Teatro, Teatrorecensione — 20/12/2014 at 19:38

“Don Giovanni” di Molière, ovvero il raffinato dissoluto portato in scena da Alessandro Preziosi

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TERAMO – Un personaggio vivo e complesso, elegante e corrotto, intelligente e pericoloso, affascinante e ripugnante, grande e meschino, sfuggevole e perciò di impossibile definizione. Non un seduttore, ma un dissoluto. Questo è il Don Giovanni pensato da Molière e portato in scena da Alessandro Preziosi, in veste sia d’interprete che di regista, in una pièce estremamente curata e raffinata. Colta, ma anche divertente.

ph. Noemi Commendatore
ph. Noemi Commendatore

Personaggio già all’epoca tanto diffuso da essere alla stregua di una maschera (le sue prime apparizioni risalgono ai canovacci della commedia dell’arte), Don Giovanni è diventato uno degli ultimi archetipi dell’Occidente al punto da vantare migliaia di riscritture in tutta Europa (compreso quella di Puskin che, inizialmente prevista nella produzione Khora.teatro-TSA, è stata poi accantonata alla morte di Nikolaj Karpov). Specchio del secolo di Luigi XIV (debuttò il 15 febbraio 1665 – circa 350 anni fa), il “Don Giovanni” di Molière è ritenuto da Preziosi un mito senza tempo, e quindi attuale, al punto che ha ambientato la pièce in maniera quasi atemporale: costumi settecenteschi, scene video-proiettate di arte contemporanea, musiche variegate e un finale da film fantastico-visionario.

Il testo, adattato da Tommaso Mattei (l’originale in versione integrale durerebbe 4 ore, la versione di Preziosi invece arriva a 2 ore e un quarto), è pieno di frecciate dell’autore agli eccessi del tempo. Don Giovanni è affetto da tedio interiore ma ha talmente tanta frenesia vitale che seduce – cioè se-duce – conduce a sé. Sia nei rapporti con le donne, sia in quelli con gli uomini.
Così come per gli scrittori successivi, come Da Ponte, la cui versione per Mozart è un po’ presente nello spettacolo di Preziosi quando all’inizio si assiste ad un tableaux vivant in cui si fa riferimento all’uccisione del Commendatore, che invece in Molière viene velocemente menzionata solo più tardi, come fatto già accaduto da tempo e del quale il nostro anti-eroe non ha timore.

ph. Luigi Baglione
ph. Luigi Baglione

Non mancano i vizi e i vezzi sociali descritti da Molière: il discorso in media res di Sganarello a Gusman (Roberto Manzi) sul tabacco, simbolo dell’imborghesimento dell’epoca, la descrizione di Pierino (Daniele Paoloni) a Carlotta (Barbara Giordano) degli abiti del nobiluomo salvato in mare, a seguire la scena dedicata alla medicina quando Sganarello travestitosi da medico racconta a Don Giovanni di aver dato cure a dei malati e che si ricollega alla filosofia cartesiana imperante all’epoca basata sul dubbio.
Il testo è infarcito di discorsi di filosofia dati in pasto alla commedia dell’arte. Tra il serio della prima ed il dissacramento della seconda, il servo ne parla con Don Giovanni come nel genere antico dei “dialoghi”, e poiché sono affidati al servo, un personaggio che ha bisogno di essere “interrotto” mentre parla, Molière ne approfitta per mostrare i meccanismi della comicità. Preziosi riserva per sé il ruolo del titolo ed affida a Nando Paone quello di Sganarello creando un‘interessante coppia comica in una pièce costruita su un climax crescente di tensione drammatica.

Le scene e i personaggi sono calibrati non solo sul testo di Molière (che ha tanto di commedia dell’arte come di tragedia) quanto anche sulla regia voluta da Preziosi che oltre a contemplare il tableaux iniziale ispirato a Da Ponte-Mozart e la commedia dell’arte, attraverso la commedia di cappa e spada si trasforma nel realismo degli incontri con i creditori (sebbene rimanga qualche accenno ai lazzi precedenti, come quando Don Giovanni pretende di curare l’ascesso del servo che in realtà sta solo mangiando) e nel fantasioso-visionario finale soprannaturale che porta il dissoluto in video al posto della statua pietrificata e poi nelle fiamme dell’Inferno.
Accade così anche che il Don Giovanni, ipocrita non ancora confesso, ma già attore, dia vita, come mimo, al malato di cui Sganarello racconta l’esito della cura e, molto più ancora alla toccante scena sul finale, quando Preziosi invece di avere in scena don Luigi, vuole che sia Don Giovanni a dire le battute del padre come se le stesse raccontando a qualcuno o ricordando, mentre nell’arco di destra un anziano curvo è in atto di esprimere i suoi rimbrotti. Sul palco non c’è neanche la statua del Commendatore, ma il regista la mette invece in video, grande e stilizzata come fosse un totem primordiale, ed al quale presta la voce Alessandro Maggi (che è anche supervisore alla regia della pièce).

Se non si assiste alla seduzione delle donne altolocate ed Elvira (Lucrezia Guidone) appare solo all’inizio per rincorrere l’uomo che l’ha strappata dal convento e alla fine per dirgli che sta per tornarci, si assiste, invece a quella della contadina Carlotta che fa presupporre lo stesso trattamento per l’amica già conquistata Maturina (Daniela Vitale), dal litigio delle quali il dissoluto deve districarsi. Il testo di Molière va quindi al contrario degli altri. Prima c’è l’inseguimento da parte di Elvira, poi le scene di seduzione di Don Giovanni. Compresa quella sul finale quando si accorge di provare ancora amore per Elvira, sebbene non in virtù del vincolo matrimoniale che i fratelli di lei (Roberto Manzi e Matteo Guma) vogliono che mantenga, ma per quel suo rifiutarsi che la rende di nuovo una preda conquistabile al pari delle altre. Ed è qui che la morte del dissoluto, che avviene nel mausoleo, pare iniziare: con il rinnovato amore per Elvira che non riesce a portare a termine perché lei glielo nega. E’ la fine del se-duttore.

ph. Luigi Baglione
ph. Luigi Baglione

L’ipocrisia a cui Don Giovanni nel finale dice di volersi votare è un travestimento dell’animo. Ma nel testo ci sono anche travestimenti veri: da medico per Sganarello. Riguardo i vestiti e le somiglianze, non si può non notare, nella complessità e raffinatezza dell’allestimento, che sul finale il dissoluto seduttore e il servo moralista sono vestiti uguali. Come una sorta di alter ego. Ed infatti, poco dopo anche Sganarello troverà modo, come il suo padrone, di cacciar via il Signor Domenica (Roberto Manzi) a cui entrambi dovevano dei soldi. I ricchi costumi sono di Marta Crisolini Malatesta.
Sempre parlando di immagini a “specchio”, questo sembra presente nell’interessante inizio della pièce, quando, mentre Sganarello parla con Gusman, da uno degli archi video-proiettati, pare uscire lo stesso Don Giovanni che entrerà in scena di lì a qualche secondo dalla quinta vicina. Quindi l’anima di Don Giovanni pare aleggiare ovunque.

ph. Zeppilli
ph. Zeppilli

Se i luoghi, un palazzo, in riva al mare, una foresta, l’appartamento di Don Giovanni e la campagna alle porte della città, per tradizione ci sono tutti nell’intento scenico, quello che cambia è il modo. La scenografia virtuale ideata da Fabien Iliou rimanda a Escher, ma anche a De Chirico, Dalì ed a tutta quell’arte primo-novecentesca metafisica-surrealista in cui si afferma l’inafferrabilità e inconoscibilità di ciò che appare, meditando su aspetti strani, illogici ed inimmaginabili, tra passato e presente, su un qualcosa che va al di là della realtà. L’immagine non è fissata, ma in progress, dalle prospettive visionarie, tridimensionali e a tratti in movimento e fumosa. E soprattutto video-proiettata. Stilizzate e irreali, le immagini colorate dell’inizio, sono poi architetture in bianco e nero nella seconda parte, romaniche quando si entra nel mausoleo del Commendatore, neoclassiche in casa di Don Giovanni. L’effetto è espressionista.
Tutto è racchiuso in un’enorme cornice dorata che percorre l’arco di proscenio come in un quadro d’epoca. O, a volte, come dentro un carillon nel quale i personaggi si muovono tra le musiche, a cura di Andrea Farri, che vanno dal rock inziale ai ticchetti sulla confessione di ipocrisia finale del dissoluto. Non sarà un caso che all’inizio della pièce Sganarello dica a Gusman “Che quadro! E questo non è che un semplice schizzo del personaggio”.

A completare la godibilità dell’allestimento, oltre i movimenti scenici, ci sono entrate ed uscite di scena dal sapore di coupe-de-théâtre attraverso le porte ad arco sul fondo tanto evidenti nelle proiezioni video della scenografia da sembrare finte. Visionarietà imperante, quindi, abbinata a commedia dell’arte, in uno spettacolo fatto anche di ironia e che si inserisce a chiusura di un ideale studio sul ‘600 in forma di trilogia drammatica condotto da Preziosi, iniziato con “Amleto” e proseguito con “Cyrano de Bergerac”.

 

Visto il 17 dicembre 2014 al Teatro Comunale (stagione Riccitelli) di Teramo.


“Don Giovanni”
di Molière
traduzione e adattamento Tommaso Mattei
produzione Khora.teatro e TSA Teatro Stabile d’Abruzzo
regia Alessandro Preziosi
supervisione artistica Alessandro Maggi
con: Alessandro Preziosi, Nando Paone, Lucrezia Guidone, Barbara Giordano, Roberto Manzi, Daniele Paoloni, Daniela Vitale, Matteo Guma
voce off: Alessandro Maggi
scene Fabien Iliou
costumi Marta Crisolini Malatesta
musiche Andrea Farri
luci Valerio Tiberi

Prossime repliche: Trieste (Politeama Rossetti, 14-18 gennaio 2015), Napoli (Teatro Diana, 21 gennaio-01 febbraio), Milano (Teatro Nuovo, 6-15 febbraio), Imola (Teatro Ebe Stignani, 17-22 febbraio), Bergamo (Teatro Donizetti, 24 febbraio-01 marzo), Gorizia (Teatro Verdi, 03 marzo), Lonigo (Teatro Giuseppe Verdi, 04 marzo), Legnago (Teatro Salieri, 05 marzo), Figline Valdarno (Teatro Garibaldi, 06-08 marzo), Verona (Teatro Nuovo, 10-15 marzo), Portogruaro (Teatro Luigi Russolo, 18 marzo), Reggio Emilia (Teatro Romolo Valli, 20-22 marzo), Udine (Teatro Nuovo Giovanni Da Udine, 24-26 marzo), Pordenone (Teatro Verdi, 27-29 marzo), L’Aquila (Auditorium Guardia di Finanza, 31 marzo).

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