Cinema — 25/01/2016 at 10:47

Revenant, il redivivo Leonardo Di Caprio

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Revenant è una storia che ne raccoglie tante altre, che parlano di amore e di vendetta, di sopravvivenza e di morte. Il film diretto da Alejandro Gonzales Iñarritu è tratto dal romanzo “The revenant: a novel of revenge” pubblicato nel 2002 da Michael Punke e racconta la storia vera di Hugh Glass, cacciatore di pellicce che prende parte ad una spedizione nel Nord Dakota lungo il fiume Missouri nel 1822. Le terre saccheggiate di animali e di pelli sono abitate da tribù di Indiani Arikara, che attaccano l’accampamento dei militari americani uccidendo a sangue e saccheggiando ciò che era di loro proprietà. Glass riesce a salvarsi insieme al figlio Hawk che ha avuto da una donna indiana morta durante una rappresaglia. Insieme al resto del gruppo cercano un rifugio, è qui che Glass viene ferito mortalmente da un grizzly per cui gli altri compagni si convincono che gli restino pochi giorni di vita. La spedizione si divide, il capitano Andrew Henry si dirige verso il forte, mentre John Fitzgerald e Jim Bridger si offrono come volontari per vegliare Glass fino alla sua morte. Fitzgerald approfitta del momento per uccidere Hawk e per abbandonare Glass al suo destino, solo e senza armi. La fine di Glass è soltanto il suo inizio: il protagonista non si arrende ed affronta una serie infinita di prove che lo porteranno a sopravvivere e ad affermare la sua sete di vendetta.

La fotografia di Lubezki

Da un punto di vista narrativo il film fa resuscitare il protagonista ed il suo interprete, Leonardo Di Caprio. Hugh Glass sopravvive miracolosamente dopo una serie di eventi assurdi che avrebbero fatto morire un qualsiasi comune mortale. Resta in vita dopo l’attacco degli Arikara e del grizzly e nonostante la caduta nelle rapide e dal precipizio insieme al cavallo. Il film quindi può essere interpretato come una storia di formazione sulla falsa riga di Into the wild: le prove servono al protagonista per raggiungere la maturità e la consapevolezza di se stesso. All’inizio Glass è un animale in mezzo a tanti altri animali: nella prima parte del film Di Caprio non parla quasi mai, ringhia, sbava, si trascina a terra, mangia altri animali completamente sventrati. L’omicidio del figlio, l’unica persona per la quale valeva la pena vivere, è la prima vera prova per la sopravvivenza. Il film ha anche il merito di avere dato a Leonardo Di Caprio, già premiato con il Golden Globe e candidato all’Oscar come miglior attore protagonista, un personaggio diverso rispetto a quelli interpretati finora, dallo psicopatico di molti film di Martin Scorsese come The aviator e Shutter Island allo snob pieno di soldi e di donne in film come Il grande Gatsby e The wolf of Wall Street. Forse il personaggio di Glass potrebbe essere la cartina di tornasole nella carriera cinematografica di Di Caprio e l’unico finora meritevole dell’Oscar.

Leonardo Di Caprio

La regia non tradisce lo stile di Iñarritu, nitido e caratterizzato da lunghi piani sequenza. Dopo Birdman (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza), che era stato girato in un teatro tra retro e palcoscenico con un unico piano sequenza il regista messicano ha scelto le lande desolate dell’America del Nord per ambientare il nuovo film. Nelle panoramiche la protagonista è la natura, meravigliosa e ostile, che costituisce il principale banco di prova di Glass per il ritorno al forte. La fotografia affidata a Emmanuel Lubezki ricorda quella di molti film di Terrence Malick, come The new world e The tree of life e si concentra sui colori del tramonto e dell’alba, sui giochi della luce sulla neve e sull’altezza degli alberi.
In Revenant Iñarritu coniuga il fisico al metafisico. La macchina da presa gira intorno al volto di Di Caprio, che comunica attraverso il linguaggio del corpo piuttosto che con quello verbale. Il realismo cinematografico traspare dalle numerose scene di violenza, tutte molto crude, in particolare quella in cui Glass viene aggredito dal grizzly. Come in molti altri film di Iñarritu c’è spazio anche per una religiosità spirituale, che in questo caso diventa anche magica. Sono molti i momenti, rievocati attraverso flashback, in cui compare lo spirito della moglie di Glass, che sussurra parole in lingua indigena che si confondono con il vento che penetra attraverso gli alberi. Il film contrappone inoltre a Glass la figura di John Fitzgerald, interpretato da Tom Hardy candidato all’Oscar per miglior attore non protagonista. John Fitzgerald è un uomo crudele senza patria e senza Dio, disposto a tutto – anche ad uccidere – per denaro. Glass invece sarebbe morto non fosse stato tenuto in vita dalla sete di vendetta. Il suo percorso è una crescita personale, una tempesta che non riesce a sradicare un albero dalle forti radici. La vendetta appagata nel finale gli fa capire che l’uomo non può niente contro il destino e questo non può restituirgli niente di ciò che amava.

Glass e il figlio

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