Recensioni — 26/05/2016 at 08:10

Un “Amante” impertinente ed eretico…

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BARCELONA – Nell’architettura della drammaturgia di Harold Pinter da sempre “L’amante” affascina attori e incuriosisce spettatori. Appassiona la severa ironia dell’autore inglese, e preoccupa la necessaria rigorosa architettura fatta di rapide costruzioni in successione, di allusioni bugiarde in un universo borghese che sembra non poter fare a meno delle proprie menzogne esibite come verità certe e necessarie risposte alle seduzioni dei sensi.Dal 1962 ad oggi le innumerevoli messe in scena del suo “The lover” ha offerto a volte la sorpresa di possibili invenzioni, più spesso una fedeltà timorosa per chi si è provato a ricostruire le ipotetiche regole del percorso pinteriano. Così come scanditi al metronomo, vanno in scena gli incontri di un uomo ed una donna in intimità reciproche e racconti d’infedeltà possibili. Brevi frammenti in successione che raffreddano le temperature e tentano il gioco di un erotismo proibito e impertinente. Ma si può sfuggire alla rigidità del meccanismo proposto da Pinter? Fondendo fantasia e temperatura italocatalane ci si prova Guido Torlonia al Teatre Akadémia di Barcelona, mettendo in scena con qualche personale piacere d’eretica ironia “L’amant”, nella traduzione in catalano di Jordi Malé Pegueroles. Il regista non  sembra volersi sottrarre al gusto impertinente del sorriso possibile e inconsueto. E lo si capisce immediatamente entrando in sala, ed osservando la scenografia “iper” per design e colore di Ricard Prat i Coll. Fin dall’ambientazione infatti è immediatamente chiaro che il disegno originale sarà contraddetto con disinvolta ironia. Usciti fuori dalla rigida architettura di porte e divani, lo spazio diverte solo a vederlo e così il gioco di menzogne e svelamenti affidato ad Alícia Gonzáles Laá, Pep Planas e Javier López non risparmia sorprese e patinate invenzioni per sensuali percorsi. L’allusione così si fa esplicita. Il sorriso non è più eccezione. Il “self control” lascia spazio al sospetto di un baldanzoso gioco di convenzioni, parole che si ripetono e gesti che s’inseguono a raccontare giornate proibite vissute come normali momenti segreti. Meno elegante certo e più fisicamente possibile. Meno allusivo e più esplicito. Qualcosa si perde forse. Vince il sorriso e il pubblico ne sembra lietamente sorpreso.

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Visto al Teatre Akadémia di Barcelona il 2 maggio  2016

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