Teatro, Teatro recensione — 17/04/2025 at 09:35

Una Compagnia di teatro che cerca di sbarcare il lunario in una brillante rivisitazione dell’Impresario delle Smirne di Goldoni

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RUMOR(S)CENA-ROMA-  Divertissement tratto da Il Teatro Comico di Carlo Goldoni. Se non si leggono le note di scena si può anche pensare che non sia Goldoni ma un De Filippo immediatamente dopo essersi sganciato dalla compagnia di Scarpetta. Non c’è infatti sentore di antico nella rivisitazione della difficile temperie di una compagnia che cerca di sbarcare il lunario e in cui le ambizioni dei componenti sono inversamente proporzionali alla disponibilità economica. Li tiene tutti sulla corda l’impresario che, conscio del loro disagio, della loro vanità, dall’alto di un perfetto esercizio di manipolazione, escogita un complicato sistema per ridurne le pretese e avvicinare allo zero la loro paga.

Il marchingegno è puro pretesto teatrale per mettere in luce conflitti e malizie del palcoscenico. Dunque c’è la spietata rivalità tra le tre donne della compagnia: la più brava, la più anziana e la più giovane. Tutte ampiamente caratterizzate. C’è il cantante quasi voce bianca reduce da autentici disastri nelle ultime esibizioni; un cicisbeo che deve il proprio ruolo solo per essere l’amante dell’attrice brava. Un suggeritore che va ben al di là dei propri compiti canonici e che scrive testi raffazzonati. Sua particolarità esprimersi oralmente con la punteggiatura che ritiene sommamente decisiva C’è infine, il factotum che tutto risolve, ammanicato con il suo principale scopo sopravvivenza.

Francesca Bianco e Gigi Savoia

In definitiva di talento ce n’è poco e più che un’arte si rappresenta un artigianato teatrale fatto di buona volontà e in cerca di una problematica salvezza esistenziale. Attori perplessi e sull’orlo di un fallimento.  Come si può leggere ci sono tutti gli elementi per uno sviluppo incisivo e pirotecnico della vicenda. Che si apre con la virtuale presentazione degli interpreti. Una passerella salomonica prima del ritiro nei rispettivi camerini. Il ritrovato vampiresco del plot è l’invenzione di un imprenditore turco che finanzierebbe la compagnia per uno spettacolo in patria. Sognano tutti l’imbarco per le Smirne, in italiano corrente Smirne (senza articolo), oggi Izmir, al secolo si legge il miraggio di un’esotica Turchia.

I provini sono l’occasione per un travestimento e per l’uso di una inventata e grottesca lingua turca con lo sciorinamento degli ovvi luoghi comuni in materia. Alla fine, tra contrasti, proteste e salamelecchi, tutti abboccano. Il finto turco li ricusa perché gli attori sono tutti pettegoli, intriganti, boriosi, litigiosi e con altissime pretese di denaro. Di fronte allo scacco tornano tutti a più miti pretese. Si accontenteranno di una paga di 30 lire cadauno per tornare sotto l’ombrello dell’impresario furbacchione che ai loro occhi, dopo la messinscena, apparirà addirittura generoso. Il sogno della Turchia sfuma ma il futuro sembrerebbe assicurato. Perlomeno fino al prossimo stato di crisi. La compagnia è salva e forse pure il teatro che ha sempre bisogno di iniezioni e di ricostituenti economici per andare avanti. In fin dei conti, a distanza di secoli, rispetto al testo, le problematiche non sono troppo cambiate dato che si sprecano le compagnie in giro per l’Italia in caccia di paghe e sopravvivenza.

Susy Sergiacomo Gigi Savoia e Francesca Bianco

Lo scenario goldoniano non ha subito troppe trasmutazioni nel corso dei secoli. Il veneziano ben conosceva costi e modalità delle compagnie, esercitando vari ruoli per veicolare i propri testi.  Dunque si diffonde con cognizione di causa. Di lui ci rimane una nota di regia in cui tra l’altro scrive: “Per rendere utile e piacevole questa Commedia sarebbe bastato mettere in scena un impresario italiano; uno di quelli che lo fanno, come ho detto, per necessità o per vanità, o per impegni, ma per divertirmi un po’, ho immaginato un impresario turco, del tutto ignaro di tutte le circostanze che rendono l’impresa laboriosa e pericolosa”. 

L’Impresario delle Smirne di Carlo Goldoni, con Gigi Savoia e Francesca Bianco, e con Fabrizio Bordignon, Francesca Buttarazzi, Giuseppe Cattani, Alessandro Laprovitera, Paolo Perinelli, Alessandra Santilli, Susy Sergiacomo, Roberto Tesconi. Regia di Carlo Emilio Lerici. Musiche di Francesco Verdinelli. Costumi di Annalisa Di Piero. Scenografia di Marilena Maddonni. Costruzioni scenografiche di Diego e Simona Caccavallo presso Officine Teatro Belli. Produzione Teatro Belli.

Visto al  Teatro Ciak di Roma il 13 aprile 2025

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