RUMOR(S)CENA – ROVERETO – (Trento) – Ha debuttato il 2 settembre al Festival Oriente Occidente a Rovereto la nuova produzione firmata da Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
Molto atteso come ideale controcanto di Femina del 2023, Viro ha avuto un debutto tranquillo, in “casa” si può dire dato che la longeva coppia d’arte della danza italiana ha residenza creativa proprio a Rovereto, dove si è svolta la 44° edizione di Oriente Occidente, diretta, al solito, con mano sapiente da Lanfranco Cis.
Se Femina proponeva un mosaico di sfaccettature, un’esplorazione ironica e minuziosa di gesti, vezzi e tic del mondo femminile, Viro si riprometteva di fare altrettanto con l’altra metà del cielo. Creare su un soggetto a tema può essere un sentiero scivoloso, soprattutto quando c’è un precedente molto riuscito che crea aspettative. Ma il rodato duo vive nel motto “paura non avere” e si lancia volentieri in nuove avventure, senza tener conto di formati o successi passati. Identico è l’approccio astratto, minimalista della coreografia che corre sullo sfondo neutro delle musiche di Death of a Typographer di Byetone. Ma Femina giocava col pop, era colorato, vestitini rosa e parrucchette bionde alla Carrà, per quattro frizzanti fanciulle replicanti se stesse. Viro si contrae a due personaggi (Cristian Cucco e Filippo Porro, “gemelli” sincroni e complementari), abbassa le luci, si ingrigisce come i capelli degli interpreti, che abitano vestiti ambigui con t-shirt bianche con gonne velate sopra i leggings. Un po’ ragazzi e un po’ uomini fatti che non sanno rinunciare all’eterna giovinezza. Un po’ maschi ma con una spruzzata di femminino. Liquidi. Come appare l’identità del maschio contemporaneo.
I primi venti minuti della coreografia sono interlocutori, fatti di fremiti di un loop nebuloso e quasi indeciso sulla direzione da prendere. Poi l’occhio smagato di chi – Bertoni alla coreografia e Abbondanza alla regia – ha più di trent’anni di carriera alle spalle, prende il via e sfodera un repertorio scelto di richiami, profilando quel microcosmo gestuale che ci è familiare. Dalle rodomontate fra Capuleti e Montecchi, ai gorilla alfa che si battono il petto. E immancabile, l’allusione al totem in mezzo alle gambe che è l’eterno faro di riferimento del maschile e il ritornello della coreografia declinato in vari modi.
Finale a sorpresa, il vero colpo di coda di Viro, che prende una piega ironica dopo la cupezza quasi malinconica del pezzo. Si presentano in coppia cromosomica, il signor X e il signor Y, in un dialogo beckettiano dove in controluce si leggono remoti bisticci di coppia. Come se il maschio – il “moderno centauro ferito” definito così da Abbondanza – fosse Eco e Narciso insieme. Se le “femine” erano amazzoni prigioniere di corazze stereotipate, i “viri” galleggiano nella loro inerzia, balbettano un idioma incerto della sua identità presente. A qualsiasi tentativo di descrizione, sanno solo rispondere: chi, io?
Visto al Festival Oriente Occidente di Rovereto il 2 settembre 2024