Cinema — 04/03/2016 at 12:33

The danish girl: La palude è dentro di me

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Il ritratto allo specchio

Dopo Il discorso del re (2010) premiato con quattro premi Oscar, tra cui quello per miglior regia, Tom Hooper torna a confrontarsi con il tema dell’io e del riconoscimento di sé. Nel suo ultimo film, The danish girl tratto dal romanzo di David Ebershoff, il protagonista Einar Wegener si confronta con se stesso, si mette a nudo (anche in senso letterale), si perde fino alla disperazione per scoprire che dentro di sé c’è una persona diversa da quella che gli mostra la sua fisicità. Oltre al tema dell’io, c’è quindi una scissione tra corpo e spirito restituita dallo specchio, che fa vedere l’immagine del sé, di quello che siamo veramente e che spesso rifiutiamo perché sentiamo che non ci appartiene. “La palude è dentro di me”, dice infatti Einar di fronte ad uno dei suoi quadri più celebri raffigurante un paesaggio della campagna danese.
Siamo a Copenaghen nel 1926. Einar Wegener (sullo schermo è l’attore Eddie Redmayne),  un pittore paesaggista di successo, sposato con Gerda (Alicia Vikander) che ha conosciuto all’accademia e che lavora come ritrattista senza riscuotere sufficienti riconoscimenti da parte del pubblico. La loro storia d’amore è perfetta nel bilanciamento di personalità opposte. L’equilibrio si altera quando Gerda chiede ad Einar di travestirsi da donna per posare come sua modella: Einar scopre che ciò che lui non è e non può essere fisicamente è ciò che lui sente di essere spiritualmente.

Alicia Vikander interpreta Gerda Wegener
Alicia Vikander interpreta Gerda Wegener

In questa contrapposizione tra essere e non essere torna quindi il tema, caro alla letteratura e all’arte tra XIX e XX secolo, del doppio davanti allo specchio. Einar avverte dentro di sé una natura diversa da quella maschile, sente di essere Lili che viene alla luce dopo il gioco di travestimento. La sua presa di coscienza avviene per fasi graduali, in cui lo specchio gioca un ruolo fondamentale. In una prima scena all’interno di una sartoria teatrale è lo strumento rivelatore della negazione dell’essere e del desiderio di avere il corpo di una donna. La seconda scena di estrema bellezza cinematografica si svolge all’interno di un bordello parigino. In questo caso Einar osserva tramite un vetro i movimenti sensuali e trasgressivi di una prostituta, che tocca e mette in mostra la propria sessualità. La scena è girata in modo tale che si verifichi un processo di transfert: la macchina da presa è puntata sul riflesso del vetro e girata sia dall’interno sia dall’esterno con Einar che si proietta sul corpo della prostituta non per attrazione erotica ma per il piacere di essere come lei. L’ultima scena in cui entra in gioco lo specchio precede l’operazione chirurgica sperimentale necessaria per acquisire definitivamente l’identità di Lili Elbe. In questo caso nel volto riflesso del protagonista che si toglie la parrucca e torna se stesso si coglie tutta la tragicità della storia: il desiderio di essere ciò che la natura gli ha negato e che la scienza gli potrebbe invece permettere.

Eddie Redmayne interpreta Lili Elbe
Eddie Redmayne interpreta Lili Elbe

Da un punto di vista attoriale la prova di Eddie Redmayne conferma il meritato premio Oscar come miglior attore protagonista ottenuto con La teoria del tutto (2014) diretto da James Marsh, in cui l’attore interpretava Stephen Hawking, il fisico costretto sulla sedia a rotelle e autore della teoria dell’origine e della fine dell’universo. Se in quel film Radmayne ha messo in mostra le sue capacità di adattamento, anche fisico, alla parte, in questo il trasformismo è tale che lo si vede molto meglio, per la linea sinuosa del corpo e del volto, nella parte di Lili piuttosto che in quella di Einar. A complemento di una fisicità adatta al ruolo anche la connotazione psicologica del personaggio: Redmayne interpreta la tragedia interiore di Einar con dolore misurato, sottolineando sempre lo sdoppiamento della sua identità.
Non è da meno la sua compagna sullo schermo, Alicia Vikander, premio Oscar come migliore attrice non protagonista per questo film. La stessa crisi esistenziale che vive Einar si riflette (anche in senso metaforico) nella vita di Gerda, che rappresenta la parte forte della coppia. Nel momento in cui il marito non riconosce più se stesso e veste i panni di un’altra persona, anche Gerda non riconosce più se stessa attraverso il marito. La scena di rottura in cui l’interpretazione dell’attrice, che tiene buona parte della scene e conferisce una logica di insieme, è quella in cui di ritorno da un’esposizione delle proprie opere Gerda trova in casa Lili e la supplica di far tornare anche solo per un attimo suo marito. Anche se lo spettatore partecipa al dramma di Einar, finisce a lungo termine per identificarsi con Gerda, che incarna la virtù dell’altruismo, anteponendo il bisogno di essere del marito, fondamentalmente egoista, al proprio di tornare ad avere una vita coniugale. Da questo punto di vista Gerda si fa portavoce di uno stile di vita molto moderno per gli inizi del Novecento. Sia lei sia Einar sono degli artisti, vivono secondo il loro istinto e sono moralmente disinibiti. Prima del matrimonio è Gerda a corteggiare il marito ed è lei a escogitare (e poi a stimolare) i travestimenti da donna.

Gerda e Lili a Parigi

Il suo pensiero libero è il punto di forza con cui Gerda comprende ed accetta la presa di coscienza del marito di essere intimamente una donna, contro l’opinione comune di medici e scienziati che considerano la sua situazione come una forma di schizofrenia da curare in manicomio. Oltre all’interpretazione dei due attori il film guadagna valore anche per merito della stessa regia. C’è molto pudore nella scelta di Hooper: la descrizione dei personaggi viene realizzata con l’utilizzo dei primi piani, e non è casuale che sia il ritratto, la forma espressiva con cui Gerda porta a galla il dramma del marito.
Per molti aspetti la scelta artistica cinematografica di Hooper può essere definita pittorica: fiamminga negli interni danesi, barocca in quelli parigini e impressionista nelle scene di campagna. La scenografia e i costumi contribuiscono ad un tocco di eleganza ai personaggi e agli interni. Coraggiosa è stata inoltre la scelta di una tematica delicata come la transessualità, raccontata in punta di piedi, senza mai strafare, guardando alla trasformazione graduale di Einar in Lili come attraverso lo spioncino di una porta. Lili Elbe è stata il primo transessuale della storia, la sua biografia è stata raccolta nell’opera Man into woman (1933). La volontà di Hooper non è quella di un film di denuncia. La vicenda di Lili viene raccontata con poesia come se si trattasse di un’opera d’arte, lanciando nel finale un messaggio di libertà. La libertà di volare e infine di essere.

Gerda Wegener

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