Recensioni — 30/01/2023 at 11:49

L’isola che c’è

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RUMOR(S)CENA – GENOVA – Ne La Tempesta di William Shakespeare il palcoscenico è l’isola su cui è destinata ad approdare la realtà, e la forza che, volente o nolente, lì la condurrà è appunto la tempesta della drammaturgica immaginazione. Siano sogni o desideri, sentimenti di amore o di vendetta, invidie o mimetici girardiani rispecchiamenti, qualunque siano le forme in cui si presentano o meglio con cui si rap-presentano, ciò che in quel luogo estetico approda è la sincerità possibile che assume e con cui  è assunta l’esistenza quando è umanamente intesa, cioè percepita e trasfigurata.

foto di Alessandro Serra

Infatti se siamo fatti della stessa sostanza dei sogni non è perché siamo fuggevoli immagini di noi ma in quanto nella sostanza del teatro precipitiamo il mistero che nascondiamo incapaci di percepirlo nella vita; non imitazione od ombra o riflesso della vita, in teatro, ci suggerisce Prospero/Shakespeare, la vita la vediamo come altrove ci è impossibile vederla, impossibile anche a causa di quel dolore da cui la scena ci fa schermo. Ultima delle grandi creazioni shakespeariane, e in questo sorta di suo legato drammaturgico, è una creazione complessa, esito forse di una riflessione dal drammaturgo vissuta sempre nelle profondità del narrare scenico e che ora si mostra sul confine di un prossimo approdo esistenziale aprendosi anche al metafisico. Una scrittura che sembra, restando in metafora, trascinare in scena con lo scafo centrale della narrazione anche relitti secondari portati da una corrente incontrollata e felicemente incontrollabile, così che può riguardarsi come un dramma politico di tradimenti, ovvero un dramma psicologico di sentimenti o anche un dramma di oniriche agnizioni.

foto di Alessandro Serra

Esemplare, di questo aspetto anche di concretezza per così dire mondana dell’opera, la figura di Calibano, già secondo alcuni a suo tempo ispirato agli indigeni rivelati dalla nuove esplorazioni europee, ed oggi paradossalmente vicino a riflessioni di grande contemporaneità, che vanno dal razzismo inestirpato al riflettersi di una condizione femminile che nella madre strega trova quasi icastici suggerimenti. È dunque un dramma difficile, uno dei romances meno rappresentato in Italia, non tanto in quanto povero di veri movimenti e sviluppi narrativi, abilmente celati nel quasi rigoroso rispetto delle unità aristoteliche, ma soprattutto perchè ha mille sentieri di accesso e con essi il rischio di cadere in una visione, e con essa una interpretazione, parziale e limitante.

Anche per questa sua oscurità, anzi la definirei una poliedrica luminosità simile ad una lanterna magica teatrale, La Tempesta è stata ed è oggetto di molte attenzioni da parte dell’Accademia, in particolare qui a Genova di una sessione di Medievalia Shakespeariana, annuale evento dell’Università di Genova dedicato al Bardo. Alessandro Serra con questo suo molto fedele adattamento affronta il rischio e, grazie anche ad una regia ricca di sfumature figurative e di fantasia estetica, credo riesca a traguardarlo, mostrandoci le molte vie di accesso dentro una omogenea mappa interpretativa che del sogno, di cui alimenta sintassi e grammatica scenica, ci mostra la concreta e a volte dura realtà, in una osmosi continua tra immaginazione e forza della memoria di cui il cosiddetto lieto fine è solo l’amarissimo calice che vogliamo bere per accettarci ed essere accettati, per riconoscerci ed essere riconosciuti, in una comunità che è come una bolla pronta a scoppiare dentro una natura che ha tutt’altro da fare che di occuparsi dell’umanità.

foto di Alessandro Serra

Uno spettacolo veramente e semplicemente bello, che suggestiona oltre il velo della malinconia di un commiato inevitabile dal palcoscenico mondo e dalla sua contingente e breve magia, sperando sempre in <<una preghiera / che giunga al cuore della Misericordia / liberando ogni mio peccato. Come / cercate grazia per le vostre colpe, / così mi sciolga la vostra indulgenza>>. Infine Ariel, qui più fool impenitente che spirito del cielo, rimane sola e nostalgica di una forza creativa di cui era stata fatta protagonista, sola ad evocare un nuovo ‘padrone’.

All’interno di una scenografia in continuo movimento, povera di macchinerie ma ricca di angolature figurative (bellissima la rappresentazione, con un solo velo mosso dal vento, della tempesta che apre il racconto), si muovono in un efficace ambiente sonoro e musicale i  bravi protagonisti, capaci di trasfigurare il naturalismo quasi maniacale dei costumi, in una suggestione alienante che ne valorizza i toni talora stupefatti e onirici, talora drammatici fino al tragico. Merito ulteriore di questa messa in scena è la scelta di valorizzare la buffoneria dei marinai, portatori di uno spirito della farsa che arricchiva e animava gli spettacoli del teatro elisabettiano, accompagnando quasi per mano gli spettatori, anche quelli distratti, ricordando anche in questo Joseph Conrad, al cuore nascosto e a volte cupo del racconto.

foto di Alessandro Serra

Oltre a questi merita a mio avviso una dedicata segnalazione Marco Sgrosso, un Prospero quasi non partecipe della vita, un Prospero su una soglia sconosciuta che in fondo lo spaventa, ma che nonostante ciò conserva la misura di un disincantato e nostalgico narratore che non dà giudizi.

Al Teatro Ivo Chiesa, ospite del Teatro Nazionale di Genova dal 25 al 29 gennaio. Non una sorpresa, forse, ma un vero successo con molti applausi finali di una sala con tantissimi giovani.

La tempesta di William Shakespeare traduzione, adattamento, regia, scene, luci, suoni, costumi Alessandro Serra, con (in ordine alfabetico) Andrea Castellano, Vincenzo Del Prete, Massimiliano Donato, Salvo Drago, Jared McNeill, Chiara Michelini, Maria Irene Minelli, Valerio Pietrovita, Massimiliano Poli, Marco Sgrosso, Marcello Spinetta, Bruno Stori, maschere Tiziano Fario, collaborazione ai costumi Francesca Novati, consulenza linguistica Donata Feroldi, collaborazione alle luci Stefano Bardelli, collaborazione ai suoni Alessandro Saviozzi, produzione Teatro Stabile di Torino, Teatro di Roma, ERT Emilia-Romagna Teatro, Sardegna Teatro, Festival d’Avignon, MA Scène Nationale – Pays de Montbéliard in collaborazione con Fondazione I Teatri Reggio Emilia, Compagnia Teatropersona

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