Teatro, Teatrorecensione — 16/06/2015 at 13:15

Polvere di Saverio La Ruina, un uomo e una donna

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CASTROVILLARI (Cs) – La visione del mondo attraverso la semiotica teatrale. Personaggi-persone, dramma-fatto, realtà e finzione sovrapposte. Così sembra… quando il teatro è fatto ad arte. Quando la pratica di decenni ti cuce addosso la pelle fatta per la scena. Quando il livello di finzione raggiunge vette da far apparire l’autentico.

Polvere rappresenta un altro tassello del lavoro di Scena Verticale a indagine dell’humus sociale, umano, politico, culturale. Non strettamente territoriale, in questo caso, proseguendo una linea poetica che da qualche anno caratterizza le scelte artistiche proiettate su scala vasta (vedi gli ultimi lavori di Dario De Luca e il monologo Italianesi). Un segno portante, dello spettacolo, ne caratterizza la metafora: un feticcio non immediatamente intellegibile, oggettivo, che traccia strade di comprensione: la scena si muove in un interno, di casa, attorno un tavolo. Luogo di (ri)unione, luogo di convivio, dove si consumano carni e libagioni, si proiettano cannibalismi, devianze, fragilità, domini. Il tavolo, una bottiglia sopra, delle sedute (un paio) rappresentano tutta una dimora, un luogo, uno spazio. Un dipinto campeggia sovrastando, cenno esteriore, di distacco, di dimensione sdoppiata: dal micro al macro, dall’intimo all’universale, da una storia (non) comune a una storia di tutti. Perché una coppia che emana cattivi odori – di putrido, cadaverici – non è certo cosa rara. Né lo sono gli esercizi di potere all’interno, l’effetto domino, vittima e carnefice, ruoli, spazi, parti. Già…le parti: un gioco di parti come nel teatro, ognuno a stabilirsi una posizione, un’identità o subirla. Ma raro è il mostrare in scena delle sembianze appartenenti a ognuno – l’universalità del teatro – sebbene tenute accuratamente nascoste. La scena che smaschera. Che diventa pruriginosa perché ci scandaglia, ci sgama, ci denuda sul palco.

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foto di Angelo Maggio

La forza drammaturgica e di approdo in platea di Polvere è questa più di altre: provocare. Nel senso di suscitare, coinvolgere, causare reazioni. Sì, l’intensità emotiva non è quella cui Saverio La Ruina ci ha abituato con i suoi spettacoli. Diversi il tratto, la tematica, il recitato. Qualcuno ha detto che la resa ne risente quando l’attore calabrese non è monologante, ingiusto: un artista degno di questo nome è un artista in qualsiasi veste e in qualsiasi prova. La Ruina ha addosso la pelle fatta per la scena. Semmai si può appuntare sulla fruibilità, sulla costruzione di scene a volte stantie, le reiterazioni eccessive (scelta però per imprimere il senso di prurito prima accennato), la mancanza di cambi di registro. E sottolineare l’impatto sul pubblico dello spettacolo. L’approdo verticale mediante la formale orizzontalità della scena. Gli attori comunicano in linguaggio d’uso, sebbene borghese e teatralizzato, dialogano in modo serrato, lasciano lo spettatore terzo. Un taglio raccapricciante, un tono di epicità su un drammatico e così ‘naturale’ quotidiano.

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foto di Angelo Maggio

Lui e lei e la prepotenza, la gelosia ossessiva, il possesso, la violenza psicologica, morale, fisica di lui (in fondo fragilità e insicurezza). E di lei l’amore che fa battere il cuore indifferentemente ai modi, alle sopraffazioni, sentimento che la fa vittima e amante del carnefice. Ma l’ennesima apparente denuncia al violare il femminile sottende in realtà un doppio fondo: le fragilità psicologiche dell’umano e le aberrazioni insite nella stessa natura. Uno sguardo sulla scena osservazione di archetipi, di prototipi. Uno sguardo su noi. La donna è consapevole ma incapace di reagire, predestinata e preda, l’uomo, un uomo come tanti, come tutti, come ognuno nascosto dal segreto delle proprie mura.

E la vita appare sul palco. Appare e scompare al buio di sala. Si traveste, si trasforma, si lascia guardare, penetra.

Il teatro necessario.

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foto di Angelo Maggio

 Polvere. Dialogo tra uomo e donna.

di Saverio La Ruina

regia Saverio La Ruina

con Saverio La Ruina e Cecilia Foti

musiche originali di Gianfranco De Franco. Contributo alla drammaturgia Jo Lattari. Contributo alla messinscena Dario De Luca. Assistente alla messinscena Federica D’Andrea. Aiuto Regia Cecilia Foti. Disegno luci Dario De Luca. Audio e luci Gennaro Dolce.

Prod. Scena Verticale

 

Visto sabato 30 maggio ’15 in Sala 14, Protoconvento Francescano – Festival Primavera dei Teatri Castrovillari (Cosenza).

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