Teatrorecensione — 19/09/2013 at 16:16

Fiaba chirurgica per una “Preghiera”

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In un clima di congelata programmazione teatrale, in Sicilia, il Teatro Garibaldi Aperto di Palermo ingentilisce il malcontento finanziario dell’Isola e crea un respiro, nel claustrofobico stallo settembrino, con “Preghiera – Un atto Osceno” di e con Margherita Ortolani per la regia di Giuseppe Isgrò. Il coraggioso progetto nasce dal gruppo teatrale Phoebe Zeitgeist con la collaborazione del Teatro Garibaldi Aperto.

Nello spettacolo si potrebbe dire confluiscano deliri psicotici linguistici e i dispositivi d’amplificazione e registrazione cari a Leo De Berardinis e quindi a Carmelo Bene, c’è forse un riferimento a quel noto Don Chisciotte che li vide collaborare, tessendo avanguardie? Oppure si potrebbe pensare alla bestia circense dell’Amleto di Timi, per la rievocazione della gabbia in cui la generosa e ottima Ortolani si allena, angioletto in tensione attoriale, guerriera sulla scena, che ci ricorda quanto teatro e boxe siano affratellati da una stessa vertigine? Sono tante le occorrenze che sfuggono e altrettante quelle che vengono in mente durante la visione di uno spettacolo ricchissimo di tensione corporea, introdotto dal battito elettronico, in sequenza, di un cuore, simulato dalla dualità venosa dei due attori sulla scena che poi esploderà nella sposa azzurra – sembianza forse del sangue bluastro che si colloca nell’atrio destro e che si dirige ai polmoni – sarà per questa impossibilità di corretta circolazione che la protagonista dice di essere muta? E il suo alter ego- infermiera- suora- occhialuto dottorino alla Freud – Vito Bartucca perché dice di essere cieco?

Bartucca con grande maestria reca un tono fiabesco e surreale alla piéce, con le sue maschere di pelle create con il volto, sormontato semplicemente da un paio di lenti e mortifica il suo corpo in bretelle nere spesse legate a un pantaloncino; ma è impossibilitato a camminare sulle sensuali scarpe rosse dai tacchi alti alti che la sua partner di scena invece indossa con grazia, come i guanti pop fetish che richiamano il look di Madonna nell’ultima apparizione ai suoi fans romani. Ma sono i giochini chirurgici che evocano l’impossibilità alla comunicazione, al godimento se non iterato da rapporti con plastica verdognola, o a dita animate da pallette/testoline a recare un senso corporeo inquietante e tagliente, come il rumore d’ossa e legno del manichino/Martina.

Il gioco a campana e la definizione di spazi geometricamente esatti rievoca la mouse trap di Fassbinder, regista caro a Isgrò, mentre il filo del microfono usato come guinzaglio riecheggia contesti rap e la Cerimonia di Lorenzo Gleijeses. L’inevitabile introspezione di dettami cari a una formazione sensoriale, simulata, frammentata è degna del più violento postmodernismo, eppure reca speranza, come quella che si rivela agli astanti, ponendo la violenza in posizione incipitaria e poi mutandola in sacro sposalizio: una Preghiera? Sempre caro il tema del suicidio/omicidio degno di ogni dramma che intenda celebrare Shakespeare, in questo caso viene assunto da una novella Ophelia che ricorda i numeri di storiche stragi: “L’assedio di Leningrado provocò la morte di 2.500.000 uomini, la battaglia di Stalingrado 1.015.000 perdite, a Verdun durante la prima guerra mondiale morirono quasi 600.000 soldati, a Berlino tra il 16 Aprile ed il 2 Maggio del 1945 caddero 380.000 uomini tra sovietici e tedeschi. Moltiplicavo la singola unità per paia d’occhi, piedi, mani, aggiungevo le scarpe, i guanti, le giacche, i cappelli, il numero dei capotti, i genitori, i figli, le mogli, l’eventualità delle amanti, portavo il conto fino all’inverosimile, proprio per rendere la moltitudine nessuno.”

Visto il 15 settembre al Teatro Garibaldi Aperto di Palermo.

 

PREGHIERA. Un atto osceno.

di Margherita Ortolani

Regia : Giuseppe Isgrò

Dramaturg: Francesca Marianna Consonni

Con: Margherita Ortolani, Vito Bartucca

Voci registrate: Elena Russo Arman, Julio Lope, Tito Lombardo

Suono: Giovanni Isgrò

Scene: Igor Scalisi Palminteri

Costumi: Vito Bartucca

Luci: Giuseppe Isgrò

Assistente alla regia: Piero Consentino

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