RUMOR(S)CENA- ROMA- L’uso reiterato del biopic al cinema ha mietuto proseliti anche a teatro. Con un’overdose di medaglioni monografici sui personaggi più in voga del mondo dello spettacolo. Il rischio era in agguato riportando sulla scena in vita Domenico Modugno, virtuale padre del rinnovamento della canzone italiana con l’indimenticata Volare alias Nel Blu Dipinto di blu. Ma alla prima del Teatro Manzoni che inaugurava la nuova stagione del teatro capitolino la prova è stata decisamente superata grazie a una serie di magistrali accortezze. Citeremo per primo il magistrale uso della chitarrista del virtuoso Giandomenico Anellino. Il suo strumento fa orchestra e non è solo un riempitivo da unire a basi registrate. Tra l’altro il chitarrista partecipa attivamente ai cambiamenti di scena e spende la partecipazione al testo con qualche battuta che cuce le situazioni.

Ma il compito più impegnativo era sulle spalle del navigato Pietro Longhi, inveterato direttore artistico della struttura romana, chiamato a una difficile prova di canto nel ripercorrere le note del cantante pugliese. La bravura drammaturgica di Melania Giglio è stata quella di aprire il momento musicale con l’intonazione di Longhi per poi proseguire sul fondale di scena con Emilio Lumastro che oltre a interpretare il figlio del primattore mette a disposizione una voce possente e personale. La sinergia con il regista Daniele Salvo, abituato a ben diverso repertorio, ha decisamente funzionato. Così lo spettacolo respira una grande leggerezza nonostante rappresenti il dramma umano degli ultimi anni di vita di Modugno,semi-paralizzato nel buen retiro di Lampedusa, amorevolmente curato da Franca Gandolfi, la compagna di sempre che, pure, gli perdona, reiterati tradimenti.

C’è fedele filologia nel descrivere l’uomo ormai solo parzialmente attivo che trova nuova linfa vitale nel rapporto fecondo con il Partito Radicale, rivendica il merito di aver fatto chiudere una struttura manicomiale. Il dialogo con Pannella è un tratto scapigliato, condito al telefono da qualche improperio, simpaticamente poco protocollare. Sono ore siciliane che colmano un gran vuoto con la pratica del nuoto e il recupero del rapporto col figlio Massimo Modugno a cui lascia in eredità una canzone a due voci. Nello svolgimento dei 70 minuti di spettacolo fanno da sostegno video molto omogenei che sono altrettante didascalie dei testi delle canzoni e della vita di Modugno che, a inizio, carriera, come si sa, si fingeva siciliano rinnegando la pugliesità anche grazie a fonie abbastanza simili dei due dialetti. Ovvio dire che il florilegio delle canzone ascoltate tocca tutto il repertorio più intenso di Modugno.

Da Tu si na cosa grande, presentata al Festival di Napoli, alle meditabonde Lu piscespada e Amara terra mia, fino alle hit di Meraviglioso, La lontananza Ciao ciao bambina, L’uomo in Frack mentre ci viene giustamente risparmiata Piange il telefono. Un percorso di memoria rigoroso per il cantautore scomparso nel 1994 il cui impegno civile in finale di vita rappresenta un pezzo importante di una personalità complessa. Trenta anni dopo Modugno si lasciò alle spalle quaranta anni di carriera, sessanta milioni di dischi venduti, una platea di ammiratori immensa e anche un considerevole palcoscenico internazionale. Se anche i Negramaro riprendono i suoi pezzi vuol dire che quella modernità che inoculò sul tessuto della vecchia canzone italiana, partendo dalla stupefacente partecipazione al Festival di Sanremo, è un siero ancora attivo e quanto mai vitale.
MERAVIGLIOSO in volo tra le note di Domenico Modugno, drammaturgia di Melania Giglio, regia di Daniele Salvo, con Pietro Longhi, Marta Nuti, Emilio Lumastro e alla chitarra Giandomenico Anellino. Prodotto da Marioletta Bideri per Bis 3000.
Visto al teatro Manzoni di Roma il 2 ottobre 2025




