Teatro, Teatrorecensione — 18/04/2014 at 09:03

Una Garbo algida che non anima la memoria

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FIRENZE – GG. Come Giorgio Gaber. Invece è Greta Garbo che, certamente, nell’immaginario collettivo, non può essere paragonata a Marilyn Monroe, della quale è arrivato l’odore di “A qualcuno piace caldo” come di Happy birthday Mister President, dei suoi amori illustri, Kennedy, Miller, Joe Di Maggio, del suo vestitino bianco svolazzante. La Garbo non è Marilyn, quella stessa diva, per eccellenza, che Alessia Innocenti, qui impegnata nei panni della svedese, interpretò portando le parole di Chiara Guarducci nelle stanze degli alberghi raccontandoci, dall’interno, l’ultima ora di vita della bionda per antonomasia prima del suicidio, vero o presunto.

Innocenti

Due storie diverse: a trentasei anni Marilyn si toglie la vita dopo averla dissipata generosamente in ogni sua azione, alla stessa età la Garbo si ritira a vita privata, toglie severa la sua faccia dallo star system, si nega austera, dura in primis con se stessa. Alberto Severi, del quale apprezziamo più la vena brillante dove meglio riesce, con dialettica fina e fiume in piena, ad esaltare le sue qualità rispetto all’introspezione cupa, immagina “Garbo parla” come un dialogo in un grande magazzino (dove la futura diva lavorava prima di essere “scoperta”) con un “uomo in frac”. Escamotage che non riesce pienamente perché rallenta ulteriormente la costruzione, inciampando nelle sabbie mobili di questa figura visionaria che niente aggiunge alla solidità del racconto.

Se Greta mente” è, invece, il fortunato e illuminato sottotitolo che risolleva gli animi. Dovrebbe affiorare il fatto che ha preferito sparire come persona facendo sopravvivere il personaggio. Ma rimaniamo troppo concentrati su una recitazione al rallenty, in una lentezza fangosa che impantana, una scansione precisa con parsimonia d’emozioni, senza scarti né cadute, monocorde e lineare allo sfinimento. Rimaniamo sospesi tra una autoanalisi esistenzialista ed un vago sentore di nostalgico-malinconico, in un limbo che non ci fa approdare ad alcuna riva, naufraghi tra lo spaccato visionario ed una didascalia finale cronologica, con eventi e date, che in questo contesto-pretesto irreale risulta un’appendice fuori dal coro.

Innocenti 2

La recitazione è quantomai “teatrale” a sottolineare, senza sangue e senza linfa. Mi si dirà: algida come il personaggio. Ma la Innocenti qui rimane troppo concentrata sulla singola parola, sulla superficie del suono elargito, troppo attenta alla dizione, al non-sbaglio, e tutta questa dedizione, applicazione, diligenza nell’incedere e cautela nel procedere la rendono poco naturale e altrettanto sciolta. Si ha la sensazione di qualcosa che non decolli, che non soverchi, non salti, non scaldi, non scardini, non scavalchi, non incida, non evolva, non sorpassi, non galoppi nel ritmo azzoppato, patinato ed ingessato di troppe pause glaciali.

Garbo parla” (Se Greta mente), un monologo per Alessia Innocenti scritto da Alberto Severi. Con e regia di Alessia Innocenti. Visto al Teatro delle Spiagge, Firenze, il 17 aprile 2014.

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