifico si palesa la relazione tra un’attrice e le fotografie di lei, scattatele e mostrate al pubblico. Un gioco di rimandi, neppure troppo realistico, che esprime in modo molto interessante questa divaricazione tra l’essere e ciò che dell’essere si può immaginare o sognare.

Riflessioni sulla guerra e sui drammi che ogni guerra invariabilmente procura, sugli antagonismi che scatena, li propone Ferocemadreguerra, novità della compagnia FMG e Cap10100 presentata in prima nazionale, che a partire da Stabat Mater Furiosa di J.P. Siméon sviluppa un percorso sulla ferocia del vivere e sull’Arte come antidoto e “polvere da sparo”. Nella scrittura a più mani degli attori/autori è evidente la complicità, tra gli altri, di Sarah Kane, Elsa Morante, Artaud, Testori, Jan Fabre, Javier Marías.

Il direttore artistico Sergio Ariotti nel descrivere la scelta di questa edizione si dice convinto che “sono temi, come si vede, relativi alle coercizioni del potere, di contestazione dei suoi metodi, di studio delle dinamiche sociali che ritroviamo anche negli spettacoli già citati di Motus, Fanny & Alexander, ricci/forte, Fibre Parallele, a dimostrazione di come il teatro italiano di ricerca (ma può esistere un teatro senza ricerca?) stia progredendo non solo nei linguaggi espressivi ma soprattutto nella consapevolezza della propria responsabilità culturale e politica. L’attenzione ossessiva e meritoria per la tutela della memoria – di tale consapevolezza – è un indizio importante. Sempre meno giustificato è, nelle stagioni ufficiali, sottovalutare questo impegno, questo rinnovamento, queste realtà artistiche, favorendo un teatro spesso incapace di slanci”.

Il programma completo è pubblicato su www.festivaldellecolline.it

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