Teatro, Teatrorecensione — 23/07/2012 at 11:58

Nel “Gelo” di quelle stanze si consuma una vita destinata al fallimento. Originale versione di Renata Palminiello del dramma di Cechov

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Regna il “Gelo” in quelle stanze dove vivono  “Tre Sorelle” di cechoviana memoria, libero adattamento di Renata Palminiello che ne cura un’originale versione intitolata Maroš – Gelo. È quello stato d’animo che si prova quando si ha la sensazione di non percepire amore intorno a sé, costretti a vivere in un ambiente desolante e deprivato da dinamiche esistenziali destinati al fallimento. È quello che accade a Olga, Masa e Irina, le tre sorelle di Andrèj Sergèvič Prozorov, costrette a vivere in una casa di campagna.

Sono immerse nella rassegnazione a causa di una speranza di cambiare la loro vita negata dal destino. Inseguono un sogno: “A Mosca, a Mosca”. Subiscono, impotenti, lo sfiorire della loro giovinezza, testimoni di un tempo trascorso che non ritornerà. La regia Renata Palminiello si avvale di un affiatato gruppo di giovani attori diplomatisi alla Scuola di Teatro Galante Garrone di Bologna: Camilla Bonacchi, Costantino Buttitta, Carolina Cangini, Giuliano Comin, Elena De Carolis, Lorenzo De Laugier, Sena Lippi, Agnese Manzini, Francesco Mauri, Giovanna Sammarro, Jacopo Trebbi, Michele Zaccaria.

Tutto si svolge con ritmi serrati e frenetici tra scene interne ed esterne. Un dentro e fuori che vuole rappresentare i sentimenti celati nell’animo di ciascuno, fino alle reazioni, anche le più convulse, manifestate con esplosioni di rabbia e frustrazione. La scena è tutta in una stanza disadorna, un’icona ortodossa, sulle pareti sono appesi dei ritratti in bianco e nero: quello del padre defunto e una crocerossina. C’è una donna seduta avvolta nel suo scialle nero. Non c’è una visione frontale che stia a rappresentare l’azione ma è pensata su diverse prospettive che si intersecano fino a creare più movimenti scenici.

L’attenzione è rivolta su più piani e i dialoghi tra i protagonisti si intrecciano tra di loro. È una delle scelte registiche che danno la misura di come questa versione drammaturgica della penultima opera di Cechov (seguirà il Giardino dei Ciliegi), sia stata analizzata a fondo prima di portarla in scena. Non seguendo la classica impostazione degli eventi ma cercando (con esito felice) di ampliare il raggio d’azione e far vivere allo spettatore una sorta di tridimensionalità della storia, dove tutto scorre frenetico, incessante, proiettato verso il baratro di un’esistenza fallimentare che farà dire a Irina e Olga, sconvolte dalla morte di Tuzenbach Lvovič:”Poterlo sapere, poterlo sapere!“. Sono tre sorelle destinate, ognuno, di loro, ad un ineluttabile destino e accomunate dal desiderio di una vita illusoria che rag-gela qualunque pulsione. Non c’è speranza in quella casa dove tutto scorre frenetico, dove viene chiesto di lasciarsi condurre dall’evolversi degli accadimenti.

L’apatica esistenza viene interrotta da momenti di euforia svaniti come tanti bagliori di luce. L’onomastico di Irina, il matrimonio tra Andrej e Nataša, che sposerà nonostante il parere sfavorevole delle sorelle, una donna che lo tradirà. L’nnamoramento tra Maša e Veršinin Ignàtevič, un ufficiale di carriera, deciso a lasciare l’esercito. Irina subisce il corteggiamento di Solënyj Vasílevič anch’egli militare. Dinamiche che si consumano negli spazi angusti della stanza-agorà (una scelta registica che ben si presta a rappresentare il senso di claustrofobia che aleggia sopra tutti), mentre dall’esterno giungono echi allarmati per un incendio che scuote l’apparente normalità della famiglia. Il fallimento incombe su tutti e vede Andrej perdente quando non verrà nominato professore universitario. La partenza di tutti i militari crea un’ulteriore disorientamento e alla fine Irina deciderà di sposare il barone e tenente Tuzenbach Lvovič, pur non amandolo.

(crediti fotografici di Marco Alama)

Un uomo che perderà la vita in un duello con Solënyj Vasílevič. È un teatro, quello di Renata Palminiello, capace di sviscerare a pieno il pensiero drammaturgico di Cechov, cogliendole l’essenzialità e restituendo all’attore la centralità del suo ruolo: parola/gesto/azione. Maroš – Gelo spiega come sia ancora possibile affrontare i classici senza per questo dover sottostare a meccanismi tipici di un teatro borghese, largamente superato. Il valore aggiunto si coglie nell’essenzialità capace di creare il dinamismo delle scene e nella cura che Renata Palminiello dedica a suoi giovani attori, tra i quali si distinguono per le loro interpretazioni: Camilla Bonacchi (Irina), Giovanna Sammarro ( Maša), Carolina Cangini (Olga) e Jacopo Trebbi nella parte di un inquieto Prozorov.

 

Maroš – Gelo

da Tre sorelle di Anton Cechov

adattamento e regia Renata Palminiello

Produzione Atto Due

Visto al Festival Inequilibrio (Armunia) a Villa Pertusati, Rosignano Marittimo, il 5 luglio 2012

 

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