Recensioni — 22/05/2025 at 13:04

Il ritorno a casa di Pinter sfocia in una casa chiusa

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RUMOR(S(CENA- ROMA- Gli spettacoli di Massimo Popolizio hanno una cifra inconfondibile che non può prescindere dall’auto-valutazione del regista/attore al momento indicato al numero 1 nelle classifiche di gradimento del teatro italiano. Impossibile cercare un confronto con la versione originale inglese andata in scena nel 1965 e anche con una recente interpretazione di Peter Stein. La sovra eccitazione parossistica domina la scena nei movimenti quasi belluini dei protagonisti. Un teatro quasi animale, di corpo, irrorato nel vivo umore dark di una famiglia proletaria inglese con pochi spiccioli in tasca e molte pulsioni sessuali. Settorializzata come facente parte del “teatro della minaccia” esce dopo mezz’ora dai ranghi di una commedia di genere per farsi conturbante, perversa, morbosa, con un gioco di parole degenere.

Paolo Musio e Massimo Popolizio crediti foto Claudia Pajewski

Un sesso che non si vede ma si intuisce nella sensualità della protagonista che, moglie di uno dei fratelli, torna dall’America con il preciso scopo di portare scompiglio e farsi padrona delle pulsioni degli uomini della famiglia di un modesto e rozzo macellaio (appunto Massimo Popolizio). I maschi pensano di gestirla ma sarà lei a farsi domina della famiglia con la prospettiva di avviare un redditizio commercio del proprio corpo. E’ lei che detta le condizioni, firmate in bianco, dai suoi possibili schiavi sessuali. Il marito abbozza come se fosse complice sin dall’inizio del progetto e della macchinazione. L’eccitazione della scena forse ruba qualcosa alla possibile ambiguità del sottotesto che qui è tutto scoperto, abbondantemente esplicitato dai dialoghi. Un plot che scandalizza oggi come poteva scandalizzare sessanta anni fa.

Massimo Popolizio crediti foto Claudia Pajewski

Pinter affronta ed evidenzia lo scandalo senza giudizi moralistici, lo esagera, come al solito ergendosi a coautore nelle scelte drammaturgiche. Scene essenziali, musiche inglesi degli anni ’60 (si riconoscerà una cover dell’Equipe 84), progressiva esplicita emersione del ruolo della donna che alla fine nella scena finale del film, mentre il macellaio con gesto abitudinario continua spolverare, con l’ausilio di un sottofondo musicale a hoc, si esibisce in un numero da lap dance che è la metafora greve delle conclusione: è pronta a spalancare le gambe per il bene della famiglia oltre che per il suo tornaconto. Finale che può apparire greve e anti-simbolico ma che nella sua rudezza essenziale va a segno. Naturalmente sarebbe spettacolo di punta per il più prestigioso teatro romano se non andasse in scena a fine maggio. L’ensemble ha tutti i numeri per un sostanzioso incasso, visto il ribadito carisma del protagonista, uno che solo al cinema non ce l’ha fatta. Nel cuore della scena la dissoluzione di una famiglia disfunzionale in cui le asimmetrie dei personaggi (una su tutte, la personalità mite del fratello del capo-famiglia) cozzano in un magma che si fa incandescente quando compare in scena  la donna del destino. Covano multe ribellioni mentre si rievoca la mitica figura dell’altra donna di casa prematuramente scomparsa.

crediti foto Claudia Pajewski

Ma anche quel santino svanisce quando si rivela che la moglie del macellaio aveva tradito il consorte. La vittima diventa carnefice esaltando il proprio corpo di fronte a uomini stregati dal suo fascino, incuranti del rispetto per la sua figura, pronti a metterla all’asta, addirittura dettagliando il numero delle volte che dovrà prostituirsi ogni sera. Il sesso è potere e l’oggetto del desiderio diventa soggetto dominante. Così il ritorno a casa è un reinsediamento lasciando il dubbio che la protagonista esercitasse nei bordelli ancora prima di entrare in questo ordine di idee. Il testo contiene “cattiverie” alla Genet. Massimo Popolizio ritiene di essere stato ispirato anche dall’umore nero dei film dei fratelli Coen. Un po’ di umorismo nell’essenza di tragedia non guasta anche se quello che rimane è uno sfacelo.  

Christian La Rosa Massimo Popolizio Alberto Onofrietti crediti foto Claudia Pajewski

RITORNO A CASA di Harold Pinter, con Massimo Popolizio, Christian La Rosa, Gaja Masciale, Paolo Musio, Alberto Onofrietti, Eros Pascale, regia di Massimo Popolizio, aiuto regia Mario Scandale, direttore di scena Marco Parlà, coreografie di Simona Nocco, suono Alessandro Saviozzi, scene Maurizio Balò, costumi Gianluca Sbicca. Produzione compagnia Orsini

Visto al teatro Argentina di Roma il 20 maggio 2025

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