Culture — 22/10/2016 at 20:52

Insegne imperiali,Palazzo Massimo – Roma

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ROMA – A due passi dalla Stazione Termini, in uno dei (tanti) musei di Roma da non perdere, e che merita più di una visita, sono esposti gli oggetti di uno straordinario rinvenimento archeologico: i segni del potere di un imperatore romano, rinvenuti nel 2005 in uno scavo condotto sulle pendici del Palatino tra il Colosseo e la Via Sacra. Al piano interrato di Palazzo Massimo, nel caveau dove sono custoditi tesori inestimabili (la collezione numismatica, gioielli e pietre preziose, i bicchieri di Vicarello, la mummia e il corredo della fanciulla di Grottarossa), si entra nella sala in penombra con una certa reverenza, arrivando a pochi centimetri dagli oggetti più preziosi di un imperatore, i simboli del suo status, della sua autorità e sovranità. Il fatto, poi, che per il contesto e gli accuratissimi studi eseguiti* i reperti siano datati non oltre gli inizi del IV secolo d.C. e collegati con tutta probabilità all’imperatore Massenzio, può costituire la testimonianza materiale di una storica sconfitta e di un crudele destino personale.

 La Battaglia di Costantino contro Massenzio - Scuola di Raffaello (Sala di Costantino, Stanze Vaticane)
Battaglia di Costantino contro Massenzio – Scuola di Raffaello ( Stanze Vaticane): Wikipedia

Condotto dall’Università “La Sapienza”, lo scavo ha casualmente intercettato in uno degli ambienti semipogei dell’area in cui è stata riconosciuta la Curia Veteres una buca il cui contenuto non ha alcun confronto, almeno nel mondo classico, ma che ha raffronti figurati nella glittica, sulla monetazione, in avori tardo-antichi (missoria e dittici) e in alcune pitture. Allineati accuratamente, in due strati sovrapposti, scettri, lance da parata e stendardi costituiscono certamente parte del corredo da parata e da cerimonia di un imperatore. Unico a poter corrispondere agli elementi emersi dallo studio stratigrafico, dalle datazioni del C14, e da altri elementi è Massenzio, l’ultimo imperatore che risiede stabilmente a Roma, proprio sul Palatino, coinvolto in una complessa lotta dinastica e di investiture che si conclude con la battaglia di Ponte Milvio il 28 ottobre 312. Sconfitto da Costantino Massenzio quel giorno viene decapitato, il suo corpo gettato nel Tevere, la testa portata in parata il giorno successivo, e la sua persona colpita da damnatio memoriae, onta della dimenticanza e dell’annullamento per traditore che non merita l’onore delle armi e che non avrà né funerali né sepoltura.

Gli oggetti ancora in situ in corso di scavo
Gli oggetti ancora in situ in corso di scavo

L’ipotesi, dunque, che proprio in occasione della sconfitta e della morte dell’imperatore uno dei suoi fedeli seguaci abbia seppellito le sue insegne imperiali non è affatto fantasiosa. Nella fossa un contenitore organico, di cuoio, proteggeva gli oggetti avvolti nelle stoffe preziose degli stendardi; sono rimaste tracce di tessuto di seta, lino e forse di altre fibre, completamente mineralizzate a contatto degli elementi metallici, e pigmenti di lacca purpurea. Al di fuori della fossa, in giacitura secondaria, una punta, in totale, dunque, i reperti sono undici: quattro punte di lancia da parata (tre a sei lame in ferro e oricalco (lega di rame e zinco simile all’ottone e del colore dell’oro) e una a punta semplice in ferro, tutte identificabili come hastae/scettro, quattro punte di portastendardo (due in ferro e oricalco e due in ferro, con sistema di aggancio differenziato per vessilli di forma quadrata o triangolare), e tre scettri. Le punte hanno caratteristiche simili, e questo consente di ipotizzare un’esecuzione nella stessa bottega; il ferro è tenero, e questo, insieme alla mancanza dell’elemento di fissaggio dell’asta esclude un uso bellico, inoltre la presenza di oricalco, lega utilizzata per battere moneta, suggerisce la committenza imperiale e l’esecuzione sotto diretto controllo statale. Nessuna punta è stata deposta con l’asta di legno corrispondente, elemento ingombrante che avrebbe di certo reso più complesse le operazioni del seppellimento.

Scettro di oricalco, ferro e rame, con impugnatura in legno intarsiata in foglia d’oro
Scettro di oricalco, ferro e rame, con sfera in vetro verde

Due sfere di 7,5 centimetri di diametro, in vetro dorato, sono pertinenti a un lungo scettro ligneo, probabilmente composto di segmenti di misura variabile, un secondo scettro di oricalco, ferro e rame, con impugnatura in legno intarsiata in foglia d’oro alloggia una sfera di vetro verde scuro in un fiore a otto petali, del terzo scettro, di forma presumibilmente conica, rimane solo il globo in calcedonio azzurro proveniente dall’India, del diametro di dieci centimetri, il cui foro passante indica la presenza di un apice in materiale prezioso. Probabilmente d’oro,  un’aquila piuttosto che la figura di una Vittoria.

Un pretoriano fedele potrebbe aver nascosto le lance da parata e i labari che hanno circondato l’imperatore in occasioni pubbliche, e gli scettri impugnati dalla sua mano, mettendo al riparo i segni esteriori della sua regalità, il suo onore, la sintesi dei valori militari e religiosi che incarnava, trattenendo con tutta probabilità gli oggetti più smerciabili e preziosi come l’apice della sfera in calcedonio.

medaglione-aureo-Massenzio con Roma detiene i segni del potere imperiale
Medaglione aureo Massenzio con Roma detiene i segni del potere imperiale

Tutto questo è visibile oggi, oltre la lastra del climabox. Nella vetrina in penombra respira la Storia, attraverso oggetti che dovevano restare inviolabili e intangibili, che non dovevano cadere nelle mani dell’avversario vittorioso, che non potevano essere trasmessi a un successore perché appartenuti a un usurpatore.

Museo nazionale romano, Palazzo Massimo alle Terme, Largo Villa Peretti, Roma

 

Telefono:  06 39967700, aperto martedì/domenica dalle 9 alle 19.45, lunedì chiuso

* Panella C., Ferrandes A. F., Pardini G., Ricci M., Le insegne imperiali del Palatino, in “Scienze dell’Antichità. Storia archeologia antropologia”, 12 (2004-2005), Roma, 2006, pp. 665-710

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