Teatro, teatro danza, Teatro recensione — 03/08/2015 at 17:00

L’ironia graffiante di Sol Picó trionfa

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TORINO –  Gran finale a Teatro a Corte con One – Hit Wonders della geniale Sol Picó. Uno spettacolo ironico e irriverente, sagace e poetico, intelligente come la sua ideatrice e performer, in grado di divertire e far riflettere. One – Hit Wonders è una lunga cavalcata nella carriera di una danzatrice, regista, coreografa e performer tra le più interessanti della scena spagnola. Sol Picó ha deciso, a questo punto della sua vita, di fare un bilancio degli oltre vent’anni di brillanti successi, evitando la solita, stantia autobiografia, preconfezionata da qualche ghost writer, per scriverne una danzata.
Sol sale in aereo e il fil rouge del viaggio (reale e metaforico), nel passato e verso il futuro, nell’olimpo della fama e nei cieli solcati dalle rotte turistiche, ci accompagna per un’intera intensa ora – di a solo – tra i più famosi della sua carriera.
Si parte da Bésame el cactus, spettacolo del 2000, che mette in scena le difficoltà e gli ostacoli (letterali e figurati) che deve superare una ballerina agli inizi. Per farlo, Sol è costretta a danzare bendata tra una selva di piante grasse che rischiano, a ogni passo, di trafiggerla con le loro spine. Splendida prova di destrezza, metafora calzante, che va in frantumi quando la protagonista capisce che la danza classica non è la sua strada, sentendo il bisogno di andare oltre il battement tendu o il grand jeté. Da questo momento Sol, tra voli onirici e scambi pungenti di battute con la vicina di posto (immaginaria), affronta problemi sempre più seri che coinvolgono, oltre a lei, qualsiasi artista e persino lo stesso pubblico. Per farlo attinge a una molteplicità di linguaggi, tra i quali spicca la pantomima ma senza ricorrere mai a media altri da quelli propri del teatro: il corpo e la voce, i costumi e i pochi oggetti di scena, le luci, una macchina teatrale ridotta al minimo ma perfettamente funzionale.

Sol Pico4@Rojobarcelona
Sol Pico4@Rojobarcelona

Uno tra i momenti più riusciti e, al contempo, profondi è quando Picó coinvolge tre persone del pubblico perché la aiutino a inscenare il fallimento. Il risultato, una pantomima a dir poco esilarante, è anche un potente mezzo di confronto tra l’artista che, a ogni nuovo spettacolo, deve superare le proprie paure di un eventuale insuccesso, e lo spettatore che, sebbene non debba salire sul palco, prova gli stessi timori nella propria vita di tutti i giorni. Sol Picó contestualizza il suo viale del tramonto con intelligenti stoccate alla società del benessere e ai falsi miti dell’eterna giovinezza: “Tutto cade, anche il pil”. Riuscendo a costruire un confronto serrato tra la propria esperienza di donna e di artista, che non si pone nell’empireo degli idoli, e il mondo che la e ci circonda. In tre lingue (castigliano, catalano e italiano), Sol tocca temi devastanti con estrema autoironia e profondità, dalla crisi economica all’invecchiamento di un corpo che deve essere teso e preciso come un arco per danzare a questi livelli, o per reggere le sfide di un’esistenza sempre più precaria.

Sol Pico3@Rojobarcelona
Sol Pico3@Rojobarcelona

E il finale, quella danza appassionata a pugno chiuso, a rivendicare la propria voglia di continuare a combattere, a creare, a vivere di e con la danza, è un’estrema prova di bravura, è un canto del cigno che ha la potenza di andare oltre la contingenza e di ergersi a rivendicazione collettiva, a rivalsa contro il tempo e i tempi nei quali ci dibattiamo. Le sue qualità tecniche sono eccellenti, il controllo di ogni muscolo, ogni gesto, di quelle mani talmente espressive da scrivere quasi un discorso a se stante, dimostrano che Sol è ancora ben lontana dal fine carriera. Ma le capacità espressive, l’emozione che è in grado di suscitare nel pubblico e l’ottima regia dimostrano che Picó ha raggiunto una maturità piena come donna e come artista.
Parafrasando alcune battute del suo splendido finale, non resta che augurarle che questo suo lento atterraggio sia il più indolore possibile e che il suo tramonto illumini ancora a lungo perché c’è davvero bisogno del suo calore. Un post scriptum va a Teatro a Corte. Lo spettacolo di Sol Picó a conclusione del Festival sembra riconfermare alcune intuizioni alle quali si era giunti. Nel weekend della danza sono stati presentati spettacoli diversi, che spesso attingono a discipline che con la danza, forse hanno delle affinità ma nulla più – dalla ginnastica all’equilibrismo acrobatico. Lo spettacolo di Sol, al contrario, è danza contemporanea e non solo (con basi tecniche eccellenti), pantomima e recitazione. Il corpo della performer nudo (metaforicamente parlando) di fronte al suo pubblico, che si rispecchia in quel gesto espressivo, in quel passo pensato, in quel volto sofferente o acceso da una luce interiore.
Al contrario, al Festival, nel weekend dedicato alla danza, si sono visti molti video, da quelli di denuncia a quelli amatoriali fino al 3D. Le arti performative però hanno bisogno del corpo vivo e vibrante del performer/danzatore. Vedere il teatro in televisione può essere momento pedagogico importante, documento testimoniale di valore, ma non è la stessa cosa che essere a teatro e sentire, effettivamente, l’odore del palcoscenico, toccare quasi con mano la goccia di sudore, scusare l’errore e ridere con complicità e gratitudine quando il performer recupera con professionalità. La frase risulterà démodé ma il cinema va visto sul grande schermo, la danza e la prosa dal vivo in teatro. E Sol Picó, lo ha dimostrato perfettamente.

Visto al Teatro Astra di Torino Festival  Teatro,  sabato 1 agosto 2015 

Sol Picó 
One – Hit Wonders
prima nazionale

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