Festival(s) — 04/06/2015 at 06:08

“Trasparenze” porta il teatro nella città e lo fa vivere

di
Share

MODENA – Un luogo che si anima e diventa centro di aggregazione artistica ma non solo: il Festival Trasparenze di Modena ha la capacità di riunire intorno a sé anche la comunità degli abitanti che vivono nel quartiere che fa capo al Complesso San Giovanni Bosco, in cui far interagire cittadini, artisti, operatori teatrali, le famiglie con i loro figli. La società multiculturale che ci vive è diventata parte integrante di un festival innovativo per la sua formula originale, in grado di far partecipare attivamente anche chi non va a teatro abitualmente. Tra questi l’ideazione di un laboratorio di movimento per gli anziani ospiti della casa di riposo che confina con il Teatro dei Segni, condotto da Marcella Mancini. Il festival si è fatto carico di offrire ad un pubblico più vasto la possibilità di sentirsi partecipi di una vera e propria festa del teatro. Abituati a frequentare rassegne e manifestazioni dove si assiste ad una rappresentazione teatrale offerta per lo più ai soli addetti ai lavori, e ad un ristretto numero di spettatori, Trasparenze ha dimostrato una visione più lungimirante e sociale, grazie al lavoro sul territorio e anche nelle carceri, che il Teatro dei Venti di Stefano Tè e la sua compagnia, svolge con costanza e determinazione da anni. L’edizione 2015 è risultata cosi particolarmente riuscita, non solo per la scelta artistica del programma, bensì per aver creato un contesto di scambio di riflessioni, di dibattiti, riuniti intorno al titolo di Teatro sospeso, un’idea realizzata e curata da Silvia Mei, dove in orari in cui non si svolgono gli spettacoli, si è potuto assistere e partecipare attivamente a confronti tra studiosi, docenti universitari, critici, operatori ed artisti, riuniti insieme per discutere vivacemente. Lo scambio di esperienze come possibilità di conoscenza e di condivisione, tra chi crea e produce il teatro e chi lo analizza, lo studia, lo affronta con il ruolo di decifrarlo.

conferenza

Le testimonianze di Gerardo Guccini coautore del volume “Nobiltà e miseria: presente e futuro delle residenze creative in Italia (insieme a Fabio Biondi, edizioni L’Arboreto) e quella di Cristina Valenti docente universitaria a Bologna, e consulente scientifica del Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna che ha presentato “Quaderni di Teatro e Carcere. Crocevie fra teatro e carcere. Report dall’Emilia Romagna. Teatro 360°: dossier testi”. Un’analisi puntuale sulla condizione del fare teatro in carcere, di cui varrà la pena soffermarsi in una successiva recensione specifica sul tema. Trasparenze opera anche per educare e formare le nuove generazioni, compito arduo se si pensa alla nostra società contemporanea, dove è sempre più difficile fornire gli strumenti adatti ai giovani, causa smarrimento di molte delle regole educative che in passato garantivano il passaggio dall’adolescenza all’adultità con una continuità regolare. L’idea di creare la Konsulta. “Giovane pubblico per il teatro di domani”, è una delle iniziative più efficaci e costruttive del Teatro dei Venti. Un gruppo di giovani tra i 16 e i 25 anni ha contribuito insieme alla direzione artistica del Festival, alla scelta degli spettacoli. Un compito reso ancora più attivo dalla partecipazione alle attività formative ed educative coordinate da Simone Pacini e Salvatore Sofia, con il laboratorio di Social Media Storytelling. Con forme di interazione e utilizzo dei social media, i ragazzi hanno potuto raccontare in diretta le loro esperienze, indagando dietro le quinte del festival, incontrando gli artisti, facendo da portavoce dell’intera struttura organizzativa ed artistica.

trasparenze

Una forma di narrazione in diretta tramite il racconto digitale a stretto contatto anche con la vita del quartiere e dei suoi abitanti. Il valore aggiunto di questa iniziativa è dato proprio dall’importanza di far conoscere una realtà che abitualmente è accessibile a pochi, o comunque, destinata a fruitori abituali, relegando al pubblico solo una partecipazione di semplici spettatori. L’offerta teatrale che si limita di assistere senza essere coinvolti dentro la creazione vera e propria. Trasparenze viceversa ha il pregio di proporre anche una formazione culturale dedicata al teatro, dove farlo significa apprendere i rudimenti del mestiere, oltre al saper recitare s’intende. Teatro Urbano// Progetto Rito è uno di questi: un laboratorio dedicato ad esaminare gli archetipi del Rito. I partecipanti guidati da Sabino Civilleri, Manuela Lo Sicco, Gabriele Di Luca e Massimiliano Setti, Simone Perinelli, Loris Seghizzi (attori professionisti di cinque diverse compagnie) hanno sperimentato un diverso modo di rapportarsi teatralmente nei luoghi urbani, a contatto con le persone chiamate anche “attori inconsapevoli”. Il Teatro quello recitato da attori professionisti aveva da parte sua nomi come Oscar De Summa con il suo “Stasera sono in vena” , titolo inaugurale del festival presentato all’interno della Casa Circondariale Sant’Anna di Modena.

Oscar De Summa Stasera sono in vena (foto di Monica Giusto)
Oscar De Summa Stasera sono in vena (foto di Monica Giusto)

Un’esperienza che esula dal tradizionale ritrovo a teatro dove per tradizione e consuetudine ci si ritrova seduti su comode poltroncine e si attende che il sipario si apra. L’entrata in carcere è regolamentata da una serie di controlli necessari creava una sorta di attesa che si poteva percepire tra il pubblico. Un pubblico mescolato a quello dei detenuti a cui era stato dato il permesso di assistere alla superba prova dell’attore pugliese che racconta una storia di vita vissuta e di sofferenza. Oscar De Summa porta a conoscenza una sorta di autobiografia che spiega essere “un voler tornare indietro nella mia vita”. Anni segnati dal dolore che lui definisce come una “stagione all’inferno”, in cui l’unico modo di alleviarlo è rifugiarsi nella droga, nell’assunzione di sostanze capaci di anestetizzare temporaneamente ogni emozione, ogni reazione che conduca verso il malessere. “Panacea per tutti i mali” la chiama sapendo che quando ci si infila in un tunnel come quello della tossicodipendenza, il ritorno alla luce è difficile. L’artista ha saputo trovare la strada per farlo e il teatro è diventato lo strumento per metabolizzare e superare una condizione esistenziale che l’attore non esita a definire come marginale: «Mi vergognavo e per capire cosa mi era accaduto ho iniziato a studiare cosa accadeva negli ’80 nella sua contemporaneità e nel contesto sociale in cui si radicava il fenomeno della tossicodipendenza.

Oscar De Summa (foto di Monica Giusto)
Oscar De Summa (foto di Monica Giusto)

Ho intervistato molti giovani per capire. Negli anni ’70 la droga era un fenomeno di relazione o di conoscenza, una droga anestetizzante, A partire dagli anni ’90 la droga ha assunto un ruolo più performativo che non fa che incentivare un’idea di edonismo, di esaltazione, di pseudo benessere sentimentale, qual’è la cocaina. “Stasera sono in vena” ripercorre con una sapiente ironia amara la sua vita passata, da adolescente in Puglia. Racconta la genesi della Sacra Corona Unita, organizzazione criminale che si radicherà sul territorio ben presto, intuendo le potenzialità di investire sulla droga. La sua è un’interpretazione che sdrammatizza una realtà ben più grave, cosciente però di far arrivare al cuore delle persone tutto il portato esistenziale, umano, dolente e sofferente di chi ci è passato. Affabile nel suo dialogare a più voci, suscita la risata e stempera la tensione che poteva suscitare tra un pubblico non solo di semplici spettatori, bensì persone in condizione di reclusione per aver commesso dei reati. Accompagnato da una colonna sonora composta da brani di David Bowie, Nick Cave, dei Pink Floyd, Jeff Buckley, Oscar De Summa regala forti emozioni al pubblico. L’omaggio dei detenuti per un giorno a contatto con una “libertà diversa” arriva alla fine con un battimani in piedi, tutti protesi verso questo attore che ha saputo raccontarsi e raccontare un’Italia di cui, purtroppo, non ci si può vantare. La casa circondariale di Modena ha ospitato anche Roberto Kirtan Romagnoli con il suo “Ulisse – indagine su un uomo al di sospira di ogni sospetto, per la regia di Loris Seghizzi. Un viaggio tumultuoso, frenetico, affabulatorio, sul mito inossidabile di un uomo in cui ci si identifica ancora. Una recitazione volutamente spinta in avanti con un eloquio incessante e accattivante.

Sacchi di sabbia Sandokan
Sacchi di sabbia Sandokan

Un teatro apparentemente più leggero è quello del gruppo dei Sacchi di Sabbia protagonisti di Sandokan. Tutta la saga e le gesta del pirata malese intorno ad un tavolo dove volano ogni tipo di ortaggi, carote che diventano soldatini, gambi di sedano creano le foreste, volano pomodori spiaccicati rossi sangue, le patate sono bombe. E’ un tripudio di azioni vegetali che raccontano attraverso la voce, la mimica, la divertente allegoria dei bravissimi interpreti (Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Illiano, Giulia Solano) quello che accade nell’opera di Emilio Salgari, dando valore all’immaginazione (cosi come fece l’autore non avendo mai visitato i luoghi in cui ambientò la storia) di favoleggiare mondi lontani, esotici e per questo capaci di stupirci. Spettacolo intelligente, creato con la semplicità arguta che contraddistingue la compagnia pisana, in cui si mescolano le identità tosco-napoletane degli attori.

Una versione virata su registri e codici molto attuali, in cui ci si può immergere e lasciarsi trasportare senza paura di perdersi. Senza paura di divertirsi. Sempre dalla Toscana un altro gruppo come Gli Omini, (Pistoia è la città da cui provengono) hanno saputo catalizzare l’interesse al festival, con “La famiglia Campione”. Un’indagine sociologica arguta frutto di un lungo lavoro di ricerca e di interviste sul territorio. Una disamina che nasce da un sapiente lavoro di raccolta di testimonianze dirette. La drammaturgia che ne consegue è il risultato di un filtro dove convergono storie, racconti, voci, testimonianze. Una residenza che porta ad assimilare la vita di provincia, i suoi protagonisti, uomini e donne che sono l’anima stessa della nazione. Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Giulia Zacchini e Luca Zacchini  raccontano di una famiglia in cui circolano sentimenti contrastanti, spiazzanti, conflittuali. Si detestano e si amano come fanno tutti gli esseri umani Un ritratto spietato di una famiglia italiana qualunque, e quindi “campione”rappresentativa di come un padre, una madre, un ex marito tonto, figli maschi e femmine, nonni più saggi dei loro figli e una giovane donna, che vive nascosta nel bagno di casa, e non si capisce il motivo, se non come scelta autistica di isolarsi da quello che succede fuori dalla porta. Fuori nel mondo che non ha nulla da offrire di così accattivante.

La famiglia Campione - Gli Omini (foto di Dario Garofalo)
La famiglia Campione – Gli Omini (foto di Dario Garofalo)

I personaggi interpretati da attori bravissimi creano dinamiche esistenziali crudeli, ciniche, agite con tutte le armi a disposizioni che l’essere umano ha a disposizione. Un incubatore di follie famigliari dove il pubblico può assistere come se spiasse dal buco della serratura. Dialoghi serrati che sono il risultato di una drammaturgia incalzante e diretta registicamente da risultare un lavoro ben strutturato. Con la comicità amara che si conviene La famiglia Campione racconta di come l’istituzione – famiglia non sia per nulla quel modello di pacifica convivenza idilliaca che ci vogliono propinare, dimenticando che è dentro le mura domestiche che si consumano ogni giorno violenze morali e fisiche di ogni tipo. I protagonisti assumono le vesti di dieci personaggi che a loro volta rappresentano un mondo che ci circonda, di cui spesso ci dimentichiamo di appartenere.

Teatro dei Venti Dimostrazione di lavoro (foto di Chiara Ferrin)
Teatro dei Venti Dimostrazione di lavoro (foto di Chiara Ferrin)

Il Teatro dei Venti ha offerto anche un saggio dal titolo “Dimostrazione di lavoro” che ha inaugurato insieme a “Morte di Zarathustra del Teatro Akropolis di Genova (di cui daremo conto in una recensione  a sé), il nuovo spazio teatrale Čajka – teatro di avanguardia popolare. Stefano Tè ha dato vita ad un’azione performativa incentrata sul rapporto che intercorre tra il corpo in movimento e il suono musicale, gestualità fisica scandita da ritmi sonori. Il ritmo che scandisce i tempi su cui costruire una partitura fisico/vocale. Una dimostrazione pratica di come lavorare con il proprio corpo in realazione ad altre forme di comunicazione espressive, tra cui la musica. Il video messaggio di Eugenio Barba e Julia Varley dell’Odin Teatret, presentato al pubblico rappresenta la reale dimostrazione di affetto e stima che la Compagnia del Teatro dei Venti detiene anche in ambito internazionale e con prestigio. Trasparenze che si estendono verso un orizzonte radioso.

(prosegue)

Visti a Trasparenze festival Teatro dei Segni e altri luoghi della città

7-10 maggio 2015

Share

Comments are closed.