Editoriale, Pensieri critici — 23/02/2015 at 01:00

Luca Ronconi: un uomo, un regista, un artista. Una vita per il Teatro.

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RUBIERA (Reggio Emilia) – La notizia arriva in teatro sabato 21 febbraio, a pochi minuti dall’andata in scena di Angeli e Demoni al Teatro Herberia dove la Compagnia Teatro dei Venti recitava insieme agli attori detenuti dei Carceri di Castelfranco Emilia e Modena, diretti da Stefano Tè che lo ricorda di averlo conosciuto come suo docente all’Accademia di Roma. In pochi minuti si diffonde tra artisti, pubblico e critici presenti la voce: “È deceduto Luca Ronconi”. Nulla di più poteva creare un senso di spaesamento in un teatro come la triste e ferale notizia. Inizia il tam tam mediatico sui social network e al telefono, tra gli addetti ai lavori c’è stupore e incredulità. Ognuno dei presenti chiama colleghi e amici per saperne di più. Il regista si congeda dalla vita e dalla scena a 81 anni (ne avrebbe compiuto 82 l’otto marzo prossimo) , minato da una polmonite debilitante e reso sempre più fragile dalla dialisi a cui si sottoponeva da otto anni. Eppure, nonostante la salute precaria, Ronconi non si era sottratto al suo lavoro, e l’ultima sua regia del Lehman trilogy di Stefano Massini, la si può considerare come il testamento artistico e un lascito al teatro che d’ora in poi patirà un vuoto incolmabile.

Il dopo spettacolo è il momento dei ricordi e ospiti della Corte Ospitale di Rubiera dove ci si confronta e ci si scambia le prime impressioni. Tra gli artisti in residenza c’è anche Danio Manfredini, il quale ha raccontato come Luca Ronconi amasse trascorrere il suo tempo “libero”, quando non provava in quella che era la sua “casa teatrale” per antonomasia, il Piccolo Teatro di Milano, nei laboratori di scenotecnica di Settimo Milanese, assistendo e conversando con gli scenografi, i tecnici e i macchinisti, intenti a costruire le scene dei suoi futuri spettacoli. Un uomo che ha vissuto interamente per il teatro. Un regista che Oliviero Ponte di Pino definisce come quello che è stato capace di reinventare lo spazio, il tempo, la scena, la recitazione e lo stesso modo di fare teatro. Nonostante i pareri contrari e assolutistici di molti: un vero genio secondo il parere di molti, le sue regie considerate noiose per altri.

Pareri discordanti e opposti che meriterebbero più attenzione per  analizzare con più profondità e forse anche maggiore umiltà, il lavoro immane di una vita intera del regista, che ha firmato nel corso della sua lunga carriera qualcosa come cento spettacoli, tra cui Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus nel 1990, allestito al Lingotto di Torino della durata di tre ore. Le Baccanti con Marisa Fabbri a Prato nel 1978, spettacolo talmente perfetto da segnare una linea di confine tra il vecchi e il nuovo modo di pensare il teatro. Nella sua storiografia c’è un’altra edizione a Vienna dal titolo Die Backen e un’altra al Teatro Greco di Siracusa nel 2002, una trilogia realizzata insieme al Prometeo incatenato e Rane, messi in scena prima in Sicilia e poi al Piccolo Teatro di Milano. L‘Orlando Furioso dell’Ariosto firmato con Edoardo Sanguineti, avrà anche un seguito con una edizione televisiva. Il 2014 è l’anno di Celestina laggiù vicino alla conceria in riva al fiume, Danza Macabra, un’edizione dell’Armida. Nel 2012 riceve il Leone d’Oro alla Carriera. Ma citare i titoli della sua sterminata produzione di regista teatrale e lirico (le sue regie al Teatro alla Scala sono un’antologia a parte del suo concepire la scena operistica), non ha molto senso e si rischia di fare un elenco infinito e francamente inutile. Senza però dimenticare i ruoli di direttore degli Stabili di Torino e Roma, l’esperienza al Metastasio e al Fabbricone di Prato, la Biennale di Venezia, quattro lauree honoris causa.

Vale la pena ricordare la sua indole di uomo schivo e per nulla presenzialista, concentrato sull’idea di portare il teatro fuori dal suo luogo convenzionale, trasferirlo e rappresentarlo con l’intento di ricrearlo in spazi come le fabbriche, i magazzini della Scala alla Bovisa, nelle università, le sue lezioni accademiche, i laboratori nel suo buon ritiro a Santa Cristina in Toscana. Infaticabile sempre come artista, lontano dai riflettori un uomo che preferiva non apparire mai come una celebrità. A Ronconi interessava rappresentare ciò che per molti era impossibile. Era il teatro a renderlo vivo.

Le iniziative del Piccolo Teatro di Milano 

<<Nel pieno rispetto della sensibilità e della volontà espressa dal Maestro, le esequie di Luca Ronconi avranno luogo, martedì 24 febbraio, in forma privata nella Parrocchia di Civitella Benazzone, vicino a Perugia, luogo in cui sono già sepolte le persone a lui particolarmente care. Dal 22 febbraio  dalle ore 15, nei foyer delle tre sale del Piccolo Teatro – Strehler, Grassi e Studio Melato  il pubblico potrà affidare un pensiero alle pagine di un libro aperto al ricordo e all’affetto di tutti.

Alle 16, prima dell’inizio della recita di Lehman Trilogy al Teatro Grassi, gli attori e i tecnici della compagnia renderanno omaggio al regista, con cui hanno lavorato alla realizzazione del suo ultimo spettacolo, in scena fino al 15 marzo.
Domenica 8 marzo, giorno in cui avrebbe compiuto 82 anni, Ronconi verrà ricordato con una intera giornata di proiezioni dedicate ai grandi spettacoli che hanno segnato la storia del teatro italiano e internazionale e ad alcuni video-documenti sul suo lavoro alla Scuola del Piccolo Teatro e al Centro Teatrale Santa Cristina. Tra questi, i ritratti girati da Jacopo Quadri, da Ariella Beddini e uno speciale di  Felice Cappa. Le proiezioni saranno su grande schermo al Teatro Grassi, alle ore 20, e diffuse nei monitor del Chiostro di via Rovello e delle altre sale, nell’arco della giornata. Lunedì 9 marzo, sempre al Teatro Grassi, alle ore 20, gli artisti che gli sono stati più vicini porteranno una personale testimonianza del lavoro con Luca Ronconi; accanto a loro, gli allievi della Scuola del Piccolo e del Centro Teatrale Santa Cristina. Da oggi, la Scuola del Piccolo si chiamerà “Scuola di Teatro Luca Ronconi”, a segnare il rapporto profondissimo e per lui vitale con la formazione di giovani artisti>>.

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