Teatro, Teatrorecensione — 04/02/2016 at 22:08

“Darling” per raccontare una tragedia greca ancora attuale

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MILANO – Il titolo è “Darling”, il sottotitolo “Ipotesi per un’Orestea”, nello spettacolo onesto e fantasioso di ricci/forte, coprodotto da festival e teatri europei, in scena al Piccolo Studio di Milano dal 2 al 7 febbraio. Il primo si rivela essere solo un’interiezione rivolta, a due terzi della drammaturgia, all’unica figura femminile, affidata ad Anna Gualdo, per esortarla a non alzare il braccio mentre viene spogliata, un’eco della violenza disinvolta di certi film/fiction americane. Più interessante e serio è il secondo, ma ricci/forte si direbbe tendano a mascherare il certo con l’incerto, il forte con il debole, il crudele con il banale. E bisognerebbe capire perché.
L’impianto del lavoro è infatti molto classico: ci sono nel dispiegarsi dell’opera nientemeno che le scansioni della tragedia greca, anche se mimetizzate, a dimostrare la profonda base culturale da cui parte la coppia romana. Un esempio: i vari episodi, non certo narrativi, sono divisi dalla musica di grande coinvolgimento fisico, ballo o danza che sia, come quella dei Led Zeppelin o del musical, che sostituisce il coro di arcaica memoria. Ma sempre di intervento corale si tratta, non in presenza ma registrato, e alla im-potenza dei corpi si sostituisce, o si contrappone, la stra-potenza del suono.
C’è insomma una gabbia strutturale, simboleggiata forse dall’armatura della crinolina indossata all’inizio da una ipotetica funebre Clitennestra, dentro cui si muovono i rimandi alla disperazione (che non è il tragico) di oggi. La vicenda tracciata da Eschilo quasi 2500 anni fa, così com’è va ancora bene: madri che uccidono i padri perché hanno ucciso le figlie e a loro volta sono uccise dai figli maschi, una catena di delitti che viene raccontata in modo esilarante come un B western, ma poi si dispiega in immagini al limite del surreale (valga per tutte la carrettata di bambolotti nudi piantati come germogli) eppure con rimandi concreti alle carneficine non di una famiglia ma della famiglia del mondo.
L’attenzione che ricci/forte dedicano al corpo maschile fa sì che i tre performer, Giuseppe Sartori, Piersten Leirom, Gabriel Da Costa, siano eccezionali: per duttilità di movimenti, di interventi verbali in varie lingue, e ironia.

(immagine di copertina di Andrea Pizzalis)

Visto al Piccolo Teatro Studio di Milano il 2 febbraio 2016

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