Recensioni — 01/11/2016 at 23:59

L’estate dei festival: un teatro che chiede conferme e suscita dubbi

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PRIMAVERA DEI TEATRI – Scena Verticale (Castrovillari)

Come prima meta Castrovillari: il Festival Primavera dei Teatri in una città della Calabria, celebre per aver catalizzato, negli anni, un interessante focus sul teatro contemporaneo, riuscendo ad esprimere nelle sue edizioni passate un significativo apporto alla ricerca artistica. Dell’edizione 2016, Rumor(s)cena ha già pubblicato alcuni degli spettacoli visti ma vale la pena soffermarsi, in particolare, sullo spettacolo di Dario De Luca: “Il Vangelo secondo Antonio” dedicato ad un argomento di medicina e scienza che affronta il grave e sempre più frequente problema sanitario e sociale delle demenze. La scelta di affrontare una patologia come l’Alzheimer non è nato a caso: lo si evince dalla lettura della presentazione dove si ringraziano le collaborazioni ricevute, da Amalia Bruni direttore del Centro regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme, Michele Farina autore della pubblicazione “Quando andiamo a casa?” (edito da Rizzoli), Francesca Frangipane per il libro “La vita dimenticata” (edito da Rubettino), e l’Associazione per la ricerca Neurogenetica di Lamezia Terme, oltre a Sandra Dalia e Maria Irene Finco.

Il vangelo secondo Antonio Scena Verticale Foto Angelo Maggio
Il vangelo secondo Antonio Scena Verticale Foto Angelo Maggio

Sono almeno 650 mila i malati di Alzheimer in Italia : la forma più riscontrata del progressivo decadimento delle funzioni cognitive che determina l’incapacità di vivere acquisendo nuove informazioni. Viene meno la memoria recente, si perde la capacità di eseguire le più elementari azioni. Il malato subisce anche la perdita della memoria semantica e fa fatica a trovare le parole per farsi capire, seguendo un eloquio normale in un discorso. La scienza medica e la ricerca hanno stabilito che la causa è la formazione in eccesso della proteina beta-amiloide nel cervello umano. Fin qui la spiegazione che riguarda la malattia in senso stretto.

Dice bene Dario De Luca (autore della drammaturgia, regista e interprete della produzione di Scena Verticale e Primavera dei Teatri), quando afferma che: «In Italia il tabù della demenza è ancora un macigno, un qualcosa che si nasconde dietro giri di parole. A più di 100 anni dalla scoperta del morbo (termine improprio e desueto, ndr) si fa fatica ad abituarsi all’idea che tanto non c’è cura, che tanto non ci sono vere e proprie terapie». Può il teatro rappresentare una tale sofferenza che colpisce nel mondo milioni di persone? Può come ogni altro argomento che sia di interesse pubblico e possa contribuire a far conoscere meglio temi etici, morali, e perché no, anche scientifici. L’evoluzione drammaturgica ai nostri giorni può rivendicare di diritto un ruolo primario, a patto, come si diceva poc’anzi, di rispettare il teatro stesso come incubatore di idee e non solo spazio per collocarci di tutto. Se l’Alzheimer è una malattia complessa quanto è l’organo colpito: il cervello, anche allestire uno spettacolo che lo riguarda deve avere riguardo per non rischiare di scadere nel grottesco o assomigliare a qualcosa di parodistico. Fatto salvo il diritto di rappresentare un argomento così delicato, anche con la leggerezza e la giusta dose di ironia , “Il Vangelo Secondo Antonio” denotava a tratti uno stile da commedia con accenni quasi burleschi, specie nelle scene dove il protagonista (un prete affetto di Alzheimer), si trasforma in una sorta di “burattino” a cui la malattia lo ha privato della capacità di intendere e volere;  riducendosi ad imitarne le condizioni, salendo sull’altare per caricarsi sulla schiena il Cristo in croce.  Il prete stesso si fa carico della sofferenza per rivendicare e testimoniare, quanto sia invalidante la patologia, e da qui iniziare ad esaltare una sorta di misticismo terreno, tra il conscio e l’inconscio.

Il vangelo secondo Antonio Scena Verticale foto Angelo Maggio
Il vangelo secondo Antonio Scena Verticale foto Angelo Maggio

Un uomo di fede capace di contrastare anche le gerarchie ecclesiastiche per difendere e aiutare i profughi sbarcati via mare, una volta ammalatosi, diventa lui stesso bisognoso di cure e di sostegno, comprensione umana e spirituale. Tutto questo viene caricato in eccesso, enfatizzato, reso caricaturale, se visto come ritratto della persona, a cui la malattia ha tolto la sua integrità e autonomia. Una scelta, dove lo spostamento drammaturgico e registico, costringe l’attore a calcare troppo su registri che ottengono un effetto straniante, producendo ilarità a volte quasi esilarante, dove i comportamenti del “malato” assumono una valenza troppo dissimili per essere corrispondenti (resta sempre una trasposizione teatrale e non para-scientifica),  in grado di esprimere sulla scena quelle che sono le reali difficoltà di autonomia della persona affetta da Alzheimer.

Visto il 3 giugno al Festival Primavera dei Teatri di Castrovillari (Cosenza)

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